Fulvio Milone, La stampa 22/10/2009, 22 ottobre 2009
VENTISETTE ASSUNTI SU 42. ABBIAMO FATTO IL PIENO
Raccomandazioni, minacce, interrogazioni pilotate in consiglio regionale. C’è di tutto e di più nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari sull’affaire dell’Arpac, l’Agenzia regionale per l’ambiente, che l’Udeur aveva secondo l’accusa trasformato in un carrozzone clientelare come pochi, un ente pubblico «privatizzato» da tutti i partiti, anche se quello dei coniugi Mastella faceva la parte del leone. Un migliaio le raccomandazioni, 655 delle quali andate a buon fine. A fronte di un numero sterminato di domande di assunzione da parte «di persone non sponsorizzate e rimaste di fatto accantonate - scrive il giudice - i segnalati beneficiati... rappresentavano una percentuale del 90 per cento». Dalle oltre 900 pagine dell’ordinanza del gip emergono i meccanismi di una macchina clientelare formidabile, basata secondo i casi sulle blandizie e le minacce.
Tutti raccomandati
A capo dell’Arpac, spiega il giudice, «non c’era come per legge il direttore generale (Luciano Capobianco, ndr) ma piuttosto i vertici della struttura di partito (Udeur, ndr) cui quest’ultimo apparteneva e di cui lo stesso altri non era che il terminale». Il controllo sulle assunzioni è ferreo e totale, gli sponsor «quasi facevano a gara per piazzare i propri raccomandati in modo da acquisire sempre maggiori benemerenza». La lista degli sponsor è lunga, il più efficace è l’ex consigliere regionale Nocera con 100 segnalazioni, seguono Tommaso Barbato con 43, Antonio Fantini con 36, Giuditta 35 e i coniugi Mastella assieme con 42.
C’è una telefonata intercettata il 7 maggio 2007, in cui l’allora ministro Clemente Mastella e Capobianco, numero uno dell’Arpac, parlano di un certo Massaccese che ha una consulenza con l’ente. Mastella: «Scusa ma questo Massaccese chi è?». Capobianco: «Non è... non è nostro, è dei privati»: Mastella: «Non è nostro? E’ dei privati? vabbè...». Capobianco: «E’ uno dei Ds...». L’Arpac, spiega ancora il giudice, fa un un massiccio ricorso ai Co.Co.Co, contratti di collaborazione rinnovabili. I nomi sono tutti lì, in un file trovato durante una perquisizione nell’ufficio della segretaria del capo. E’ proprio su quelle assunzioni, e sulle consulenze con professionisti, che i politici fanno a gara per rivendicarne la paternità. A volte si arrabbiano, litigano fra loro perché qualcuno «invade» il territorio dell’altro. Si infuria Fernando Errico, ex consigliere regionale dell’Udr, perché è stata stipulata una convenzione con un docente universitario di Benevento: quella città è «roba» del politico, eppure la raccomandazione è stata fatta da altri due compagni di partito. E lui, Errico, si sente «sminuito» per l’invasione di campo. Telefona a Capobianco e si lamenta: «E vabbuò, Luciano, però pure ”ste cose... Non decidiamo niente su Benevento, almeno io».
La macchina-partito
A Benevento, come spiega in un’altra intercettazione telefonica l’ex assessore Udeur Luigi Nocera, l’Udeur ha fatto quasi il pieno delle assunzioni: «Ventisette su quarantadue». La macchina del partito procede veloce e inarrestabile come un treno, e poco importa se sul suo tragitto incontra qualche piccolo ostacolo. Come quello rappresentato da Capobianco, il capo dell’Arpac, che comincia a strafare con i contratti a termine e si comporta in modo a volte troppo trasparente. Si becca una solenne ramanzina da un altro ex assessore, Andrea Abbamonte: «Tu sei uno str.. perché: a) ti avevo detto di stare attento ai co.co.co.; b) perché hai fatto la delibera e chiesto il parere alla Funzione pubblica quando ti avevo avvertito che non ti dovevi permettere di chiedere quel parere... Sei un quaquaraquà... I miei co.co.co. sono battezzati e comunicati...». E parla, Abbamonte, anche di un convegno a cui ha da poco partecipato il capo del partito, Mastella: «Si è fatto portare in un agguato - dice all’interlocutore -. Perché questi del Pon (Programma operativo nazionale, ndr) sulla sicurezza spendono 10 milioni di euro per la formazione di supporto dei beni confiscati alla camorra, e che regalano al sottoscritto, quando va a un convegno, una Montblanc... Per farti capire come spendono i soldi... Poi hanno fatto quest’altra iniziativa per il recupero dei carcerati... Altri 10 milioni... e questa è la presentazione del recupero del carcerato... C’erano 3 buffet».
Per tornare alle raccomandazioni, rendono bene in termini di voti e clientele. Se l’Udeur, secondo l’accusa, fa ricorso a piene mani alla clientela, all’Arpac si attrezzano e compilano addirittura un archivio informatico con tanto di nomi e cognomi dei segnalati e i relativi sponsor. Lo ammette Tiziana Lamanna, segretaria di Capobianco, davanti al magistrato che la interroga. Si giustifica così: «Le richieste erano talmente tante che era opportuno e più pratico informatizzarle che andare ogni volta a consultare i curriculum» su carta.
Un medico onesto
L’Udeur, spiega il giudice, controlla tutto, anche la sanità in Campania. Come? Piazzando i suoi uomini in posti di responsabilità negli ospedali migliori. Come il Santobono, che però è diretto da un buon medico e ottimo amministratore, Nicola Mininni, il quale non accetta segnalazioni che non siano strettamente «professionali». Uno che non ci sta, insomma. Quindi, scrive il gip, deve essere «prima intimidito, poi se necessario intimorito, infine rimosso». L’Udeur vuole un suo primario, Rolando Bruno, ma Mininni resiste. Lo sponsor, l’ex consigliere regionale Nicola Ferraro, è furibondo. Organizza denunce alla procura della Repubblica contro il dirigente che non si piega, prepara anche interrogazioni per un question time contro di lui in consiglio regionale: «Mi sono preparato, martedì facciamo il question time... Questo è uno schiaffo a me personalmente, non gliela faccio buona neanche se viene Gesù Cristo...». E un altro maggiorente dell’Udeur, Antonio Fantini, rincara la dose: «Io vado da Mininni e gli dico: ”Là ci metti Rolando Bruno! Punto!”».