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 2009  ottobre 20 Martedì calendario

L’ULTIMA DI MR. BROWN: UNA TASSA PER IL NUCLEARE


Tassare le emissioni di anidride carbonica per finanziare il nucleare. Ma senza dirlo al consumatore britannico.
Questa la sintesi del «piano segreto» ideato dal governo Brown per assicurarsi gli investimenti delle multinazionali energetiche in Gran Bretagna, rivelato ieri dal quotidiano The Guardian .
Notizia concomitante con l’intervento del Premier britannico al forum delle principali economie mondiali, riunite a Londra per discutere di interventi contro il riscaldamento climatico in preparazione del vertice dell’Onu sui cambiamenti climatici in programma a Dicembre a Coopenaghen. Al forum, a cui hanno partecipato 17 paesi, Brown si è presentato come paladino del fronte anti-emissioni, lanciando appelli per arrivare a un nuovo accordo. «Non esiste un piano B», ha detto allarmato il premier laburista, rischiamo la catastrofe se continuamo con la tendenza attuale delle emissioni. Stesso tono usato dal ministro dell’Ambiente Ed Miliband: «Mancano 50 giorni ai colloqui finali di Copenhagen, dobbiamo muoverci. La Gran Bretagna è pronta a puntare tutto perché la posta in gioco è davvero alta».
A sentirli pare la pensino esattamente come gli ambientalisti impegnati nelle proteste centrale elettrica a carbone Ratcliffe-on-Soar nella contea di Nottingham, di proprietà del gruppo tedesco E.on, fra i massimi responsabili delle emissioni di anidride carbonica in Gran Bretagna. Che però mentre Brown ed Ed Miliband tuonavano contro i pericoli delle emissioni, venivano maganellati e arrestati.
Una contraddizione in più.
Tornando alle rivelazioni di The Guardian, per sovvenzionare la costruzione di nuovi impianti nucleari che andranno a modernizzare quelli pre-esistenti, l’Office of Nuclear Development (OND), l’ente per lo sviluppo nucleare che fa capo all’esecutivo, intenderebbe aumentare il prezzo del carbone il Gran Bretagna dagli attuali 13 euro a tonnellata a 30, se non a 40, in base allo schema previsto dall’Unione Europea. Manovra ultile a rendere gli investimenti nel nucleare più appetibili per le grandi multinazionali di settore come Eon ed Edf e convincerle a confermare i loro piani d’investimento in Gran Bretagna nonostante il calo nei prezzi dell’energia. Altra grande contraddizione, dati i precedenti annunci del governo sullo stop alle sovvenzioni pubbliche per l’industria dell’atomo.
Ma Brown, che vuole sbarazzarsi della dipendenza dagli idrocarburi che provengono da fornitori potenzialmente inaffidabili, come la Russia, non può scontentare i colossi del nucleare su cui ha puntato per rinnovare gli obsoleti impianti del Regno. Da qui l’ idea di «gonfiare artificialmente il prezzo dell’elettricità prodotta da centrali a gas o a carbone attraverso un’imposta sulla bolletta». Ciò significa un aumento sulla bolletta energetica pari a circa 44 sterline a famiglia, su una media di 500 sterline al mese di costi energetici, a partire dal 2015. Un bel regalo per E.on ed Edf, che decideranno se procedere alla costruzione di impianti per la produzione di energia nucleare di nuova generazione in Gran Breatgna tra meno di un anno, per avere centrali operative a partire dal 2017. Il governo britannico conta sulla costruzione di almeno otto impianti per ottenere forniture di energia sufficienti a bassa emissione di Co2. Costo preventivo venti miliardi di sterline, ma non è detto che non arrivino a costare molto di più.
Se da una parte, secondo le promesse del governo, la costruzione di nuova centrale potrebbe creare 9mila nuovi posti di lavoro, dall’altra i costi esorbitanti necessari a sostenere la costruzione e il funzionamento degli impianti «non hanno senso» secondo il direttore di Greenpeace nel Regno Unito John Sauven. Un esempio? Il reattore di ultima generazione costruito dall’Aveva sull’isola di Olkiluoto in in Finlandia doveva entrare in funzione invece di 3 miliardi di euro ne costerà 5 e mezzo e non funzionerà fino al 2012. Una notizia pocp confortante per i cittadini britannici, dato che l’Aveva avrebbe una commessa per costruire quattro impianti in Gran Bretagna. Anche in questo caso i costi verrebbero addebitati al consumatore finale sulla bolletta. A questo quadro vanno aggiunti i costi di gestione delle scorie, che secondo Greenpeace hanno prodotto un buco nei conti pubblici britannici di 90 miliardi di euro.
Una follia considerato che si tratta di danaro sottratto ad investimenti per le energie rinnovabili. Ancora più inquietante resta il business del riciclaggio delle scorie, panacea delle mafie globali. Anche in questo caso paga il consumatore, sempre suo malgrado. Lo raccontano le cronache sulle navi dei veleni di ogni tipo, affondate nel Mediterraneo o attraccate nei porti africani per scaricare veleni. Veleni che i governi permettono alle multinazionali di continuare a produrre, con tanto di sovvenzioni.