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 2009  ottobre 22 Giovedì calendario

ECCO IL DOCUMENTO CHE DA’ LA LINEA A TREMONTI


Un manifesto di sette pagine e dieci punti. Piccoli numeri ma di grande impatto in un partito che da tempo aveva rinunciato alla discussione interna sull’economia. L’era del Re Solo Tremonti con questa mossa - anticipata l’altro ieri da Libero - può considerarsi chiusa. Se ne aprirà un’altra e non sarà facile per il ministro dell’Economia conciliare la sua visione del mondo con quanto scritto nel documento del Pdl. Siamo alle prove tecniche di politica economica non-tremontiana. La cosa ha irritato il ministro, Giulio è andato su tutte le furie, ha strillato con gli amici e i nemici. Effetti concreti: una glaciale nota di sintonia di Silvio Berlusconi l’altro ieri; un surreale lancio d’agenzia dove ieri il partito negava l’esistenza del documento. Passiamo alle cose serie: Libero può tranquillamente affermare che il manifesto è farina del sacco del partito, ecco i contenuti.
Riduzione graduale

La ripresa. Il documento del Pdl s’apre con un preambolo sulla «crisi economica di dimensioni epocali», la ripresa all’orizzonte e la necessità di agganciarla quanto prima. Prima stoccata a Tremonti: «Le scelte di politica economica fin qui fatte non appaiono sufficienti a mettere l’economia nazionale su un nuovo sentiero di sviluppo». Però, niente male come incipit. Se questa è la premessa, che fare? Il primo dei dieci punti si concentra sull’Ire e chiede una «immediata e consistente riduzione dell’imposta di reddito delle persone fisiche; riduzione da inserire in un percorso, graduale ma annunciato fin da subito nei tempi e nei modi, che conduca alla realizzazione di quelle due sole aliquote a suo tempo promosse». Italiano a parte, il passo è semplice: Giulio, giù le tasse e subito. Il documento spiega il perchè di questa scelta: «Ne avrebbero beneficio diretto le famiglie e in particolare i lavoratori dipendenti» e poi «il rilancio della domanda interna», sostegno delle «aspettative», insomma un po’ di fiducia dopo tanta paura e ben poca speranza.

Problema: la riduzione dell’Ire produrrà deficit. Soluzione proposta nel manifesto non-tremontiano: «Si ha motivo di ritenere che i mercati e gli organismi internazionali sarebbero disposti ad accettare un aumento immediato del nostro disavanzo pubblico ove ad esso si accompagni una misura graduale ma certa di innalzamento dell’età pensionabile per uomini e donne, nel settore pubblico e privato. Una misura di tal fatta produrrebbe effetti finanziari limitati nel breve periodo, ma effetti più consistenti, e di grande impatto strutturale, in un periodo più lungo».
Il nodo delle pensioni

Ecco, qui c’è una svolta vera e non una soluzione-tampone: la riforma delle pensioni, leva che nessuno vuol manovrare perchè ad alto tasso di conflitto con i sindacati (nuovo baluardo del tremontismo). Il Pdl però per la prima volta dopo tanto silenzio affronta il tema, ne discute, sa che prima o poi il nodo verrà al pettine, che Bankitalia dirà la sua, l’Europa già lo dice da tempo e che il blocco sociale che ha votato centrodestra sta perdendo la pazienza. Non si promette il taglio delle tasse per poi lasciare la pressione fiscale ferma ai tempi di Visco (quello che Tremonti chiamava Dracula) e Padoa-Schioppa. Può mancare Keynes? Dov’è finito? Tranquilli, eccolo al terzo punto, laddove si auspica «un forte e immediato programma di investimenti pubblici, che aiuti a sostenere l’economia almeno fin quando riprenderanno gli investimenti privati».
Tagli anti-casta

L’energia nucleare compare al quarto posto - ma per vedere un kilowatt di energia prodotta con l’atomo passeranno vent’anni - mentre al quinto punto del programma c’è il plauso sulla ricostruzione rapida in Abruzzo e il rilancio del «più case per tutti» del Silvio capo-cantiere, con un «vasto programma di edilizia pubblica». Ma in generale - punto sei - c’è la necessità di «accelerare tutti gli investimenti infrastrutturali pubblici». Tutta roba che fa deficit, ma l’ottimismo qui non è merce rara e ci si affida ai tassi (bassi) e ai tempi (lunghi) per rimodulare il deficit. E i tagli alle spese? Ecco la parte anti-casta, immancabile in ogni documento politico che si rispetti: bisogna segare «i costi della politica» diretti e indiretti, anche quelli del « pletorico mondo delle società partecipate degli enti locali». Non piacerà alla Lega, ma ai suoi elettori sì, certamente al mondo delle imprese che nel Pdl in passato qualcosa contava.
La banca del Sud

Altro brutto colpo a Giulio, si parla di banche e leggiamo insieme: «La ripresa non potrà decollare senza un adeguato sostegno del sistema creditizio. Ma qui occorre una svolta decisiva rispetto alle politiche e agli annunci recenti. Se sono le imprese ad aver bisogno di aiuto, non ha senso proporre aiuti alle banche». Che poi non hanno neppure preso un Tremonti-bond, figurarsi. Ma ecco detonare la bomba atomica: «E’ del tutto controproducente minacciare le banche con l’istituzione di nuove banche pubbliche». Sarà per caso un cartellino rosso alla Banca del Mezzogiorno? Il gingillo tremontiano non piace a mezzo governo, per molti «sa di carrozzone», per altri «è un veicolo in mano al ministro». Dulcis in fundo, riforme «in grado di assicurare effetti economici».

Visto così, sembra un documento pieno di buonsenso, perfino banale, almeno quanto il «posto fisso migliore di quello precario» evocato da Tremonti. Cosa succederà adesso? Libero non ha la sfera di cristallo, a giudicare dai lamenti di via XX Settembre, nel Pdl è in corso una guerra titanica. Non sappiamo chi la vincerà, l’importante è che non la perdano i cittadini che hanno chiesto meno tasse e per questo hanno votato il Pdl.