Alessio Balbi, la Repubblica 22/10/2009, 22 ottobre 2009
DA MURINHO A OBAMA, OLTRE 2500 I CONDANNATI SUL WEB
«Ci sembra chiaro che questo gruppo non viola le nostre regole, visto che i suoi contenuti non istigano in nessun modo le persone a commettere veri atti di violenza». la risposta ufficiale che Facebook fornisce a Repubblica dopo aver saputo dell´inchiesta sollecitata dal ministro della Giustizia Alfano circa il gruppo «Uccidiamo Berlusconi»: nessuna seria minaccia al premier, le pagine resteranno al loro posto.
Perché, a prenderle sul serio, le minacce di morte su Facebook riguardano la quasi totalità dei personaggi pubblici, reali o immaginari, di questo paese. Da Mourinho a Bassolino, dal gattino Virgola a Costantino Vitagliano, non si salva nessuno. Una semplice ricerca usando la parola «uccidiamo» tra i gruppi del popolare social-network restituisce circa 2.500 risultati. Tra i primi venti «condannati», ci sono anche Giampiero Mughini, la cantante Arisa e l´ex difensore della Roma Simone Loria.
«Facebook non è diverso da qualunque altra relazione umana», spiega Alberto Abruzzese, direttore dell´istituto di comunicazione presso l´Università Iulm di Milano. «Proprio come in una grande assemblea, o in un´affollata manifestazione di piazza o, per avvicinarci alla tecnologia, in fitto giro di telefonate, può accadere che ci sia un gruppo di irresponsabili, che qualcuno dica una frase così. Ma un conto è il linguaggio, un conto è l´organizzazione.
Non è la prima volta che Facebook è sotto tiro per iniziative prese dai suoi iscritti. All´inizio dell´anno fece scalpore l´individuazione di gruppi che inneggiavano alla mafia, a Totò Riina e a Bernardo Provenzano. Allora, da parte del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, si arrivò persino ad ipotizzare che dietro i gruppi apparentemente creati da ragazzini sciocchi si nascondessero i boss di Cosa Nostra, alla ricerca di nuovi canali per trasmettere le loro parole d´ordine. In seguito a quella vicenda, in Senato venne approvato addirittura un emendamento al pacchetto sicurezza che prevedeva l´oscuramento di Facebook o YouTube qualora un utente di questi siti avesse immesso in rete contenuti illeciti. Dopo mesi di proteste da parte dei navigatori, l´emendamento D´Alia fu poi abrogato.
Ma i gruppi pro-mafia furono al centro di polemiche anche per il rifiuto degli amministratori di Facebook di intervenire per sopprimerli. Al contrario, il mese scorso, un gruppo che inneggiava all´uccisione dei soldati italiani in Afghanistan è stato rimosso nel giro di poche ore. Un nuovo caso ha riguardato, pochi giorni fa, una pagina che ospitava un sondaggio sull´opportunità di uccidere il presidente americano Barack Obama. «Facebook rimuove i gruppi contenenti minacce credibili, quando ci vengono segnalati», spiegano a Repubblica i rappresentanti della compagnia. «Comunque, in generale non tocchiamo le pagine che non intendano istigare alla violenza in maniera plausibile». Parole che rivelano la difficoltà, per gli amministratori dei grandi siti internet, di muoversi sul confine tra la libertà di espressione e l´illecito.
«Ma il modo più corretto per affrontare questi fenomeni è usare il ragionamento, la conversazione, dimostrarsi intelligenti e aperti», suggerisce il professor Abruzzese. «Reprimere e oscurare è sempre svantaggioso. Per questo mi auguro che Alfano abbia intrapreso la sua iniziativa avendo tra le mani elementi concreti. Se invece si cerca soltanto di usare questa situazione come forma emblematica di reazione, è molto pericoloso. Internet non è un covo di pericolosi terroristi».