Leonard Coen, la Repubblica 22/10/2009, 22 ottobre 2009
VOLTAIRE: PUTIN, LA ZARINA E IL FILOSOFO. IL GIALLO DELLE LETTERE RUBATE
Chi ha rubato le ventisei lettere di Voltaire all´imperatrice Caterina II? Sono sparite, denuncia da New York l´antiquario russo che tre anni fa le aveva comprate all´asta per ordine di un «certo importantissimo cliente», il cui business sarebbe stato legato alla finanza e al mondo immobiliare moscovita. Questo sconosciuto oligarca avrebbe a sua volta donato le preziose epistole, che allora provenivano dalla collezione Rothschild, a Putin, in quel periodo ancora presidente della Federazione Russa. Si suppone, dunque, che le lettere di Voltaire siano state consegnate da Alexandr Khocinskij, titolare della galleria d´arte Boghema al 9 della prestigiosa via Arbat di Mosca, nelle mani del misterioso cliente per cui le aveva strappate all´asta della Sotheby´s di Parigi per soli 583.200 euro (il prezzo di partenza era di 300mila).
E invece, oggi, sembra che non sia andata in questo modo. Ed è una stravaganza: come mai il facoltoso cliente senza nome ha pagato e poi non ha preteso di avere subito il materiale che lo stesso Khocinskij voleva assicurare per almeno 5 milioni di dollari? A leggere quel che racconta, la versione dell´antiquario sembra inverosimile. Dice Khocinskij: «Ho concesso al primo canale tv russo la possibilità di uno scoop. Ossia documentare con un reportage la consegna delle ventisei lettere che sono datate tra il 1768 e il 1777 a Putin, il quale, a sua volta, le avrebbe subito affidate ad una delle biblioteche nazionali russe». Quando? Non ci è dato saperlo. Il potente direttore del Primo canale, Konstantin Ernst, nega: «Nessuno ci ha mai inviato quelle lettere». Peggio, Ernst ai giudici che lo hanno interrogato, avrebbe anche sollevato un dubbio inquietante: tutto ciò assomiglia ad un ricatto. Però, pure questo è sconcertante. Un ricatto di chi e contro chi? Perché Khocinskij non rivela ai mass media il nome del cliente? E´ mai esistito? All´inizio di giugno del 2006, quando ci fu l´asta, si disse che dietro c´era lo stesso Putin. Qualcuno azzardò il motivo del suo presunto interesse all´epistolario volterriano. Un motivo che oscillava tra storia e politica.
Cominciamo dalla storia. Come si sa, Voltaire non mise mai piede in Russia. Ma intrattenne con la dispotica imperatrice Caterina II una fitta corrispondenza: la zarina si era infatti eretta a protettrice degli illuministi mentre contemporaneamente aveva rafforzato, rendendo ancor più severo, l´istituto della servitù della gleba. Voltaire vedeva con favore il suo «autoritarismo illuminato». E glielo scrisse. Ecco il legame che porta alla politica: Putin si sente in fondo anche lui un despota «illuminato» come la Grande Caterina di origine prussiana - è noto il debole dell´attuale premier russo per l´ordine e la cultura tedesca. Caterina II era nata Sofia Augusta d´Anhalt-Zerbst. Era una ragazza precoce: a dieci anni leggeva Tacito, Machiavelli e Montesquieu. Poi, come in una fiaba dei fratelli Grimm, proprio una lettera le cambiò il destino: fu invitata a Pietroburgo.
L´imperatrice Elisabetta cercava una sposa per il nipote, il futuro zar Pietro III. Tra le candidate, quella piccola principessa tedesca pareva modesta, e le sue pretese sembravano limitate. Invece, salì al trono e dopo qualche tempo si liberò del marito: c´è chi dice che lo avesse fatto avvelenare. Pure il mondo degli antiquari moscoviti è avvelenato dai sospetti e dagli intrighi, alimentati dal famelico collezionismo dei miliardari russi. Guarda caso, la stessa insaziabile passione di Caterina II: l´Ermitage deve la sua reputazione alle opere che lei acquisì.