Roberto Perrone, Corriere della Sera 21/10/09, 21 ottobre 2009
Dai piccioni ai conigli: i tabù (rovesciati) d’Oriente - Il delfino è un mammifero intelligente e spiritoso, fa le capriole e la sua pesca in Italia è vietata
Dai piccioni ai conigli: i tabù (rovesciati) d’Oriente - Il delfino è un mammifero intelligente e spiritoso, fa le capriole e la sua pesca in Italia è vietata. Proviamo orrore nel sapere che viene sterminato in modo barbaro. Perfino i giapponesi hanno avuto un attimo di crisi esistenziale, quando hanno visto il documentario sulla mattanza dell’isola di Taiji, ma per chi, come me, è cresciuto in Liguria, il mosciamme di delfino, già segnalato sulle galee genovesi del XII secolo, evoca un doloroso senso di perdita. Delizioso filetto essiccato, tagliato come un salume, poggiato su una fetta di pomodoro con un filo d’olio o usato per la celebre capponadda. Che nostalgia. Siete schifati? Il problema è che il gusto è molto personale, prima di essere (inter)nazionale. In pochi, probabilmente si avventurerebbero su uno stufato di marmotta, però è ottimo, con carne più dolce del coniglio. A proposito, se facessero un documentario su come il contadino lo uccide, probabilmente la poesia del coniglio con olive taggiasche e pinoli perderebbe tutto il suo fascino. E il filetto di renna? Slurp, ma il Santo Natale, dopo averlo provato, non è più lo stesso. Questo per dire che le differenze e le diffidenze nei confronti di un cibo si verificano nello stesso ambiente culturale. Figuriamoci tra mondi diversi. Oriente, Africa per noi sono l’esotico. E la nostra cucina lo è per loro. Il singulto che ci assale al pensiero del cuore di cobra che piace ai vietnamiti o del ricercatissimo caviale di formiche che servono a Bangkok, è quello degli indiani che videro la mucca sulle scatolette della Simmenthal e scatenarono un incidente diplomatico. Lì si trattava di una faccenda di religione. Invece per i cinesi, che non sopportano il formaggio, sarebbe un problema di papille gustative. Per il resto, come dice un proverbio del Sud della Cina: «Mangiamo ogni cosa che ha quattro zampe». A Seul, durante l’Olimpiade del 1988, andammo inutilmente alla ricerca di un ristorante che offrisse la prelibatezza nazionale, il cane. Niente da fare. Il governo aveva minacciato la galera per chi avesse servito il vecchio Fido a un occidentale. I giapponesi che amano squali e delfini, non sopportano la cacciagione. A loro il piccione, che tutti i tre stelle francesi in qualche modo propongono, fa senso. E poi molta importanza ha l’odore. Per gli orientali è fondamentale, infatti trattano molto gli alimenti. Un sapore forte si può accettare, un odore forte no. I giapponesi preferiscono i cibi sottovuoto a quelli, che noi adoriamo, «di campagna». Alla fine, però, se si superano nomi, immagini, odori, e si fa un salto in un’altra dimensione culinaria, si possono avere piacevoli sorprese. L’hot dog di coccodrillo con lo stecchino, da assaporare passeggiando lungo il Mississippi a New Orleans è una bella avventura. Il pene di tartaruga gelatinoso, servito a quadratoni a Pechino, è interessante, ma non straordinario, giusto uno sfizio. Meglio lo stufato di canguro: carne gustosa, più di quello che si potrebbe immaginare. Da provare, specie come lo fanno nel Western Australia. Ma evitando accuratamente, prima, di guardare i cartoni animati con i bambini.