Roberto Bagnoli, Corriere della Sera 21/10/09, 21 ottobre 2009
«Il posto fisso? Piena sintonia con Tremonti» - Anche per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi «il posto fisso è un valore e non un disvalore, così come lo sono le cosiddette partite Iva»
«Il posto fisso? Piena sintonia con Tremonti» - Anche per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi «il posto fisso è un valore e non un disvalore, così come lo sono le cosiddette partite Iva». A difendere l’uscita del ministro dell’Economia scende in campo direttamente il premier per confermare la sua «completa sintonia con Tremonti» e per criticare la «polemica fatta dalla sinistra che conferma la malafede di molti suoi esponenti». «Il governo – aggiunge Berlusconi – è a fianco sia dei milioni di italiani che lavorano come dipendenti sia di quelli che intraprendono e producono ricchezza». Il premier, nella sua dichiarazione, difende anche la famiglia come «prezioso elemento di stabilità sociale ed economica». Se la sinistra ha commentato con sarcasmo l’apologia del posto fisso teorizzata dal ministro Tremonti, per il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia «la cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possibile, che peraltro in questo Paese ha creato problemi». «Ovviamente nessuno è a favore della precarietà e dell’insicurezza – ha detto ancora Marcegaglia – però noi siamo per la stabilità delle imprese e dei posti di lavoro che non si fa per legge». Marcegaglia spiega quindi di essere «favorevole a una flessibilità regolata e tutelata come quella fatta con Treu e Biagi che ha creato tre milioni di posti di lavoro». Così come dice di condividere il Libro bianco del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi nel quale si punta sulla formazione. Da Lussemburgo, dove si trova per una riunione Ecofin, Tremonti si mostra stupito del clamore suscitato dalla sua considerazione: «Ho detto una cosa assolutamente scontata, come dire preferisco stare al caldo che al freddo». Poi ricorda di averlo sostenuto già tante volte. «Io sono per il lavoro fisso – spiega ancora Tremonti precisando meglio il suo pensiero – perché la stabilità del lavoro favorisce la stabilità dei rapporti umani e della famiglia, però è chiaro che non si può abrogare il lavoro precario, una necessità imposta dalla globalizzazione ». Per il ministro lo «Stato deve correggere e rendere meno gravose le forme della precarietà » e – come del resto la Marcegaglia – dice di aver «apprezzato a suo tempo il pacchetto Treu che ha introdotto stabilità nel lavoro precario». Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, conferma invece la sua contrarietà all’impostazione data da Tremonti. «Tornare indietro è più facile ma non risolve i problemi – afferma ”. Il ministro dell’Economia vorrebbe una società di salariati ma questa non risponde alle esigenze di flessibilità del sistema». Sacconi da Porta a Porta cerca di abbassare i toni della polemica sostenendo che si tratta di «una tempesta in un bicchier d’acqua», una battuta che Tremonti avrebbe rivolto nei confronti degli «anglosassoni de noantri secondo i quali con quel modello ti evolvi». Il fatto che sia un «non problema» lo dimostrano le cifre: in Italia l’87% dei rapporti di lavoro è a tempo indeterminato e solo il 13% sono i contratti a termine. Dal mondo sindacale, ovviamente, le reazioni più «operative ». Per il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini «Tremonti va preso sul serio, va dunque migliorata la tutela sociale del lavoro realizzando lo Statuto dei lavori». Santini ricorda che la strada maestra è quella di «estendere a tutti gli ammortizzatori sociali, affiancando la cassa integrazione e irrobustendo l’indennità di disoccupazione». Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ne approfitta per chiedere al governo di aprire un «tavolo per il superamento della precarietà», per trovare poco dopo una risposta negativa da Sacconi: «Non scherziamo». «Non è tollerabile – dice invece Massimo D’Alema – la distanza tra ciò che si fa e la demagogia delle belle parole». Anche l’ex leader della Margherita Francesco Rutelli entra nella bagarre. Per lui le parole di Tremonti sono delle «baggianate » e la flessibilità «non è una ideologia ma una condizione di ingresso nel mercato del lavoro».