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 2009  ottobre 21 Mercoledì calendario

«Il posto fisso? Piena sintonia con Tremonti» - Anche per il presi­dente del Consiglio Silvio Berlu­sconi «il posto fisso è un valore e non un disvalore, così come lo sono le cosiddette partite Iva»

«Il posto fisso? Piena sintonia con Tremonti» - Anche per il presi­dente del Consiglio Silvio Berlu­sconi «il posto fisso è un valore e non un disvalore, così come lo sono le cosiddette partite Iva». A difendere l’uscita del ministro dell’Economia scende in campo direttamente il premier per con­fermare la sua «completa sinto­nia con Tremonti» e per criticare la «polemica fatta dalla sinistra che conferma la malafede di mol­ti suoi esponenti». «Il governo – aggiunge Berlusconi – è a fianco sia dei milioni di italiani che lavorano come dipendenti sia di quelli che intraprendono e producono ricchezza». Il pre­mier, nella sua dichiarazione, di­fende anche la famiglia come «prezioso elemento di stabilità sociale ed economica». Se la sinistra ha commentato con sarcasmo l’apologia del po­sto fisso teorizzata dal ministro Tremonti, per il presidente della Confindustria Emma Marcega­glia «la cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possi­bile, che peraltro in questo Pae­se ha creato problemi». «Ovvia­mente nessuno è a favore della precarietà e dell’insicurezza – ha detto ancora Marcegaglia – però noi siamo per la stabilità delle imprese e dei posti di lavo­ro che non si fa per legge». Mar­cegaglia spiega quindi di essere «favorevole a una flessibilità re­golata e tutelata come quella fat­ta con Treu e Biagi che ha creato tre milioni di posti di lavoro». Così come dice di condividere il Libro bianco del ministro del La­voro Maurizio Sacconi nel quale si punta sulla formazione. Da Lussemburgo, dove si tro­va per una riunione Ecofin, Tre­monti si mostra stupito del cla­more suscitato dalla sua conside­razione: «Ho detto una cosa asso­lutamente scontata, come dire preferisco stare al caldo che al freddo». Poi ricorda di averlo so­stenuto già tante volte. «Io sono per il lavoro fisso – spiega anco­ra Tremonti precisando meglio il suo pensiero – perché la stabi­lità del lavoro favorisce la stabili­tà dei rapporti umani e della fa­miglia, però è chiaro che non si può abrogare il lavoro precario, una necessità imposta dalla glo­balizzazione ». Per il ministro lo «Stato deve correggere e rendere meno gravose le forme della pre­carietà » e – come del resto la Marcegaglia – dice di aver «ap­prezzato a suo tempo il pacchet­to Treu che ha introdotto stabili­tà nel lavoro precario». Il ministro della Pubblica am­ministrazione, Renato Brunetta, conferma invece la sua contrarie­tà all’impostazione data da Tre­monti. «Tornare indietro è più facile ma non risolve i problemi – afferma ”. Il ministro del­l’Economia vorrebbe una società di salariati ma questa non ri­sponde alle esigenze di flessibili­tà del sistema». Sacconi da Por­ta a Porta cerca di abbassare i to­ni della polemica sostenendo che si tratta di «una tempesta in un bicchier d’acqua», una battu­ta che Tremonti avrebbe rivolto nei confronti degli «anglosasso­ni de noantri secondo i quali con quel modello ti evolvi». Il fatto che sia un «non problema» lo di­mostrano le cifre: in Italia l’87% dei rapporti di lavoro è a tempo indeterminato e solo il 13% sono i contratti a termine. Dal mondo sindacale, ovvia­mente, le reazioni più «operati­ve ». Per il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini «Tre­monti va preso sul serio, va dun­que migliorata la tutela sociale del lavoro realizzando lo Statuto dei lavori». Santini ricorda che la strada maestra è quella di «estendere a tutti gli ammortiz­zatori sociali, affiancando la cas­sa integrazione e irrobustendo l’indennità di disoccupazione». Il segretario della Cgil Gugliel­mo Epifani ne approfitta per chiedere al governo di aprire un «tavolo per il superamento della precarietà», per trovare poco do­po una risposta negativa da Sac­coni: «Non scherziamo». «Non è tollerabile – dice invece Massi­mo D’Alema – la distanza tra ciò che si fa e la demagogia delle belle parole». Anche l’ex leader della Mar­gherita Francesco Rutelli entra nella bagarre. Per lui le parole di Tremonti sono delle «baggiana­te » e la flessibilità «non è una ideologia ma una condizione di ingresso nel mercato del lavo­ro».