Sergio Rizzo, Corriere della Sera 21/10/09, 21 ottobre 2009
Carniti: la riduzione dell’orario e il sogno di un lavoro «normale» - «La mia è la cultura della conversione
Carniti: la riduzione dell’orario e il sogno di un lavoro «normale» - «La mia è la cultura della conversione. Di conseguenza non posso che salutare positivamente anche la conversione di Giulio Tremonti sulla via di Damasco», scherza Pierre Carniti, ex segretario generale della Cisl. Non ha forse ragione il ministro dell’Economia a difendere il posto fisso? «Certo che ha ragione. Purtroppo per molti il posto fisso è a casa. Come ripete il governatore della Banca d’Italia, dei 3 milioni 600 mila lavoratori atipici un milione 600 mila non hanno alcuna protezione sociale. Al di là dei discorsi, la crisi è ben lungi dall’essere risolta. I cerotti dei governi per evitare il fallimento delle banche hanno messo un po’ di polvere sotto il tappeto... ». Che cosa ci dobbiamo aspettare? «L’Italia ha perso 6 punti di Pil fra il 2008 e il 2009, e per recuperarli, ai nostri tassi di crescita asfittici, serviranno anni». Quanti, secondo lei? «Cinque, sei , sette. Non so. La battuta di Tremonti è apprezzabile. Ma le chiacchiere a cui la politica ci ha abituato non sono risolutive. L’Italia ha il più basso tasso di occupazione dell’Europa a quindici.». Ma nemmeno la flessibilità del lavoro ha ribaltato questa situazione, non crede? «Flessibilità è un termine che è stato usato a sproposito, ideologia di un certo tipo di capitalismo. Il fatto è che c’è un certo numero di individui che per ragioni personali sono disposti a lavorare soltanto a determinate condizioni. Ce ne sono invece altri, molti ma molti di più, che vorrebbero un lavoro normale ma non lo trovano. I primi sono flessibili. I secondi, precari ». Resta il fatto che la flessibilità del lavoro è largamente teorizzata. Anche a sinistra. «Si può ragionare di flessibilità in un sistema che combina la flessibilità con la sicurezza. Qui non è così. L’Italia è uno dei tre Paesi europei, insieme a Grecia e Portogallo, che non ha una protezione universalistica. E’ un sistema categoriale, lavoriale, aziendalistico, come definirlo?. Ai dipendenti dell’Alitalia abbiamo dato sette anni di Cassa integrazione all’80%. Gli altri hanno 52 settimane, poi si arrangiano ». Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi afferma che la copertura della cassa integrazione è assicurata anche oltre quel limite. «La verità è che il tema del lavoro è fuori dall’agenda politica del Paese». Se siamo a questo punto, forse era fuori dall’agenda anche prima che Berlusconi tornasse a Palazzo Chigi. «Ma ora la situazione è ancora peggiorata, perché non sappiamo con quanti morti e feriti usciremo dalla crisi. Vogliamo fare almeno gli ospedali da campo?» La vede davvero così nera? «Una visione oggettiva. Non è stato proposto alcun rimedio che possa contribuire a creare speranze per il futuro. Soprattutto per i giovani. A parte questa sortita del ministro Tremonti sul posto fisso, che non sposta di un millimetro i termini del problema...». Nemmeno di un millimetro, suvvia... «Nemmeno di un millimetro. Si fa la retorica del lavoro stabile e lo sa quanti differenti tipi di rapporti di lavoro ci sono in Italia?» No. «Trentadue, sono. Una follia, che non serve a nessuno. Dov’era Tremonti quando questa giungla proliferava? La realtà dei fatti è che non torneremo ai livelli occupazionali del 2007 fra qualche anno. E nel frattempo i banchieri hanno ripreso alla grande l’attività finanziaria, se possibile con minore trasparenza di prima. Mentre sui loro bonus scandalosi si è fatto finta di nulla. Come si fa in questa situazione a promettere un lavoro stabile a tutti?» Già, come si fa? «Secondo me non c’è altra strada che ridurre l’orario di lavoro e ripartire il lavoro. Altro che detassare gli straordinari. ’Dice che non funziona? ’ La politica italiana è sempre molto creativa».