Adriana Bazzi, Corriere della Sera 21/10/09, 21 ottobre 2009
La generazione degli eterni cinquantenni - Centenari con un corpo da cinquantenni. Un’idea realistica, secondo i ricercatori, talmente realistica che l’Università di Leeds, in Gran Bretagna, è disposta a investire per realizzarla: 50 milioni di sterline nei prossimi cinque anni, con l’obiettivo di trovare soluzioni innovative anti- invecchiamento
La generazione degli eterni cinquantenni - Centenari con un corpo da cinquantenni. Un’idea realistica, secondo i ricercatori, talmente realistica che l’Università di Leeds, in Gran Bretagna, è disposta a investire per realizzarla: 50 milioni di sterline nei prossimi cinque anni, con l’obiettivo di trovare soluzioni innovative anti- invecchiamento. Una ricerca, pubblicata nei giorni scorsi dalla rivista scientifica Lancet, sostiene che i bambini, nati oggi nei Paesi ricchi, possono sperare di vivere fino cento anni, ma un conto è arrivarci con tutti gli acciacchi di un corpo che invecchia, un conto è tagliare il traguardo in buone condizioni di salute. In forma, come può esserlo una persona né troppo giovane (Dorian Gray che conserva il suo aspetto giovanile, mentre guarda il suo ritratto invecchiare, è trama da romanzi di fine Ottocento) nè troppo avanti con gli anni: un cinquantenne appunto. Un’età di mezzo. Come fermare allora l’orologio dell’invecchiamento? Fermo restando che una vita sana, una dieta equilibrata e un costante esercizio fisico sono, già oggi, una buona ricetta di longevità, adesso la ricerca si sta concentrando sulle «parti di ricambio», meccaniche, come le protesi, o biologiche, come organi e tessuti coltivati in laboratorio. Da utilizzare per sostituire quelle usurate dal tempo e migliorare la qualità della vita di chi le riceve. Gli esempi ci sono già. Prendiamo le protesi d’anca o di ginocchio. Quelle che gli ortopedici utilizzano oggi, per riparare i danni dell’artrosi, durano una ventina d’anni, ma l’impiego di leghe particolari (come la lega cromo-cobalto) per la costruzione dell’acetabolo, la cavità che accoglie la testa del femore, e di materiali, come la porcellana, per quest’ultima, possono rendere l’impianto «immortale», «o almeno adeguato » - aggiunge John Fisher, ingegnere meccanico all’Università di Leeds - a compiere quei cento milioni di passi che un cinquantenne deve fare prima di arrivare al suo centesimo compleanno. L’altro versante della ricerca riguarda l’ingegneria degli organi e dei tessuti: le cellule staminali sono la grande promessa di questi anni e, in laboratorio, si riesce già a coltivare lembi di pelle per curare le ustioni. E si sta sperimentando l’impiego delle staminali per riparare organi e tessuti danneggiati da malattie come l’infarto o il Parkinson. Ma Eileen Ingham, immunologa di Leeds, ha un’altra idea: sta studiando il modo per stimolare un organismo ad autoripararsi, senza ricorrere all’uso di tessuti estranei ed evitando quindi il rigetto. Uno dei suoi campi di ricerca sono le valvole cardiache. possibile, per esempio, prendere una valvola di donatore (uomo o animale, preferibilmente il maiale) ed eliminare, con enzimi e detergenti, le cellule in modo da ottenere solo il suo «scheletro». Questa struttura di collagene, una volta impiantata in un organismo umano, viene «ripopolata» dalle cellule dell’individuo stesso e si trasformerà in una vera valvola. Per ora gli esperimenti sugli animali e su una quarantina di pazienti in Brasile hanno dato buoni risultati. La tecnologia è già stata brevettata «ma - commenta Christina Doyle della Xeno Medical, una compagnia di dispositivi medici - prima di sostituire tutti i tessuti di un organismo con questa tecnologia ci vorranno dai 30 ai 50 anni».