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 2009  ottobre 21 Mercoledì calendario

I guai del re verde che colleziona Ferrari - «Sui giornali? Non ci sono mai andato. E spe­ro di non finirci mai» racconta­va Giuseppe Grossi prima del­lo scandalo che ieri l’ha porta­to in prigione

I guai del re verde che colleziona Ferrari - «Sui giornali? Non ci sono mai andato. E spe­ro di non finirci mai» racconta­va Giuseppe Grossi prima del­lo scandalo che ieri l’ha porta­to in prigione. L’uomo che nel­l’era di Facebook è riuscito a diventare il re delle bonifiche lombarde con un network im­pressionante di conoscenze tra politica e finanza senza ap­parire mai in fotografie pubbli­che, si è concesso in questi an­ni d’oro solo pochissime ecce­zioni al suo profilo basso: una di queste sono gli appariscenti capannoni appena fuori Inza­go, località dell’est milanese dove vive con la moglie Zanco­nato in una villa con tanto di eliporto ed elicottero persona­le. Nel primo capannone c’è la sua collezione di motoscafi Ri­va. Nel secondo le auto e moto d’epoca italiane fino al 1970, tra cui venti Ferrari, svariate Lamborghini, Fiat Balilla e Mo­to Guzzi. Si racconta che in passato la stessa Guzzi abbia chiesto a lui i pezzi migliori in prestito per fare i vernissage. Un aneddoto è sufficiente per capire quanto sia stermina­ta la sua raccolta: un dipenden­te di Grossi che vive nei pressi del capannone ha come unico compito di accenderle tutte ogni giorno. E un meccanico locale lavora solo con le sue au­to. La seconda eccezione è sta­ta la sua festa per i 60 anni al Four Seasons nel 2007 (è nato a Milano il 9 febbraio del ”47). Proprio in quell’occasione una parte del mondo che frequen­tava venne fuori per la prima volta: il presidente della Regio­ne Lombardia, Roberto Formi­goni, Paolo Berlusconi, l’ex ra­gioniere dello Stato, Andrea Monorchio, presidente onora­rio della sua Sadi. Ma il suo cir­colo di affari, da quanto sta emergendo, era molto più va­sto passando per Luigi Zunino (storiche nell’ambiente le loro dispute su chi avesse l’elicotte­ro migliore), il deputato pdl Giancarlo Abelli, Cl, le Coop rosse lombarde. Per il resto il ragionier Grossi, ciellino doc appunto, due figlie gemelle e un maschio, non salta quasi mai la messa domenicale ad In­zago e la caccia nelle sue tenu­te. Tranne che negli ultimi tempi. Ma da dove passa la sua for­tuna? Il percorso di Grossi, ap­parentemente discontinuo e trasversale, sembra invece ap­parire lucido se si svela il pun­to di partenza. Tra le società controllate attraverso la sua Green Holding c’è la Ind.Eco, pezzo dell’impero dei fratelli Pisante, gli ex re delle bonifi­che ambientali travolti da Ma­ni Pulite. Era stata una delle prime mosse dell’imprendito­re che al tempo lavorava con l’Ilva di Taranto. Il veicolo Ind.Eco (svuotato) era stato ri­levato attraverso la sua Servizi Finanziari, la società che nel 2006 si fonderà con la vicenti­na Sadi, che i fratelli Magnoni avevano acquistata dalla The Paolo Scaroni Trust, controlla­ta dalla moglie del manager Eni, e poi rivenduta proprio a Grossi. La Sopaf dei Magnoni ne possiede in verità ancora una piccola quota, il 2,7%, che i due fratelli speravano di ven­dere per chiudere definitiva­mente la liaison. Oggi i Magno­ni fanno sapere di non vedere Grossi da un paio di anni. Stes­sa cosa che in verità spiegano anche al Credito Bergamasco, nel cui consiglio di ammini­strazione il bonificatore era en­trato nel 2007 (ieri è stato so­speso). A Bergamo d’altra parte Grossi è presente con la Rea Dalmine, la società che con­trolla l’inceneritore di Berga­mo. E durante l’asta gestita da Mario Resca per l’ex impero di Cragnotti non si era lasciato sfuggire il limitrofo Palazzo Vi­sconti a Brignano d’Adda (il ca­stello dell’Innominato) Insomma, con il senno di poi sembra che ci sia stato qua­si un passaggio di testimone virtuale tra i Pisante e Grossi. Che solo negli ultimi tempi sta­va per essere ammesso nei consigli che contano. L’ulti­mo, prestigiosissimo a Mila­no, quello della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, il feudo di Don Verzé, conquistato con un’operazio­ne da 35 milioni di euro in cor­so. La società controllata pari­teticamente da Rea Dalmine e Monte Tabor, la Blu Energy Mi­lano, sta costruendo per quel­la cifra l’impianto di cogestio­ne per il San Raffaele. Se si esclude il CreBerg era il primo passo di Grossi al di fuori del­le proprie società.