Roberto Mania, Affari&Finanza 19/10/2009, 19 ottobre 2009
Dai telefoni alla banca Sarmi vuole le "Poste pigliatutto"- L’amministratore delegato delle Pt, navigatore silenzioso tra i marosi della politica, ha alle spalle una lunga carriera manageriale Il papà di Massimo Sarmi era un pilota dell’aeronautica militare
Dai telefoni alla banca Sarmi vuole le "Poste pigliatutto"- L’amministratore delegato delle Pt, navigatore silenzioso tra i marosi della politica, ha alle spalle una lunga carriera manageriale Il papà di Massimo Sarmi era un pilota dell’aeronautica militare. Volava. Il figlio, se non avesse scelto di fare l’ingegnere elettronico, ne avrebbe seguito senz’altro le orme. Invece ha imparato a navigare. Una navigazione particolare, però, di quelle che forgiano perché, se non si è capaci di superare le onde che arrivano all’improvviso, si affoga. Non ci sono scialuppe di salvataggio. Da anni Massimo Sarmi, classe 1948, veronese di nascita ma romano di adozione, amministratore delegato e direttore generale delle Poste italiane, naviga nel mare tempestoso e insidioso delle aziende controllate dalla politica, gangli vitali per i partiti di un tempo per ottenere il consenso e distribuire prebende; luoghi di potere ancora oggi dove ci si esercita nella lottizzazione tradizionale, secondo le regole ereditate dalla prima Repubblica, ma anche in forme di sfacciato neopopulismo nonché in guerre e guerriglie contro i "salotti", finanziari e industriali, considerati nemici. Ecco, appunto, non solo Rai, Eni, Enel, Finmeccanica ma anche le Poste, quelle del Nuovo secolo. Da Antonio Gava e Remo Gaspari, passando per Maurizio Gasparri, fino a Giulio Tremonti. Dalla Democrazia cristiana e il collateralismo cislino, al Popolo (non più partito) delle libertà, dal sud al nord e viceversa. Dalle assunzioni clientelari dei portalettere e non solo, alla Banca del Mezzogiorno, braccio operativo, in alleanza con gli istituti di credito (le Bcc) delle cooperative bianche, della lotta del ministro dell’Economia contro i grandi banchieri del nord, cresciuti nelle merchant bank. Contro il mitteleuropeo Alessandro Profumo (Unicredit) o contro quel Corrado Passera (Intesa), che proprio dell’ "aziendalizzazione" delle Poste è stato il vero artefice, rei entrambi di non aver voluto, ostinatamente, sottoscrivere i Tremonti bond e di aver intrapreso la via del mercato per rafforzare il capitale dei rispettivi istituti. Ostili davvero al dirigismo assai poco trasparente del ministro antimercatista approdato ormai al solidarismo di matrice cattolica, il cui modello, non a caso, è oggetto di interessata attenzione da parte della Lega Nord di Umberto Bossi. Ma così si definisce anche la filiera: Tremonti, il Carroccio, le Confcooperative di Luigi Marino, e la Cisl di Raffaele Bonanni. In mezzo c’è Massimo Sarmi, non solo perché legato da un ventennale rapporto di amicizia con l’attuale presidente della Camera, Gianfranco Fini, ma pure perché appassionato "progettatore" di nuove frontiere per i servizi utilizzando la piattaforma di Poste italiane. «Qui il primo innovatore sono io», ama ripetere al suo staff, mentre quotidianamente controlla dal suo cellulare il numero delle nuove carte sim attivate, le social card funzionanti e così via. E gongola, in silenzio, di fronte alla prospettiva di diventare, più o meno, anche banchiere. Quasi un banchiere pubblico, dopo il default della globalizzazione finanziaria. Sarmi ha lavorato per un decennio all’Aeronautica militare, poi alla vecchia Sip. Quindi alla Telecom, e alla Tim, partecipando alla nascita della telefonia mobile. Seguono i dissidi strategici con Vito Gamberale, Rocco Sabelli, Giuseppe Sammartino. Il flop del progetto Dect, il telefonino urbano, tecnologia poi rivalutata nell’approdo successivo all’umts. Una parentesi tra i tedeschi della Siemens Italia, dopo la grande Opa di Roberto Colaninno e la fine di una stagione della telefonia italiana, che segnò anche l’uscita di Sarmi dalla Telecom. Infine le Poste dal 2002, tre mandati consecutivi. Un record. Prima il governo Berlusconi, poi quello di Prodi, a seguire di nuovo Berlusconi. Sarmi sempre in discussione nelle lotte fratricide tra le fazioni del centro destra, ma alla fine sempre confermato. Lo scelse per primo Berlusconi, e qui pesò anche il legame con Fini. Perché la battaglia ci fu, eccome. Quel posto spettava ad An. Si schierarono Maurizio Gasparri e Italo Bocchino a sostegno di Massimo Caputi; Ignazio La Russa e anche l’"esterno" Tremonti per Flavio Cattaneo; ebbe la meglio Fini. Alle Poste, inizia l’era Sarmi che cambia tutto il gruppo di dirigenti scelto da Passera. I nuovi li va a prendere fuori: da Telecom, da Merloni, dalle banche. un manager che sa tessere la sua tela, con garbo e grande determinazione, senza rotture e forzature clamorose. Forse ha poco carisma, ma lavora sodo. Preferisce la scrivania alle riunioni dell’Aspen. Nel 2008 è stato anche il più pagato dei manager pubblici: 1,6 milioni di euro, di cui fissi 886 mila euro (551 mila in quanto amministratore delegato e 375 in quanto direttore generale) e 694 mila come parte variabile della retribuzione. E poi, bilanci in ordine (nel 2002 si chiude per la prima volta in utile dopo cinquant’anni di abbonamento al rosso), progetti, sinergie, tecnologia, visione, equilibrio e anche un po’ di equilibrismo. Fece discutere l’accordo, senza gara d’appalto, con Mediolanum, banca virtuale di Ennio Doris e soprattutto partecipata dalla Fininvest, che consentiva a un privato di utilizzare i 14 mila sportelli delle Poste per le sue operazioni di pagamento. Scelta che a Berlusconi non sfuggì, apprezzandola ovviamente. Poi accordi simili Sarmi ne fece anche con altre banche. Dopo, però. Comprende le potenzialità innovative che possono avere le aziende pubbliche. sempre stato così negli anni migliori delle partecipazioni statali, lì si sono formati manager di qualità, inventate nuove forme di organizzazione del lavoro, aggiornate le regole delle relazioni industriali. Entra, per questo, in sintonia con Romano Prodi, uomo dell’Iri, che arrivato a Palazzo Chigi lo confermerà. Ma il capitale pubblico (Poste è per il 65% del Tesoro e per il 35% della Cassa depositi e prestiti) non può essere un recinto che limita i rapporti con l’esterno. Sarmi, allora, pensa allo sbarco in Confindustria, dove siedono le aziende che competono nel mondo e anche quelle più piccole che ogni giorno combattono con la burocrazia italiana e per ottenere servizi (anche quelli delle Poste) più efficienti. Negozia l’intesa con Luca Cordero di Montezemolo e entra a Viale dell’Astronomia forte dei suoi oltre 150 mila soldiers come li ha chiamati la rivista americana "Fortune". Una massa critica destinata a pesare sempre più negli assetti dell’associazione imprenditoriale. Ma questo è il nuovo "meticciato" confindustriale dove i grandi statalisti e tendenzialmente monopolisti (dalle Poste all’Eni di Paolo Scaroni) hanno deciso di contare di più, se non altro perché pagano tanti contributi per effetto della massa di lavoratori alle loro dipendenze. L’operazione è servita a Sarmi per realizzare una sorta di aggiornamento culturale dei suoi dirigenti locali: metterli direttamente a contatto con la logica di impresa privata, farli uscire, appunto, dalle angustie mentali e organizzative dell’antico statalismo. Il tandem tra Sarmi e Tremonti si è formato da poco. Prima era solo un rapporto formale tra azionista e controllato. Nessuno screzio, anche perché Sarmi non è certo il manager che possa andare a scontrarsi con l’azionista di maggioranza. Poi è arrivata la social card, distribuita e caricata dalle Poste. Era partita male, ma ora pare che funzioni. un pezzo del solidarismo che piace e che ricerca Tremonti in quella sua rivisitazione dell’economia sociale di mercato pensata dalla Scuola di Friburgo. Le Poste, in fondo, sono pure un’"infrastruttura" (parola chiave nei ragionamenti di Sarmi) del welfare state. Si arriva anche per questa via alla Banca del Mezzogiorno. Infine c’è la Cisl. Franco Marini, già leader carismatico di Via Po, è stato determinante (all’epoca era il presidente del Senato) nella conferma di Sarmi da parte del governo Prodi. La Cisl conta davvero negli uffici delle Poste. La via maestra per salire nei gradini professionali, spesso, comincia proprio con la tessera sindacale. Della Banca del Mezzogiorno Sarmi non ha parlato con Bonanni, ma entrambi sono stati coinvolti da Tremonti. Per un po’ della Banca, Massimo Sarmi, non dirà nulla. Low profile, gli ha chiesto l’azionista di Via XX settembre, in attesa che si ricompongano i dissensi all’interno della maggioranza. Ora Sarmi scommette sul "postino telematico" che ci permetterà di pagare da casa anche i bollettini. Appuntamento alla prossima primavera. Insomma, navigare senza pause. E, soprattutto, senza farsi notare troppo.