Vittorio Da Rold, Il Sole-24 Ore 20/10/2009;, 20 ottobre 2009
I PASDARAN ANNUNCIANO RAPPRESAGLIE
Il comandante dei pasdaran, Mohammad Ali Jafari, ha minacciato «misure di rappresaglia » contro Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele e Pakistan, accusando i servizi di intelligence di questi paesi di avere legami con il gruppo sunnita Jundallah (Soldati di Dio), responsabile dell’attentato inBaluchistan.Anche la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ricomparso per l’occasione smentendo le voci che lo davano in coma, ha puntato il dito contro gli Stati Uniti («governi arroganti») per l’attentato suicida che domenica ha ucciso 42 persone tra cui 7 comandanti pasdaran.
Teheran potrebbe anche colpire in territorio pachistano, riferisce l’Isna, un’agenzia iraniana, facendo balenare la possibilità dell’apertura di un nuovo fronte di guerra in una regione già ampiamente martoriata. «C’è unanimità tra i pasdaran e le altre forze di sicurezza per condurre operazioni ovunque si dimostrasse necessario» ha detto il deputato Payman Forouzesh, eletto in Baluchistan, «anche in territorio pachistano».
I sospetti iraniani sui possibili legami tra Jundullah e gli Stati Uniti (Teheran dice di avere le prove) si basano su vari indizi come un’intervista dell’aprile 2007 concessa da Abdollah Rigi – primula rossa e leader del movimento armato sunnita autore della strage di domenica – al canale tv in persiano della Voice of America, emittente controllata dal Dipartimento di Stato. Anche Seymour Hersh del New Yorker nel 2006, aveva concluso in un suo lungo articolo che Jundallah aveva ricevuto aiuti dall’amministrazione Bush.
Naturalmente i paesi chiamati in causa hanno fermamente respinto le accuse. E, come Washington, la presidenza svedese della Ue ha condannato l’attentato, così come il ministro degli Esteri Franco Frattini, il quale ha però sottolineato che «sarebbe devastante parlare di rappresaglie ». Una condanna è venuta anche dal presidente russo, Dmitri Medvedev, che ha offerto a Teheran collaborazione «contro il terrorismo». Cosa c’è dietro l’attentato? Secondo Mohsen Sazegara, uno dei fondatori dei pasdaran, ora rifugiatosi negli Stati Uniti, tra i morti eccellenti dell’attacco c’è Nour- Ali Shushtari, vicecomandante delle forze di terra dei pretoriani del regime, che «era tra quelli che non approvava le repressioni di massa in seguito alla controversa rielezione di Ahmadinejad ». Insomma l’attentato sarebbe stato pensato all’interno dei pasdaran.
Il sito israeliano Debka, che fornisce analisi strategico-militari, parla invece del generale Shuhstari come capo segreto delle brigate Al Qods, il braccio operativo delle operazioni clandestine dei pasdaran iraniani all’estero, in particolare in Libano e Striscia di Gaza in sostegno a Hezbollah e in Afghanistan. Insomma l’uomo più pericoloso per il Mossad, i servizi segreti israeliani.
Gli effetti dell’attentato di domenica non hanno però impedito l’inizio di un negoziato a Vienna presso la sede dell’Aiea, l’Agenzia per l’energia atomica dell’Onu, tra gli iraniani da una parte, russi, francesi e americani (niente più 5+1 finalmente)dall’altra per discutere di un dossier che è sul tavolo da giugno: cioè come rifornire di combustibile il piccolo reattore, dono degli americani ai tempi dello Shah, dell’Università di Teheran destinato a fini medici. Un banco di prova per costruire la fiducia reciproca su un terreno spinoso.
Sebbene il direttore dell’Aiea Mohamed el-Baradei si sia detto soddisfatto e il portavoce del Dipartimento di Stato Ian Kelly abbia definito i colloqui «un buon inizio» ieri le ombre sono state maggiori delle luci. La trattativa dovrebbe trovare la via perché l’Iran possa spedire i 1.200 kg di uranio arricchito al 3,5% all’estero (Russia prima e Francia poi) per poi rimportarlo a casa arricchito al 19,75% e usarlo (si tratta di radioisotopi per uso medico) per almeno un decennio.
Ma ieri l’Iran policentrico ha fatto sapere che comunque non fermerà il processo di arricchimento dell’uranio anche se dovesse andare in porto l’accordo per la fornitura di combustibile nucleare da un paese terzo. Lo ha detto il portavoce dell’agenzia atomica iraniana Ali Shirzadian. Le dichiarazioni di Shirzadian hanno gelato il clima di attesa che circondava la seconda riunione tra i negoziatori di Teheran e i rappresentanti delle tre potenze impegnate nei colloqui. Nell’incontro del primo ottobre a Ginevra era stato trovato un accordo di principio per alimentare con combustibile arricchito all’estero le centrali civili iraniane.
Non solo. A rovinare la festa ci si è messa anche la Press Tv, televisione in lingua inglese vicina al presidente Ahmadinejad, secondo cui l’Iran «vorrebbe sì importare il combustibile per il suo reattore di ricerca ma senza spedire il suo uranio arricchito fuori dalla nazione». Se vero, si tratterebbe di un colpo mortale alle speranze occidentali di dialogo. Inoltre sempre la Press tv avrebbe detto che l’Iran ha deciso di cancellare la Francia dalla lista dei suoi possibili fornitori d’uranio arricchito per far funzionare il reattore medicale di Teheran di cui si sta discutendo a Vienna.
Nel panorama di indiscrezioni che impazzano in Iran registriamo anche quella diffusa ieri dall’Isna secondo cui «la delegazione americana starebbe studiando i modi per annunciare l’accettazione dell’uranio arricchito in Iran». La stessa agenzia riporta che gli europei sarebbero contrari alla virata di 360 gradi della politica americana, visto che Washington finora ha sempre rifiutato il principio dell’arricchimento dell’uranio in loco. Ma si tratta di una voce incontrollabile, forse messa ad arte in giro dagli iraniani per fare "disiformazia".