Gino Castaldo, la Repubblica 13/10/2009, 13 ottobre 2009
Riccardo Muti fu scoperto da Nino Rota: «Da ragazzo vivevo a Molfetta e lì ho cominciato a studiare seriamente musica, poi sono approdato per fare un esame di pianoforte da privatista all’allora liceo musicale di Bari
Riccardo Muti fu scoperto da Nino Rota: «Da ragazzo vivevo a Molfetta e lì ho cominciato a studiare seriamente musica, poi sono approdato per fare un esame di pianoforte da privatista all’allora liceo musicale di Bari. Non sapevo nulla, ero il ragazzo del paese. Alle 2 eravamo rimasti in quattro. Si aprì la porta e si è affacciato un uomo, non alto, ma con due occhi come due stelle. Chiese: quanti sono rimasti? Io che ero preoccupato, dissi: è tardi, possiamo tornare domani. Lui mi guardò e senza alcuna ragione mi portò in un’altra stanza dove c’era un pianoforte. Mi ha detto suona, io avevo portato Chopin, un pezzo difficile. Lui ascoltò poi mi disse: no, l’esame lo fai oggi. Ho fatto l’esame, poi Rota si avvicinò e mi disse: la commissione ti ha dato 10 e lode, ma non tanto per come hai suonato oggi, ma per come potrai suonare domani». Fu sempre Rota a dirgli di fare il conservatorio: «Erano usciti i quadri e io mi beavo a guardare i voti. Sentii una voce: ma tu non sei Muti? Era di nuovo lui, e mi disse: col tuo talento non dovresti studiare da privato, devi venire qui al conservatorio. Per me era un problema, facevo il primo liceo classico a Molfetta, a quell’epoca un ragazzo di quindici anni non si poteva spostare da solo come gli pareva. Ci fu un consiglio di famiglia, andammo tutti, madre, padre, fratelli, sembrava un film di Tornatore. Rota spiegò e la famiglia decise che valeva la pena. Tre volte alla settimana al pomeriggio prendevo la corriera e andavo a Bari a fare lezione».