Antonella Amapane, La Stampa 19/10/2009, 19 ottobre 2009
VERE, GRIGIE, DI FIUME. COMUNQUE PERLE
Da tempo si erano inabissate. Sepolte nel dimenticatoio femminile del bon ton. Archiviate sotto il capitolo «fanè da madama», da ripescare solo nelle grandi occasioni, poche, dove le buone maniere estetiche contano ancora. Poi d’un botto - complice la crisi con il rilancio forzato dei grandi classici - ecco ricomparire le perle.
Perle di Thaiti, perle barocche, perle di famiglia, di fiume, grigie, preziosissime o fintissime. A manciate. Sfoggiate dalle signore italiane «bon chic bon genre», come dalle americane (Michelle Obama in primis), ma anche e soprattutto dalle giovanissime che non hanno mai visto neppure un fotogramma di «Colazione da Tiffany». E tanto meno conoscono il potere dell’eleganza di Audrey Hepburn in tubino nero e giro di perle. Infatti, non le portano come la protagonista del cult movie.
Ma abbinate a minigonne vertiginose e magliette a righe, a jeans e giubbotto Perfecto di pelle nera, a pullover oversize e legging. Non un filo, ma tanti, possibilmente in svariate dimensioni. Anche king size. Le adolescenti parigine le comprano (dieci euro il chilo) nei negozietti cinesi di bijoux intorno al Carreau du Temple. Da noi si trovano da H&M, come sui banchetti del mercato. E ognuna le compone a grappoli secondo l’umore.
Prendendo spunto dal vezzo di Mademoiselle Chanel che nel 1924 creò i sautoirs di false perle, quelle eccessive collane lunghe fino alla vita che lei metteva aggrovigliate, stratificate, su tailleur e camicette. O imitando il genere mutuato da Lanvin che le interrompe con nastrini di satin dark annodati qua e là, su tre giri. Comunque si sfoggino il risultato è sempre felice. Perché il simbolo dello chic intramontabile è camaleontico, sa adattarsi a qualsiasi tenuta.
Le perle vere, si dice, portino sfortuna. Soprattutto se è un uomo a regalarle. Sono messaggere di lacrime, raccontano le nonne alle nipoti, sostenendo che si devono tramandare solo di madre in figlia. La stratosferica miliardaria americana Barbara Hutton - che le adorava e ne possedeva di meravigliose - per vivificarle le faceva ingoiare dalle oche che gliele «restituivano» belle lucide dopo un grasso passaggio nell’intestino. Ma va sottolineato che la signora fu anche sfortunatissima in amore.
Colpa delle perle o del carattere? Nel dubbio meglio buttarsi - favorite anche dal momento di recessione - su quelle taroccate. Tanto più che la moda le rilancia alla grande. Addirittura per gli uomini. A proporle in versione maschile nei suoi raffinati negozi è Shanghai Tang. Ne esibisce un filo scaramazzo Gian Battista Valli, soprannominato «lo stilista con la collana di perle». Le consiglia, in dosi omeopatiche, Giorgio Armani: una lunare perla di tre centimetri di diametro infilata in una catenella o nel laccio di cuoio.
Le perle, secondo Coco Chanel, illuminano il viso attenuando le rughe. Fanno risaltare il candore dei denti, peccato che sottolineino impietose pure quelli gialli. In quel caso meglio optare per l’alternativa grigia o nera. Altrimenti - suggerisce Alberta Ferretti - per offuscarne un po’ il biancore sfacciato, si possono velare con un budellino di tulle nero annodato come viene. Mentre il perlone scaramazzo - che un tempo veniva appuntato sul cappello - finisce, come insegna Vuitton, fra i capelli a trattenere le ciocche di uno chignon o sulla strozzatura di un tacco a piramide. Piccoli accorgimenti, vezzi da nulla che fanno la differenza e ringiovaniscono una vecchissima tradizione.
«Abbondare con i gioielli è indispensabile», affermava Chanel. Una lezione di stile che Eugenia, nata de Montijo, consorte di Napoleone III fece sua con qualche decennio d’anticipo. La charmosa spagnola, che durante il secondo impero impose il suo gusto impeccabile in fatto di moda, andava pazza per le perle. Anche Giuseppina de Beauharnais possedeva perle di rara bellezza e se ne agghindava con grande abbondanza. Piacevano a Cleopatra e alla grande Elisabetta, alla principessa Diana e Jackie Kennedy. Per secoli sono state simbolo di potere e ricchezza.
Per secoli gli uomini hanno rischiato la pelle per cercarle e prenderele sul fondo del mare. Da lì nasce la credenza che portino lacrime. Si rifà alle storie cinesi e giapponesi dei pescatori di perle che perdevano la vita sott’acqua e delle loro fidanzate che li piangevano disperate. Ma si diceva anche che la conchiglia, una volta creata la perla, morisse e quella fosse la sua lacrima d’addio. Oggi, che alle leggende non bada più nessuno, si pensa invece che le collane di perle portino lacrime (d’invidia) solo a chi non le possiede.
La first lady d’America e lo stile. Per Michelle Obama è una libera interpretazione. Ma quando l’eleganza deve trionfare, la collana di perle è un’arma in più.Metti un un film culto, «Colazione da Tiffany». Più un’attrice come Audrey Hepburn. Il risultato è un abbinamento mitico: tubino nero e giro di perle.Un simbolo di austerità, eleganza e antichi fasti. La regina Elisabetta è un’affezionata cultrice del classico giro di perle, che adotta in tutte le occasioni ufficiali.