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 2009  ottobre 19 Lunedì calendario

Italia e Ue alla guerra del latte "Prezzi stracciati, così falliamo" - BELGIOIOSO (Pavia) - Batte le mani per cacciare via centinaia di piccioni che rubano alle mucche lo spezzato di mais e soia

Italia e Ue alla guerra del latte "Prezzi stracciati, così falliamo" - BELGIOIOSO (Pavia) - Batte le mani per cacciare via centinaia di piccioni che rubano alle mucche lo spezzato di mais e soia. «Le vacche, purtroppo, non vanno in cassa integrazione. E allora…». Alessio Palestra, 32 anni, come tutti gli allevatori usa parole gentili, quando parla dei suoi animali. «Le vacche escono dalla stalla soprattutto d´estate. E quest´anno ne sono uscite tante, il doppio dell´anno scorso». Non vanno al pascolo, le mucche che escono. Vanno al macello. Fino a un anno fa si sfruttavano fino all´ultimo. Sei o sette parti in sette o otto anni di vita. «Adesso che il latte non costa nulla, si anticipa. Se la vacca non è in forma, si fa uscire dalla stalla. Così ci sono meno animali alle mangiatoie e si spende meno. E soprattutto si vede qualche soldo e si riesce ad arrivare a fine mese. E´ una disperazione, macellare le bestie prima che sia giunto il loro tempo. Ma oggi è una disperazione anche fare l´allevatore». Oggi a Lussemburgo si riunisce il Consiglio agricolo europeo (che sarà contestato da agricoltori di diversi Paesi). «Andremo con il sacco a pelo - ha detto il ministro italiano Luca Zaia - e torneremo solo se avremo i 300 milioni per l´ammasso formaggi. La partita che si sta giocando sul latte riguarda tutta l´agricoltura». Alessio Palestra, laureato in agraria alla Cattolica di Piacenza ha rilevato l´azienda che era dello zio nel 2004. In quell´anno il latte veniva pagato 33,83 centesimi al litro, l´anno seguente 33,76. Piccolo boom l´anno scorso, con 39,48 centesimi. «In questi giorni, per il latte delle mie 100 vacche, prendo 29 centesimi e ci rimetto. Ho un contratto con un´industria che all´inizio del 2009 mi pagava 32 cents. Poi mi è arrivata una lettera. I nostri concorrenti - c´era scritto - pagano meno di noi e allora per non soccombere dobbiamo adeguare i prezzi. Si chiama variazione unilaterale del contratto. "Se non le va bene, dia la disdetta e venda a chi vuole". Ad altri allevatori va anche peggio. Quelli che conferiscono ai caseifici del grana padano e del gorgonzola prendono dai 27 ai 28 centesimi. Ma per produrre un litro di latte, una vacca costa 30 centesimi di sola alimentazione». Breve viaggio fra le stalle che stanno chiudendo i portoni. Alessio Palestra è anche presidente provinciale della sezione latte dell´Unione Agricoltori e conosce bene le cifre del disastro. «Secondo i nostri conti, chi ha 60 vacche in lattazione perde 4.000 euro al mese. Chi ne ha 200, ce ne rimette 15.000. Ci sono aziende al collasso, soprattutto quelle che hanno la terra in affitto. Conosco colleghi che non ce la fanno più. Per pagare il "nucleo", che è un misto a base proteica, con crusca, girasole e soia, e onorare il contratto d´affitto, stanno spendendo i soldi della famiglia e dei parenti. Se la situazione non cambia subito, chiudono. L´entusiasmo per questo mestiere è ormai un ricordo. Il mio mungitore si alza all´1,30 della notte poi torna a mungere alle 13,30. Io alle 5,30 sono in piedi e lavoro fino a sera. E magari, mentre sei a cena, c´è una vacca che partorisce e devi correre. Devi alzarti di notte per un vitello che sta male. Tutto questo per rimetterci dei soldi. Il governo e il ministro Zaia non hanno capito nulla. Non c´è solo la Fiat, in Italia. Anche l´allevamento produce reddito e occupazione. Ma per noi non c´è nulla. Guardi questa lettera, mi è stata inviata proprio dal ministro Zaia questa primavera. «Caro allevatore…». Scrive che con la legge 33 del 9 aprile è stato istituito un fondo per "sostenere economicamente le aziende che si sono indebitate acquistando quote dopo il 2003". Per "ristrutturare da subito il debito delle aziende" si annuncia un fondo di 585 milioni di euro. Non abbiamo visto un euro». I colombi adesso vanno all´assalto dei camion di riso Carnaroli. «Avrei bisogno anch´io di fare investimenti. Per fortuna gran parte del fieno e del mais riesco a produrla sulla terra mia e ho qualche ettaro in affitto. Ma per la stalla mi servirebbero un nuovo robot di mungitura… Ma come si fa a investire se fai fatica a pagare le bollette? A Roma non hanno capito che se una stalla chiude, è per sempre. Se il grano costa poco, semini mais o barbabietole e l´anno dopo ricominci con il grano. Ma chiudere una stalla significa bloccare tutto: vendi le vacche più giovani, mandi al macello le vecchie e se decidi di riprendere devi fare debiti per vent´anni». Avviare una stalla costa davvero un patrimonio. «Nella nostra zona - dice Ettore Prandini, proprietario dell´azienda Morenica (700 capi, 300 dei quali in mungitura) a Lonato nel bresciano - per acquistare 220 capi, in modo di averne a rotazione 100 in mungitura, spendi 250.000 euro. Servono poi la stalla e la sala di mungitura e con gli attrezzi vari spendi 1 milione di euro. E poi c´è la spesa più grande: la terra. Qui da noi un ettaro costa 120.000 euro. Per 220 capi servono 66 ettari e il conto totale è questo: 7.920.000 euro. Credo che questi numeri spieghino bene quale sia il patrimonio esistente nel Paese, che rischia di essere pesantemente danneggiato. Chi è in affitto rischia anche qui il collasso: se i prezzi del latte non cambiano, entro un anno almeno il 15% delle stalle saranno abbandonate. E c´è già chi ha "delocalizzato" l´azienda, andando a produrre in Romania, Bulgaria, Estonia». Ettore Prandini (laurea in legge alla Sapienza di Roma) è presidente della Coldiretti di Brescia. «L´altro giorno, come associazione, abbiamo fatto un accordo con gli industriali locali, che ci pagheranno il latte 31 centesimi. Il prezzo giusto dovrebbe essere 36 - 37 centesimi, ma l´accordo è un primissimo segno di speranza». Gli allevatori denunciavano una crisi anche quando, un anno e mezzo fa, il prezzo oscillava fra i 34 e i 39 centesimi. «Il gasolio era però alle stelle, come i prezzi dei mangimi. La granella di mais ad esempio costava 22 euro al quintale e ora si compra con 12,50. Dal 2007 alla metà del 2009 c´è stata una diminuzione notevole dei costi, pari al 12 - 13%. Ma il prezzo del latte, qui in provincia, è passato da 42 a 28 centesimi, un vero crollo. I consumatori però non se ne sono accorti. Il litro di latte - cui sono stati tolti panna o burro - continua a costare dai 1,30 a 1,55 euro. Nel 2007 il grana padano veniva venduto dai produttori a 6,40 al chilo e ora costa 1 euro in meno. Nella grande distribuzione, però, oggi il padano costa sempre 11 euro, come nel 2007». Una carta da giocare, secondo i produttori, è quella dell´etichetta. «Il nostro latte è quello più controllato di tutta Europa. Ed è un latte buono perché in Italia ci sono buoni foraggi e buona acqua. Noi non vogliamo chiudere le frontiere: chiediamo che il consumatore, in latteria o in un supermercato, possa scegliere. Con la guerra dei prezzi saremmo destinati alla sconfitta. I "polverizzatori" europei, ora che sono finiti i contributi per trasformare il latte in polvere, riescono a farsi pagare appena 20 centesimi al litro. Se sul mercato riescono a guadagnare anche due o tre centesimi in più, certo non si tirano indietro e noi con questi prezzi non potremo mai competere. Deve essere il consumatore, a decidere se scegliere la qualità. E può farlo solo se l´etichetta racconta dove e come il latte sia stato prodotto». L´altro giorno, nel cuore di Pavia, gli allevatori hanno fatto un corteo. Dietro una mucca frisona, due cartelli. «Per un caffè, 3,5 litri di latte». «Per un aperitivo, 17 litri». Due cartelli che hanno spiegato la crisi più dei discorsi in piazza.