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 2009  ottobre 19 Lunedì calendario

UN´ARMA NEL NEGOZIATO


L’attentato nel Belucistan potrebbe avere conseguenze molto più vaste di quel che i suoi autori forse pensavano. La repressione nella provincia da parte dei Pasdaran, che sul selciato di Pishin hanno perso il vicecomandante delle forze di terra e altri alti ufficiali, sarà massiccia.

Ma le ripercussioni potrebbero essere non solo locali. In una sorta di effetto domino la tensione rischia di investire Pakistan, Israele, Gran Bretagna e, naturalmente, gli Stati Uniti.
L´attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita Jundullah, che da tempo si oppone in armi al regime iraniano e che, secondo Teheran, non si limita a mantenere relazioni pericolose, di tipo etnico, con la popolazione baluci oltreconfine, in Pakistan e Afghanistan; ma coltiva anche legami con gli odiati Taliban e con gruppi della rete qaedista in riorganizzazione come Lashkar-i-Jhangvi e Jahish e-Muhammad, formazioni jihadiste sunnite che gravitano nel Waziristan Meridionale. Gli iraniani sono convinti che Jundullah sia appoggiato da agenti americani, britannici e israeliani, impegnati a soffiare sul fuoco separatista fra le popolazioni non persiane insediate nelle aree di frontiera. Dopo l´attentato di maggio contro una moschea di Zahedan, gli iraniani avevano minacciato di penetrare in territorio pakistano a caccia degli jihadisti sunniti, se Islamabad non avesse agito per fermarli. Minaccia oggi, forse, scongiurata dal fatto che, proprio in queste ore, è in corso una massiccia offensiva pachistana nel Waziristan contro i talebani locali. Operazione militare, condotta su impulso americano, che mette nel mirino l´alleanza tra Al Qaeda, i Taliban e proprio gruppi come Lashkar-i-Jhangvi e Jahish e-Muhammad, nei cui campi Jundullah addestrerebbe i suoi militanti.
Ma il "martirio" dei comandanti dei Psdaran che, in quanto uccisi in una missione che aveva lo scopo di difendere la stabilità della Repubblica Islamica hanno ricevuto il titolo di shahid e le tradizionali "condoglianze e congratulazioni" del redivivo Khamenei, potrebbe produrre effetti, alla vigilia della ripresa dei negoziati sul nucleare, anche sui rapporti con l´America.
Non è casuale che, prima ancora che il presidente del Majlés Larijani, fedele alla Guida, accusasse gli Stati Uniti di essere i mandanti del massacro e che lo stesso presidente Ahamedinejad, inveisse contro degli "agenti stranieri", siano stati gli stessi Pasdaran a scorgere, dietro ai "mercenari che hanno compiuto l´attacco terroristico", il volto dell´"arroganza globale". Espressione che, nel linguaggio politico del regime, indica l´Occidente e, in particolare, gli Stati Uniti. Così come non è casuale che lo stesso Larijiani abbia affermato che, appoggiando quest´azione, Obama si sia "bruciato quella mano che aveva detto di avere teso" all´Iran. Complicità, decisamente smentita da Washington, che in questa delicata fase non ha alcun interesse a terremotare le già fragili mura del negoziato avviato a Ginevra. Anche se gli iraniani ritengono che durante l´era Bush, i doppi e tripli giochi, che solitamente si fanno in province etnicamente e religiosamente problematiche come il Balucistan iraniano, per "contenere" l´influenza di Teheran in quello che veniva chiamato il Grande Medioriente, non siano certo mancati.
Le accuse dei Pasdaran potrebbero avere più intenti, non necessariamente alternativi. Premere sulla Guida Khamenei, o sugli ambienti che lo sostengono, perché il negoziato con l´America sia " complessivo e dignitoso", formula che disegna uno scenario in cui il peso degli elmetti non venga sacrificato alle eventuali scelte dei turbanti; creare un clima di mobilitazione interna capace di tagliare l´erba sotto ai piedi a quanti appoggiano il nuovo compromesso con la Guida a cui sta lavorando Rafsanjani, che si muove ormai autonomamente da Moussavi; costringere ulteriormente sulla difensiva lo stesso Rafsanjani, sempre sospettato di possibile intelligenza con il Nemico, e che, in quanto leader dell´Assemblea degli Esperti, è in posizione chiave per influire sulla scelta del successore di Khamenei; costringere Obama a offrire importanti contropartite negoziali per frenare la corsa al nucleare militare. Un attacco che le Guardie della Rivoluzione sapranno sfruttare.