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 2009  ottobre 19 Lunedì calendario

TUNNEL DELLA MANICA PER VOCEARANCIO

Il Regno Unito vende. Il primo ministro Gordon Brown ha annunciato il 12 ottobre un enorme piano di dismissione di beni pubblici da cui lo Stato conta di incassare 16 miliardi di sterline in due anni. il maggior piano di vendite statali inglesi dai tempi di Margaret Thatcher, che negli anni Ottanta privatizzò le ferrovie.
I commentatori hanno notato che più che una vendita dovrà essere per forza una svendita, dato che quando si ha bisogno di soldi non si può fare troppo i difficili. ”Ricordiamoci – ha avvertito David Cameron, il giovane capo dell’opposizione tories – che stiamo parlando del primo ministro che ha venduto la nostra riserva aurea e se l’avesse fatto più tardi ci avrebbe ricavato quattro volte tanto. Non vogliamo altre incompetenze di questo genere da lui”.
Quei 16 miliardi servirebbero a ridare un po’ di fiato ai conti pubblici inglesi. Il debito pubblico del Regno Unito è esploso: si è portato dai 697 miliardi di sterline (il 47,5% del Pil) del 2008 ai più di 1.000 miliardi (oltre il 60% del Pil) previsti per quest’anno. Londra chiuderà il 2009 con un deficit di bilancio di 175 miliardi, il 12% del Pil. Sarà, con tutta probabilità, il deficit più grosso d’Europa.
Nel piano di dismissione di beni pubblici ci sono parchi e immobili, il grande ponte di Dartford, l’agenzia delle scommesse ippiche Horserace Totalizator Board, il 33% dell’Urenco, azienda che arricchisce l’uranio per le centrali nucleari in mezzo mondo, la Student Loan Company, società di credito agli studenti.
Brown venderà anche il tunnel della Manica, hanno scritto i giornali di mezza Europa. Non è proprio così: il governo inglese cederà la sua partecipazione alla London & Continental Railways, la società che gestisce la High Speed 1, la rete ferroviaria ad alta velocità che collega la stazione londinese di St. Pancras al tunnel della Manica. Lcr possiede un enorme portafoglio di proprietà, compresi 120 acri a Stratford, il cui valore dovrebbe impennarsi con le olimpiadi del 2012 e altri 67 acri attorno alla King Cross station.
Probabilmente il primo ministro venderebbe anche il tunnel, se potesse. Ma quel tunnel che collega la Gran Bretagna al Vecchio Continente – realizzato dopo 2 secoli di tentativi andati male e considerato dagli ingegneri della American Society of Civil Engineers (società americana degli ingegneri civili) una delle "sette meraviglie del mondo moderno" – non è statale.
Passato alla storia come uno dei più grossi progetti di ”project financing” mai realizzato, il tunnel della Manica appartiene ad Eurotunnel, società privata e controllata al 60% da piccoli azionisti e al 40% da investitori istituzionali, come fondi di investimento e banche d’affari. Dal 7 settembre l’azionista di maggioranza è Goldman Sachs, che ha convertito in azioni i suoi crediti rilevando il 21% delle azioni.
Il tunnel, chiamato anche ”chunnel” (gioco di parole tra channel e tunnel) è lungo 50,5 chilometri: collega Cheriton, nel Kent, a Coquelles, vicino a Calais. Non è la strada più breve per collegare Francia e Inghilterra, ma ci va vicino. Composto da tre tunnel paralleli (due per le ferrovie e uno di servizio, usato come via di fuga e per gli spostamenti dei mezzi di trasporto dei lavoratori) ha il tratto sottomarino più lungo del mondo (39 chilometri). L’unico tunnel che, a livello di lunghezza totale, lo supera, è il giapponese Seikan, che vanta 3 chilometri in più. Attraverso il tunnel passano treni passeggeri, treni merci e grandi shuttle che trasportano auto, camion e passeggeri.
La storia del collegamento via terra tra Inghilterra è Francia è antichissima. Già agli inizi dell’Ottocento un ingegnere francese aveva preparato un progetto presentato a Napoleone. Sarebbe costato, sosteneva lui, 1 milione di sterline. Alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento erano anche partite le prime trivellazioni su entrambe le sponde della Manica, fermate per motivi di difesa. E per motivi politici e di sicurezza nel 1922 venne fermata, dopo 128 metri, una perforazione avviata a Folkestone, sulla sponda del tunnel attuale. Il Tunnel sous la Manche Study Group, organismo costituito nel 1957, nel 1960 presentò un progetto del tutto simile a quello attuale. Nel 1973 si avviò la realizzazione dell’opera, dopo i primi 250 metri i problemi finanziari bloccarono tutto.
Visti i precedenti, quando il presidente francese Francois Mitterand e la premier inglese Margareth Thatcher nel 1984 decisero di rifare partire il progetto, gli inglesi vollero chiarire subito una cosa: il tunnel non sarebbe stato pagato con soldi pubblici. Così, aperta la gara d’appalto e selezionata una delle quattro proposte – tra le quali un lunghissimo ponte e un tunnel per le auto – Francia e Inghilterra diedero il via ai lavori nel 1987.
Il primo appaltatore dei lavori di costruzione fu la società anglo-francese TransManche Link (TML), un consorzio di dieci imprese di costruzioni e cinque banche dei due stati. Durante sette anni di lavoro, gli scavi del tunnel hanno impiegato 15.000 lavoratori e complessivamente sono stati rimossi 8 milioni di metri cubi di materiale roccioso, a un ritmo medio di 2.400 tonnellate l’ora. I residui di roccia inglesi sono stati scaricati sotto la Shakespeare Cliff vicino a Folkestone, strappando al mare una superficie di circa 36 ettari oggi chiamata Samphire Hoe e destinata a parco pubblico.
I tratti ”di servizio” si congiunsero già nel 1990, quelli ferroviari nel giugno del 1991. Dopo tre anni dedicati ai finimenti e agli equipaggiamenti necessari, nel 1994 i tunnel sono dichiarati completi. L’apertura ufficiale è stata il 6 maggio 1994, celebrata a Calais da Mitterrand e dalla regina inglese Elisabetta II.
Dal punto di vista finanziario e industriale quel tunnel è stato una catastrofe.
Il 18 giugno 1986, illustrando il progetto del gruppo alle borse di Londra e Parigi, Lord Pennock, presidente del consorzio Eurotunnel, prometteva un dividendo del 9,6% sulle azioni, soldi che sarebbero stati pagati a partire dal 1994, l’anno successivo all’apertura del tunnel. La società di brokeraggio Vickers and Fielding prevedeva un rendimento del 60 per cento entro il 2003, mentre Lord Pennock si dimostra più cauto puntando su un ritorno sul capitale tra il 16 ed il 20 per cento.
La raccolta fondi fu massiccia. Il consorzio emise bond per 45 milioni di sterline, ottenne 206 milioni da investitori istituzionali e altri 700 milioni li raccolse attraverso la vendita delle azioni al pubblico (con una gran campagna pubblicitaria). Le banche aprirono una linea di credito da 5 miliardi.
Nel 1985 i costi previsti per completare il ponte ammontavano a 4,6 miliardi di sterline. Nel 1994, al termine dei lavori, il costo finale era di 10 miliardi. E i costi del finanziamento superavano del 140% le previsioni.
Collocato a Parigi a 35 franchi (5,34 euro attuali) nel dicembre del 1987, il titolo Eurotunnel raggiunse un picco di 128 franchi (19,51 euro) nel maggio 1989, prima di un tracollo che lo ha portato alla sospensione nel 1993, quando toccò un minimo di 0,44 euro. Nel settembre del 1995 il consorzio bloccò i pagamenti dei suoi debiti per evitare la bancarotta. Con l’obiettivo di proteggere gli investitori (le azioni avevano già perso il 90% del loro valore), i governi inglese e francese nel 1997 prorogarono la scadenza delle licenze sul tunnel dal 2020 al 2086. Anche grazie a questa garanzia a metà 1998 Eurotunnel riuscì a concordare con i creditori un piano finanziario che gli garantisse di sopravvivere.
Il progetto originale prevedeva 36 milioni di milioni di persone l’anno e 18 milioni di tonnellate di merci. Previsioni sballate, o almeno guastate dall’imporsi dei voli low cost: il picco storico di passeggeri risale al 1998, e ammonta a 18,4 milioni di persone (16,1 milioni nel 2008), nel primo anno di apertura (il 1995) passarono dal tunnel solo 2,9 milioni di persone, contro i 15,9 milioni previsti. Le merci in linea con le previsioni: 18,4 milioni nel 2003 e 19,6 milioni il record del 2007. Nel 1995 solo 6,4 milioni.
Il consorzio nel 2006 si è trovato con 9 miliardi di euro di debiti, a un passo dalla bancarotta. Ma il Tribunale francese gli concesse la procedura di salvaguardia chiesta da Eurotunnel dopo il fallimento dei negoziati con i creditori. Attraverso la procedura di salvaguardia il debito venne dimezzato a 4,16 miliardi ”Ora possiamo guardare al futuro” commentava il direttore generale, Jacques Gounon. A marzo 2007 l’azienda – dopo avere aggregato le azioni per rivalutarle – avvia anche una ricapitalizzazione per 1,7 miliardi.
E sempre nel 2007 è finalmente partito l’Eurostar, il treno ad alta velocità che collega Londra e Parigi correndo a 300 chilometri e impiegandoci solo 2 ore e un quarto, mentre in un’ora e quaranta si raggiunge Bruxelles. Ci sono voluti dieci anni, 15 miliardi di euro di investimenti, 50 milioni di ore di lavoro per costruire la nuova linea, la prima in cent’ anni di storia delle ferrovie britanniche. Il prezzo di un viaggio Londra-Parigi, con la tariffa più economica, è di 54 sterline.
L’ amministratore delegato di Eurostar Richard Brown dice che un volo da Londra al continente produce dieci volte più biossido di carbonio (responsabile del riscaldamento terrestre) di un viaggio in treno. ”Volare con un jet andata e ritorno a Parigi sparge nell’ atmosfera tanto CO2 da riempire un autobus a due piani, i nostri treni ne generano una quantità che può stare dentro una Mini”.
Nel 2007, ventidue anni dopo gli annunci del consorzio, Eurotunnel ha visto il suo prime utile. Un attivo minimo: solo 1 milione di euro, ma un segno comunque positivo. Mentre nel 2008 l’azienda ha distribuito il primo dividendo. Lo scorso anno ha fatto quaranta milioni di utili, un risultato paradossalmente facilitato da un incidente: le assicurazioni hanno già versato nelle casse della società 44 milioni per coprire le perdite causate da un incendio scoppiato a settembre. La cedola pagata è ammontata a 4 centesimi per azione. E nel 2009, nonostante la crisi, il traffico si starebbe assestando sui livelli dello scorso anno.
I circa 500mila azionisti, in maggioranza famiglie francesi, non avevano ancora mai incassato un centesimo mentre il titolo in Borsa era crollato inesorabilmente fino a diventare quasi carta straccia. Tempi che potrebbero appartenere al passato: sono soprattutto i giovani oggi a utilizzare il treno per viaggiare tra Parigi e Londra.
Le azioni di Eurotunnel valgono oggi 7 euro e 45 centesimi. L’87% in più rispetto al prezzo di gennaio. La capitalizzazione totale dell’azienda ammonta a 1 miliardo e 367 milioni di euro. Solo nel giorno della distribuzione del dividendo i titoli hanno fatto un salto in avanti del 17%.
Prima della costruzione del tunnel sottomarino, per spostarsi via terra tra la Francia e il Regno Unito bisogna tornare indietro fino all’anno 8.500 avanti Cristo, prima della fine dell’ultima grande glaciazione, quando il ghiaccio univa l’isola al continente.