Francesco Piccolo, l’Unità 19/10/2009, 19 ottobre 2009
CORSIVI - QUANDO SI PARLAVA DELLA JUVENTUS
L’altro giorno ero per strada e ho sentito due ragazzi di quindici anni che dicevano, discutendo: è indagato, ma non è ancora condannato. Non so a chi si riferissero, se al loro vicino di casa o a qualche uomo politico di fama – non è importante. Mi sono fermato e
li ho guardati mentre gesticolando si allontanavano. E chiedendomi: ma cosa è successo a questo Paese in questi anni? Perché la gente parla di processi, di imputazioni e di condanne come se parlasse della Juventus, della bolletta della luce e soprattutto come se si stesse occupando di politica? Fino ai giorni di Tangentopoli, la questione morale era più che sufficiente, e delle questioni penali se ne occupavano i tribunali e riguardavano le conseguenze private di persone (anche) pubbliche. A noi cittadini bastava che non ci fosse più
integrità morale, fiducia tra l’elettore e l’eletto, per far sì che condannassimo un qualsiasi atto
pubblico; delle condanne e delle assoluzioni, degli appelli e dei ricorsi al Tar, non ci importava
niente. Poi, a un certo punto, abbiamo cominciato a parlare di processi, a seguirli, a contestarli o a difenderli. Non c’è più un solo cittadino italiano che non sappia riconoscere cavilli delle procedure processuali. Anche in questi mesi, con la questione Berlusconi, si sente dire: ma non si sa se ha valenza penale. E chi se ne frega? A noi importa se una persona
che sia presidente del consiglio sia o no degno di esserlo. Di tutto il resto, come sarebbe bello se tornasse a non importarci più nulla.