Fabrizio Patti, Il Sole-24 Ore 19/10/2009;, 19 ottobre 2009
IL CORE BUSINESS UN ACCESSORIO
Vendi a poco il prodotto, fai i soldi con accessori e parti consumabili. Non ci sono solo le capostipiti lamette da barba, che all’inizio del Novecento diedero origine a questo modello di business (si veda l’articolo sotto). Girando per gli scaffali dei supermercati ci si accorge che i rasoi sono in buona compagnia: i deodoranti offrono gratuitamente il diffusore, facendo pagare la semplice ricarica. Per i prodotti antizanzare la differenza tra il prezzo della cartuccia liquida e la scatola che contiene anche l’erogatore non supera i due-tre euro. Poche corsie più là, gli spazzolini elettrici a batteria si trovano a 6,50 euro, mentre una confezione di due "refil" ne costa 4,70. E si potrebbe continuare a lungo, tra kit per lavare i pavimenti e piumini per spolverare la casa.
I fatturati
Ma queste politiche di prezzo quali riflessi hanno sul fatturato delle aziende che li commercializzano? Una risposta viene guardando uno dei prodotti che da qualche anno sono arrivati nelle case italiane, le caraffe che filtrano e depurano l’acqua di rubinetto. Ogni brocca costa tra i 22 e i 40 euro a seconda dei modelli, mentre ogni mese bisogna cambiare un filtro dal valore di 6-7 euro.
«Il nostro core business è senz’altro il filtro - commenta Jacopo De Maria, direttore commerciale di Brita Italia, azienda di riferimento nel comparto a livello mondiale - . Nel nostro paese, dove la penetrazione del prodotto è inferiore al 3% delle famiglie, la quota di fatturato dei filtri è del 60. Ma in nazioni come la Germania, dove è diffuso da 40 anni,si arriva all’ 80 per cento. In quel mercato è comune regalare le caraffe con l’acquisto dei filtri, ma anche in Italia sulle brocche il mark up è di un terzo inferiore rispetto a quello dei filtri».
Se si sposta lo sguardo dal supermercato agli uffici, due dei beni che si consumano quotidianamente si basano su un principio simile: le macchine da caffè con cialde e i boccioni dell’acqua potabile. Nel caso delle macchine da caffè parlano i dati sul valore della produzione a prezzi di fabbrica (dati Databank): 134 milioni per le macchine per il caffè espresso funzionante con cialde o capsu-le, 459 milioni per le cialde stesse. Quanto ai boccioni dell’acqua, i conti li fa l’associazione di categoria Aiabo: «Sugli 85 milioni di fatturato, 60 sono costituiti dalla fornitura di boccioni - spiega il presidente dell’associazione, Nicola Di Paola - . Altri 20 derivano dal noleggio degli erogatori e 5 dagli accessori e ricambi».
Il servizio
Il sistema vale anche in campi non sospetti, come quello dei servizi. Non c’è solo l’aviazione civile, dove un’azienda come Ryanair raggranella il 20% dei ricavi dagli optional , ma compare anche la salute. «Nel settore medicale e più generalmente healthcare - spiega Fabio Ancaroni, docente dell’area marketing della Sda Bocconi- la componente di servizio
aftermarket sta diventando sempre più critica, non solo nell’ottica di incremento delle ricavi e dei margini, ma anche, a livello più strategico, per aumentare il valore offerto al cliente, e di conseguenza la soddisfazione e la fedeltà».
Ma non solo. «La tendenza a potenziare il valore offerto nell’ aftermarket attraverso contratti e soluzioni di servizio - continua il professore- connota anche alcuni settori dell’elettronica di consumo, come gli elettrodomestici». quello che si può vedere nel comparto delle aspirapolveri: se un modello base può costare 59 euro, i sacchetti variano dall’economico 9 euro per dieci pezzi a un più oneroso 30 euro per cinque. Un’azienda di riferimento come la Vorwerk Folletto ha 36 milioni di euro di fatturato dai consumabili e accessori, il 10% dei ricavi complessivi, ma ha annunciato una strategia in controtendenza: con i prossimi modelli fornirà gratuitamente i sacchetti per cinque anni.
C’è poi tutto il settore della meccanica. L’Adira, l’associazione che rappresenta le aziende che lavorano nell’ aftermarket , ha stimato in 15 miliardi il valore dei soli ricambi per auto. «La crisi ha imposto ai produttori di auto all’ aftermarket
sottolinea Andrea Rea, professore di brand management alla Sapienza di Roma -. In un periodo in cui non le vendite di auto procedono a rilento, questo mercato assicura infatti maggiori marginalità, una fetta importante di fatturato e fa leva sulla fidelizzazione del cliente».