Franca Giansoldati, il Messaggero 16/10/2009, 16 ottobre 2009
AUTOBIOGRAFIA DI PIETRO, IL PRIMO PAPA
«QUANDO Gesù ebbe terminato le parabole, io ebbi la sensazione di non avere mai conosciuto Dio: mi resi conto di essere ancora tanto lontano dal suo cuore, ma non persi la speranza di potermi avvicinare». Ci vuole una buona dose di coraggio, soprattutto per un cardinale, calarsi nei panni di san Pietro, immedesimarsi nei suoi stati d’animo e raccontare in prima persona ad un grande pubblico quali furono i dubbi, i tormenti, i lati oscuri dell’apostolo prediletto. Un monologo interiore capace di descrivere cosa gli passava per la testa quando quel semplice pescatore accettò sulle sue spalle il peso che gli veniva affidato da Cristo. «Mi sembrava di essere schiacciato, dalle forze del male, che scorrazzano nella storia. Volevo ripetere ciò che dissi dopo la miracolosa pesca: Gesù allontanati da me, perché sono un peccatore». Ma Gesù ormai lo aveva scelto per un compito immenso. «Potevo rifiutarmi? Ancora una volta tesi la mano, come feci quando il mare di Galilea era aggressivo come un mostro e i miei piedi cominciavano ad affondare nelle acque infide».
Chi si è cimentato nella non facile impresa di far rivivere in presa diretta i moti interiori di Pietro da Cafarnao, sviluppando con licenza poetica gli episodi narrati dagli evangelisti, è l’arciprete della basilica vaticana, il cardinale Comastri. Il suo ultimo libro intitolato Ti chiamerai Pietro (Edizioni San Paolo, 125 pagine, 11,50 euro) mescola tratti teologici a pennellate un «po’ favolistiche», come ha annotato Giuliano Ferrara ieri pomeriggio all’Augustinianum, presentando un volume che non potrà non andare ad inserirsi nel dibattito in corso sulla natura del primato petrino. Il Papa, vicario di Cristo in terra, può essere ancora quella figura unitaria per tutta la cristianità, come è stata in origine, prima che si consumasse la frattura con il mondo ortodosso e successivamente con quello protestante? Ci si chiede se ortodossi e protestanti potranno mai riunirsi, sanare secolari ferite e coronare il sogno accarezzato dal movimento ecumenico. «Il papato è una istanza di libertà» ha insistito Elio Guerriero, ideatore del progetto editoriale. La preminenza di Pietro, la sua funzione di roccia, il suo essere garante dell’unità della Chiesa sono stati attestati da grandi santi nel corso dei primi secoli. E proprio alternando il racconto autobiografico in prima persona di san Pietro, alle testimonianze di vari santi, nei primi secoli del cristianesimo, il cardinale Comastri aiuta il lettore a far capire la grandezza simbolica dell’apostolo. Il vescovo Ireneo, nel secondo secolo, predicava convinto la più grande autorità della Chiesa di Roma rispetto alle altre Chiese d’oriente poiché «custodisce il carisma di Pietro, vale a dire colui al quale Gesù ha detto, tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa». Successivamente un altro vescovo, Abercio di Ierapoli nella Frigia, regione dell’attuale Turchia, compose un epitaffio per consacrare a Pietro il carisma di «pascere tutto il gregge» tanto ad Oriente che ad Occidente. Cent’anni dopo, invece, san Cipriano metteva in chiaro ai suoi contemporanei che tutti gli altri apostoli avevano la stessa dignità di Pietro, ma a lui «è stato conferito il primato perchè una apparisse la Chiesa e una la cattedra. Tutti certamente sono pastori, ma il gregge è presentato in unità, per essere pasciuto da tutti gli apostoli stretti da unanime consenso». Ma perchè Pietro scelse di venire a Roma e non restò a Gerusalemme, che era la Chiesa madre, quella dei grandi avvenimenti? Comastri suggerisce la risposta mutuandola dagli Atti degli Apostoli, dove viene raccontato che una notte, mentre Paolo era in catene a Gerusalemme, gli apparve Gesù e gli disse: «Coraggio, come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma».