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 2009  ottobre 16 Venerdì calendario

Piano casa, via ai lavori in dodici regioni- Sono quelle che hanno approvato le norme per l’ampliamento Basilicata e Lazio bloccate dal governo

Piano casa, via ai lavori in dodici regioni- Sono quelle che hanno approvato le norme per l’ampliamento Basilicata e Lazio bloccate dal governo. Il caso pugliese Da oggi parte ufficialmente in Lombardia il Piano casa. Quella lombarda è una del­le dodici regioni che, con la Provincia autonoma di Bolzano, han­no già tradotto in norme operative l’accordo raggiunto con il governo la scorsa primavera, intesa con la quale si consente, bypassando le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, di ampliare gli edifici mono o bifamiliari del 20% e addirittura di demolire im­mobili vecchi ricostruendoli con un ampliamento del 30% (e oltre) a patto che l’operazione comporti un benefi­cio nelle performance energetiche. Ogni Regione ha dato la sua inter­pretazione dell’intesa con il governo e l’interesse per le conseguenze che avranno le nuove norme sulla gestio­ne del territorio è alto, soprattutto da parte delle associazioni ambientaliste che prefigurano uno scempio irrever­sibile se solo il 10% dei cittadini che ne hanno diritto ampliasse la propria abitazione. Un rischio che a prima vista sembra scongiurato, almeno per quello che ci dicono i dati raccolti in Toscana, la pri­ma regione ad aver legiferato: da mag­gio a oggi sarebbero solo una sessanti­na le domande di ampliamento di im­mobili e solo quattro quelle di demoli­zione e ricostruzione. Va però detto che la legge toscana è tra le più restrit­tive perché richiede interventi di ri­sparmio energetico piuttosto onerosi, come l’obbligo di dotare di doppi ve­tri tutto l’edificio e non solo la parte ampliata mentre per le case edificate a seguito di demolizione prescrive con­sumi energetici del 50% più bassi di quelli tollerati per le nuove costruzio­ni. E inoltre la norma di fatto si appli­ca solo fuori dai grandi centri abitati. Non mancano le polemiche anche sul fronte istituzionale: il governo ha già impugnato due leggi regionali (quella della Basilicata e, ieri, quella del Lazio) perché impongono l’obbli­go di redazione del cosiddetto fascico­lo del fabbricato, una sorta di «diario di bordo» dell’immobile che dovrebbe conservare tutte le informazioni relati­ve al suo stato di conservazione; si apre così una vecchio conflitto, a suo tempo risolto, su ricorso della Confedi­lizia contro il Comune di Roma, dal Consiglio di Stato che aveva sancito l’inutilità del fascicolo, perché conte­nente documenti già noti alla pubbli­ca amministrazione. Il ricorso del go­verno, però, parte da un altro presup­posto e cioè che la Regione non abbia competenza in materia. Il ricorso non blocca i due piani ca­sa interessati ma probabilmente avrà ripercussioni sull’iter già difficile dei provvedimenti di Sicilia e Campania che, almeno nelle bozze in discussio­ne, prevedono essi pure l’obbligo del fascicolo. Il governo ha aperto il conflitto di­nanzi alla Consulta anche con la Pu­glia, perché ha istituito l’obbligo di re­alizzare parcheggi di pertinenza di di­mensioni proporzionali a quelle delle nuove edificazioni, con la conseguen­te necessità per il proprietario di effet­tuare la trascrizione sui registri immo­biliari; anche in questo caso il gover­no eccepisce la competenza della Re­gione in materia, poiché la trascrizio­ne comporta non solo un atto notarile ma anche il pagamento di imposte che si possono chiedere solo con leg­ge statale. Al di là delle ragioni giudiri­che di questi conflitti, va comunque notato che tutte e tre le Regioni con cui il governo è in conflitto sono go­vernate dal centrosinistra. La Puglia non è l’unica regione che impone l’obbligo di realizzare nuovi spazi per chi voglia approfittare del Piano casa. La norma appena approva­ta dalle Marche (6 ottobre) prevede un meccanismo piuttosto oneroso a carico di chi voglia ampliare o ricostru­ire la casa: se l’intervento non è possi­bile seguendo le norme ordinarie (ad esempio perché non rispetta gli stan­dard del piano regolatore) il proprieta­rio della casa deve cedere al Comune un’area pari a quella di cui può usufru­ire in deroga agli standard oppure de­ve riconoscere un indennizzo da stabi­lire tramite un’apposita convenzione. Anche a livello locale non sono man­cati i contrasti tra poteri. Molto vivace è stata la polemica tra Regione Veneto e Comuni sulle rispettive attribuzioni, polemica che si comprende se si consi­dera che la norma veneta è forse la me­no restrittiva tra quelle finora approva­te perché si applica a qualsiasi immo­bile e ha efficacia (teorica) anche per le abitazioni in condominio. Con una circolare emanata a fine settembre, la Regione precisa che i Comuni hanno possibilità entro il 30 ottobre di sanci­re limiti all’applicazione della legge per tutti gli immobili con l’eccezione delle «prime case»; in questo caso le amministrazioni municipali non pos­sono stabilire divieti ulteriori rispetto a quelli già presenti nel Piano casa. Se vi è incertezza sul numero di fa­miglie italiane che effettivamente usu­fruiranno delle nuove norme (che in teoria potrebbero interessare quasi 10 milioni di nuclei) e anche sui tempi in cui le Regioni rimaste indietro comple­teranno gli iter normativi, è invece si­curo che la grande maggioranza degli italiani sarebbe interessata a iter più snelli per effettuare lavori di ristruttu­razione meno impegnativi di un am­pliamento o di una demolizione. Al­l’epoca dell’intesa con le Regioni il go­verno si era impegnato a varare in tempi stretti una norma sulla semplifi­cazione urbanistica che però non ha ancora visto la luce.