Sergio Romano, Corriere della sera 16/10/2009, 16 ottobre 2009
L’AUTORIT DELLA CONSULTA UN PATTO FRA GALANTUOMINI
A proposito della delibera della Corte costituzionale che ha bocciato il Lodo Alfano con 9 voti contro 6, vale a dire con una maggioranza inferiore ai due terzi, le chiedo un parere e un chiarimento sulla esiguità della differenza tra voti favorevoli e contrari.
Vittorio Binda
fertogn@tin.it
Caro Binda,
Credo di comprendere il senso della sua domanda. Lei si chiede quale possa essere l’autorità di una sentenza che non rispecchia l’opinione di tutti i membri di un collegio giudicante che, in questo caso, si è visibilmente diviso. Le risponderò anzitutto osservando che la Corte costituzionale non è la bocca della verità.
una istituzione terrena composta da esseri umani scelti da altri esseri umani. Non è stata creata per proclamare, una volta per tutte, il vero e il falso. stata concepita per risolvere un problema delicato e ricorrente delle democrazie moderne: quello della conformità delle leggi alle norme della Costituzione. Nel corso della sua storia può rendere giudizi diversi a seconda della sua composizione o cambiare la sua opinione sulla base di nuove riflessioni e nuove esperienze. Ciò che maggiormente conta è il tacito patto con cui le forze politiche e l’insieme del Paese si sono accordati per rispettare le sue decisioni anche quando possono suscitare dubbi e perplessità. Vi sono circostanze nella vita di uno Stato in cui il rispetto d’una regola condivisa è più importante della «verità» su cui comunque, da che mondo è mondo, non siamo mai riusciti a metterci completamente d’accordo.
Quanto al sistema di voto nulla vieta, in linea di principio, che le regole della istituzione prevedano l’unanimità o un voto ponderato. Ma la regola dell’unanimità conferisce al dissenziente, anche se isolato, un diritto di veto e finisce per paralizzare l’attività della istituzione. Guardi che cosa sta accadendo in questi giorni nell’Unione europea (dove il Trattato di Lisbona è tenuto in ostaggio dai capricci politici del presidente ceco) e si renderà conto dei rischi prodotti dalla regola dell’unanimità. Si potrebbe, naturalmente, scegliere la formula del voto ponderato, ma gli Stati Uniti e altri Paesi preferiscono la maggioranza semplice e hanno spesso accettato decisioni discutibili (penso al computo dei voti in Florida durante le presidenziali del 2000) anche quando sono state prese con un solo voto di maggioranza.
Naturalmente il rispetto delle decisioni della Corte è fondato su una fondamentale presunzione: l’autorità e la competenza dei suoi giudici. Credo che la Corte costituzionale italiana abbia complessivamente meritato questo rispetto. Ma qualche miglioramento, forse, è possibile. Non è del tutto rassicurante, ad esempio, constatare che il giudice costituzionale, oltre a essere designato da persone o istituzioni che appartengono al mondo della politica, ritorni nella società, dopo la fine del suo mandato, per ricoprire incarichi che dipendono a loro volta da scelte politiche. Negli Stati Uniti questo inconveniente è stato eliminato dando al giudice costituzionale un incarico vitalizio. Ma vi sono altre formule su cui sarebbe utile riflettere, come ad esempio la determinazione di un periodo durante il quale l’ex giudice non possa assumere un altro incarico. Basterebbero quattro o cinque anni, il tempo necessario per scrivere un buon trattato di diritto costituzionale.