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 2009  ottobre 16 Venerdì calendario

Dal Banco Napoli al sogno della Mediobanca bis Personaggi e interpreti della finanza nelle Due Sicili- ROMA – Basta nominare la Banca del Mezzogiorno per trasformare Paolo Cirino Pomicino in un fiume in piena

Dal Banco Napoli al sogno della Mediobanca bis Personaggi e interpreti della finanza nelle Due Sicili- ROMA – Basta nominare la Banca del Mezzogiorno per trasformare Paolo Cirino Pomicino in un fiume in piena. «Adesso scoprono che il Mezzogiorno d’Italia è l’uni­ca regione d’Europa, dal Baltico a Malta, che non ha una sua banca. Sono cose scon­volgenti: perché nessuno ha parlato quan­do negli anni Novanta le banche del Sud ve­nivano assorbite dagli istituti del Nord? Al contrario di altri, io non c’ero». Gli «altri» a cui si riferisce Pomicino sono essenzial­mente il ministro dell’Economia Giulio Tre­monti. «Adesso potrebbe dire: ho sbaglia­to. Che male c’è? Tutti sbagliano». Già. Ma sbagliò, secondo l’ex ministro del Bilancio ai tempi del Caf, (l’asse Craxi-Andreot­ti- Forlani che venne giù ingloriosamente con la prima repubblica, travolto dagli scan­dali) anche chi in si «calò le braghe» davan­ti al commissario europeo Karel Van Miert. «Perché al Banco di Napoli, banca pubblica italiana, non vennero concesse le stesse possibilità date invece al Crédit Lyonnais, una grande banca pubblica francese falli­ta? », s’interroga il napoletano Pomicino. L’Italia era sotto schiaffo a Bruxelles? O c’era un governo di pavidi? Chissà. Ma la responsabilità della politica, quelle non c’entrano niente con il crac della più gran­de banca del Sud? Il contesto, quello biso­gnerebbe ricordare. Ecco che cosa disse l’ex vicepresidente del Banco di Napoli Vin­cenzo Scarlato, già parlamentare Dc, al giu­dice Eduardo De Gregorio che indagava sul crac: «Sono entrato nel consiglio di ammi­nistrazione del Banco di Napoli per designa­zione politica da parte della corrente della sinistra democristiana, facente capo a (Ci­riaco, ndr ) De Mita. Sono stato eletto vice­presidente per ragioni di equilibrio politico e non per specifiche competenze professio­nali. Invero ho sempre avvertito la dispari­tà incolmabile fra la dimensione e la com­plessità delle attività da svolgere in qualità di vicepresidente e la mia inadeguata prepa­razione specifica». Allora le cose andavano così. E l’andazzo dell’altra grande banca del Sud, il Banco di Sicilia non era molto diver­so, se è vero che nell’agenda dell’ex presi­dente Giannino Parravicini venivano scru­polosamente annotate tutte le segnalazioni che arrivavano dai politici: Calogero Manni­no, Aristide Gunnella, Riccardo Misasi... Un fido di qua, un’assunzione di là, una consulenza a destra, una transazione a sini­stra. Poi ci si stupisce che in Sud non abbia più una sua banca. E pensare che volevano dargli, al Mezzo­giorno, anche una Medio­banca. Meridiana finanza, si chiamava così. Doveva rap­presentare «il perno crediti­zio attorno al quale far ruota­re i finanziamenti all’im­prenditoria del Sud» e per questo era stata modellata dal presidente dell’Iri Fran­co Nobili sulla Mediobanca di Enrico Cuccia: banche e imprenditori privati. Con le dovute differenze, però. C’erano Comit, Credit, Ban­co di Napoli, Imi e un plotone di imprendi­tori considerati quantomeno non ostili al Caf: come Barilla, Franco Ambrosio, Dio­guardi, Pisante, Lavezzari, Gavio e Giusep­pe Ciarrapico, che oggi è senatore del Pdl e proprio in quelle settimane era impegnato nella mediazione fra Silvio Berlusconi e Car­lo De Benedetti per la spartizione della Mondadori. Chi era il presidente? «Un pro­fessore napoletano, Antonio Marzano, che poi fu ministro con Berlusconi. Con lui eb­bi scontri memorabili, perché in tre anni quella banca non concluse nulla», ricorda Pomicino. L’8 agosto 1994 l’Iri ne decise la chiusura. Al governo era appena arrivato Silvio Berlusconi. Qualche anno più tardi ci fu chi riprovò a rilanciare una grande ban­ca del Sud. Con il Mediocredito centrale, an­cora banca pubblica, Gianfranco Imperato­ri riuscì nel 1997 a rilevare il Banco di Sici­lia. La sue idea era quella di creare un gran­de polo bancario per il Mezzogiorno. Ma il progetto svanì appena due anni più tardi perché la Banca di Roma di Cesare Geronzi assorbì Mediocredito e Banco di Sicilia. Finché Tremonti non è tornato al go­verno. L’idea tremontiana della Banca del Sud è di quattro anni fa. Allora, pe­rò, sembrava poco più che una provo­cazione. Tanto che per la presidenza si fece il nome di Charles de Bourbon des Deux Siciles. Nientemeno che l’ultimo rampollo dei Borbone. Ai loro tempi sì che le banche meridionali erano gran­di e rispettate...