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 2009  ottobre 16 Venerdì calendario

CON LULA IL BRASILE VOLA


Non ha vinto il premio Nobel, ma se si dovesse assegnare un riconoscimento alle cose fatte e non alle intenzioni, andrebbe sicuramente a Luiz Inácio Lula da Silva, il presidente ex metalmeccanico alla guida del Brasile dal 2003. In meno di sette anni Lula è riuscito ad aggiudicarsi un Mondiale di calcio e un’Olimpiade, cosa mai successa prima d’ora a nessun altro Paese sudamericano, a far uscire dalla crisi l’economia prima di qualsiasi altro (nel 2010 il Pil verde-oro crescerà almeno del 5%) ed a candidare il Brasile per un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ove da ieri, comunque, è entrato tra i membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza.
Dona Lindu, sua madre, veniva dal poverissimo Nord-Est, lo caricò che aveva sette anni su un «pau de arara», ovvero un camion scoperto, per arrivare a Santos e ricominciare una vita. Se fosse ancora viva «sicuramente scoppierebbe a piangere orgogliosa», ama ripetere Lula, instancabile lavoratore ma anche, come tutti i brasiliani, amante della vita e del calcio.
Il suo successo, però, non è casuale, ha una strategia ben precisa. E non può non essere spiegato se non si tirano in ballo quattro personaggi fondamentali. Sono loro a condizionare qualsiasi mossa del presidente sullo scenario internazionale, la chiave del suo successo. Il primo è il ministro degli Esteri Celso Amorim. Il suo motto è riassunto nelle parole di Hegel: «La quantità altera e cambia la qualità». E i numeri gli danno ragione e mostrano il nuovo ruolo del Brasile nel mondo: 35 ambasciate nuove di zecca aperte dal 2003, la maggior parte in Paesi africani e caraibici, 45 paesi visitati da Lula negli ultimi tre anni. Un record che ha permesso al presidente verde-oro di essere riconosciuto come leader globale in Africa e Asia. Quanto all’America Latina, Lula ha convinto anche la Casa Bianca a scegliere il Brasile come alleato privilegiato per stabilizzare la regione ed evitare pericolose derive populiste. Non a caso l’autorevole rivista Foreign Policy ha scelto Celso Amorim come «il ministro degli Esteri dell’anno», un riconoscimento che ricalca quello personale di Obama, che al G20 di Londra definì Lula il politico più amato al mondo.
La dimostrazione più recente dell’influenza del nuovo Brasile è stato il golpe in Honduras. Una crisi che sta per essere risolta grazie a un’inedita «muscolarità» della diplomazia brasiliana in un’area geografica tradizionalmente dominata dagli Stati Uniti. Il Brasile ha infatti difeso il presidente deposto Zelaya, lo ha ospitato nella sua ambasciata quando è rientrato di nascosto in patria, ma gli ha fatto anche capire che a comandare è Lula e non Chávez, il rivale populista tra le masse povere dell’America Latina. Anche con la sinistra radicale però, grazie a Marco Aurelio Garcia, 68 anni, consigliere personale del presidente per la politica internazionale, Lula ha saputo imporsi. Laureato in filosofia e diritto, dal ”70 al ”79 esule prima nel Cile di Allende e poi in Francia, Marco Aurelio è un abile stratega e, grazie alla sua capacità di dialogare con tutti, copre le spalle a Lula in ambienti poco teneri con la socialdemocrazia, come per esempio il Forum Sociale Mondiale.
L’italo-brasiliano Guido Mantega, nato a Genova 60 anni fa, è il terzo personaggio chiave dei successi di Lula. Ministro dell’Economia, keynesiano di impostazione, è stato lui il promotore delle politiche di espansione del credito che hanno consentito al Brasile di uscire prima e meglio degli altri dalla crisi, grazie al boom della domanda interna. In questa operazione di stimolo è stato aiutato da Alessandro Teixeira, presidente dell’Apex, l’agenzia brasiliana per la promozione degli investimenti e del commercio. Gaucho di Porto Alegre, è lui alla guida del principale motore dell’export verde-oro nel mondo, tassello decisivo del grande affresco che vede il Brasile di Lula alla conquista del mondo globale.