Domenico Quirico, La stampa 16/10/2009, 16 ottobre 2009
I DUBBI DEI FRANCESI "I MILITARI NON SAPEVANO E’ UN AFFARE DI SERVIZIO"
Pagare il nemico in operazioni di controguerriglia come quelle che si svolgono in Afghanistan è una pratica comune per evitare guai e non condannabile in sé. Il problema è che spesso i militari non vengono avvertiti delle operazioni condotte dai Servizi». Eric Denécé dirige il «Centre français de recherche sur le renseignement» ed è il più accreditato studioso di spionaggio e operazioni segrete.
In guerra tutti negano di pagare i nemici, ma come stanno le cose?
«Si fa dalla notte dei tempi, ed è una pratica che continua anche nel XXI secolo. Soprattutto per una logica politica, quando un governo non vuole avere morti tra le truppe e perdere consensi, magari in vista delle elezioni. I nostri governi, tutti, Sarkozy, Blair, Berlusconi, sono assolutamente capaci di fare questo».
In una situazione come la nebulosa afghana in cui si mescolano signori della guerra, talebani e governativi insorti, come si fa a trovare l’interlocutore giusto?
«Pagando tutti si è più o meno sicuri che non ci sarà un morto. Nella scelta tra guerra a oltranza o pagare bisogna mescolare le due tattiche. Si pagano alcuni capi talebani e nel frattempo si può fare la guerra ai loro vicini. Poi c’è sempre il capo talebano che è stato pagato e che dopo qualche mese cambia idea. Non è semplice. Ma bisogna usare tutte le risorse per impedire di essere attaccato dal nemico pagandolo o distruggendolo. Quando il nemico è sostenuto dalla popolazione, bisogna mescolare i mezzi».
Il punto centrale allora sono i rapporti tra gli alleati della coalizione. Secondo il Times i passaggi di consegne avvengono in modo dilettantesco, con gli che italiani partono, i francesi arrivano e insufficienti scambi di informazioni. Che ne pensa?
« molto difficile dire se l’informazione è stata trasmessa alla persona giusta dal lato francese. Se la decisione è stata presa dal presidente del Consiglio in Italia e questi chiede ai Servizi, all’ex Sismi, di occuparsi della pratica, generalmente i militari sul terreno non vengono informati. Lo sanno soltanto quelli delle alte sfere politiche e militari, forse il capo di stato maggiore in Italia lo sa, ma nessuno sul campo. Se i soldati sul terreno sapessero che si paga il nemico, commetterebbero degli errori. Non è un vantaggio sapere per loro. Quindi se il Times ha ragione, i militari italiani in collegamento con quelli francesi sul teatro delle operazioni non avevano nessuna ragione di essere a conoscenza dei pagamenti».
Come giudica la strategia e tattica della Nato in Afghanistan?
«Male, perché si tratta di una guerra purtroppo persa in anticipo, e quando un Paese si impegna in un teatro di operazioni all’estero, deve considerare il senso degli eventi. I talebani non cederanno mai e l’ostilità agli interessi occidentali crescerà nella popolazione afghana. Propenderei per una strategia di ritiro prima che i talebani inizino a diventare davvero pericolosi.
Sul piano militare cosa bisogna fare per una efficace antiguerriglia?
« sempre più facile dire quello che non bisogna fare. Per noi francesi, soprattutto per quelli che conoscono la guerra di Algeria, niente è cambiato. Gli americani stanno riscoprendo tutto quello che noi francesi abbiamo fatto in Algeria e credono di reinventare. E invece la guerra tradizionale risponde a principi antichi e si usano le stesse strategie. Tutti sanno che sono le condizioni politiche a impedire la vittoria, le condizioni militari non bastano per vincere».
E la attività dei servizi segreti?
«Sul piano dell’informazione le cose migliorano progressivamente ma oggi si tratta soprattutto di informazioni raccolte da fuori in Afghanistan, con i droni, le intercettazioni telefoniche, le telecamere, la sorveglianza. Ma non abbiamo nessuno che sia nella testa di un talebano, non sappiamo distinguere un talebano da un afghano».