Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, la Repubblica 16/10/2009, 16 ottobre 2009
Ai giudici il "papello" di Riina "Ecco le 12 richieste della mafia"- Trattativa tra Cosa nostra e Stato: Ciancimino jr consegna il documento Dalla revisione del maxi processo alla abolizione del 41 bis, i punti per fermare le stragi PALERMO - Per non fare più stragi e per non fare più morti Totò Riina aveva messo sotto ricatto lo Stato italiano con un foglio
Ai giudici il "papello" di Riina "Ecco le 12 richieste della mafia"- Trattativa tra Cosa nostra e Stato: Ciancimino jr consegna il documento Dalla revisione del maxi processo alla abolizione del 41 bis, i punti per fermare le stragi PALERMO - Per non fare più stragi e per non fare più morti Totò Riina aveva messo sotto ricatto lo Stato italiano con un foglio. Un foglio solo, bianco e con alcune scritte in stampatello. Fra una riga e l´altra dodici punti: le dodici richieste della mafia presentate dopo l´omicidio di Falcone e prima dell´omicidio di Borsellino. Eccolo il papello dei Corleonesi: «La revisione del maxi processo... la liberazione dalle carceri degli ultrasettantenni... la modifica del reato di mafia che prevede l´arresto solo in flagranza di reato... la defiscalizzazione della benzina in Sicilia…». Un elenco dettato dal capo dei capi di Cosa Nostra e probabilmente scritto da uno dei suoi figli, una lunga lista estorsiva con un post it giallo sopra il foglio bianco. E un´altra scritta, questa volta a firma Vito Ciancimino: «Copia consegnata spontaneamente al colonnello Mario Mori dei carabinieri dei Ros». A diciassette anni dalle stragi e dai primi sospetti sulla "trattativa" fra alcuni apparati investigativi e i boss di Corleone, quello che è considerata la "prova" di un patto infame è in una cassaforte della procura di Palermo. Come aveva promesso, Massimo Ciancimino l´ha consegnato ai magistrati. Prima il "papello" e poi alcuni manoscritti di suo padre, altri fogli dove il vecchio don Vito fa riferimento a sporche vicende palermitane e cita a vario titolo i nomi di alcuni uomini politici. I primi due sono l´allora ministro dell´Interno Nicola Mancino e poi l´allora ministro della Difesa Virginio Rognoni. Materiale che serviva a don Vito per un suo libro. Fra una carta e l´altra ci sono annotazioni anche di suo figlio Massimo. Ma è quel foglio bianco e sono quei 12 punti che racchiudono la storia dell´estate siciliana del 1992, che raccontano le pretese deliranti di Totò Riina, che spiegano l´abitudine al negoziato di certi pezzi dello Stato. Il "papello" era nascosto in Liechtenstein ed è arrivato a Palermo attraverso tortuosi percorsi ancora ignoti. E poi via fax. Da Massimo Ciancimino al suo avvocato Francesca Russo. « una fotocopia, prima di ordinare una perizia grafica aspettiamo l´originale», fanno sapere i procuratori che intanto domani lo trasmetteranno ai loro colleghi di Caltanissetta, quelli che indagano sulle stragi Falcone e Borsellino. I dodici punti. Alcuni erano noti, come quello che chiedeva la modifica delle legge sui collaboratori di giustizia, la revisione del maxi processo, l´abolizione della legge sulla confisca dei beni. Altri si sovrappongono. Come quello su una rettifica generale della legge Rognoni-La Torre del 1992, approvata subito dopo l´omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Altri ancora sono del tutto inediti. Come quello sulla defiscalizzazione della benzina in Sicilia. O quello sulla liberazione dei detenuti anziani: «Carcere a casa per gli ultrasettantenni». O quello sui «traferimenti in carceri vicino casa e vicino famiglie di tutti i detenuti». E poi: l´abolizione della censura della corrispondenza con i familiari. E poi: l´abolizione del decreto del 41 bis. un particolare molto importante per gli investigatori questo del "decreto", perché data in modo preciso la trattativa in corso fra Corleonesi e carabinieri del Ros. Il 41 bis è ancora decreto fra le due stragi, viene convertito in legge solo il 7 agosto del 1992, tre settimane dopo la morte di Paolo Borsellino. Un´altra delle dodici richieste - la più insidiosa forse - chiede «l´arresto per mafia solo in fragranza (è scritto così, con la «r», ndr) di reato». E l´estensore corleonese precisa che non si possono arrestare mafiosi solo in quanto mafiosi, ma chiedono che l´arresto possa avvenire solo se i mafiosi vengono trovati in un summit, tutti insieme mentre complottano. una sorta di "immunità" quella desiderata dai boss, un po´ simile al trattamento che avevano riservato i parlamentari fino al 29 ottobre del 1993, data in cui è stata abolita l´autorizzazione a procedere per deputati e senatori. Questo foglio bianco compilato da Totò Riina è stato visto per la prima volta da Massimo Ciancimino fra le due stragi. «Era il mese di giugno del ”92», ha raccontato il figlio più piccolo di don Vito. Massimo va a prendere il "papello" da Caflish, un famoso bar di Mondello. Glielo consegna Antonino Cinà, un boss vicinissimo a Totò Riina. dentro una busta che Massimo Ciancimino non apre. Qualche giorno dopo, sempre a Mondello ma nella villa dei Ciancimino, Massimo trova suo padre che parla con il «signor Franco», un agente dei servizi segreti che da almeno un paio di decenni era in contatto con don Vito. Che gli passava e riceveva informazioni, che gli faceva avere anche passaporti falsi. in quella occasione che Massimo Ciancimino - racconterà lui ai procuratori - «ho visto il papello». Ed è anche in quella occasione che don Vito dice al «signor Franco» di organizzare a Roma «un incontro con i due». I due sono il colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, gli ufficiali del Ros che stavano portando avanti la trattativa - a questo punto una delle trattative - con i Corleonesi. L´incontro - sempre secondo i ricordi di Massimo Ciancimino - ci fu dopo qualche giorno ancora. A Roma. E don Vito mostrò il "papello" di Totò Riina ai due carabinieri. Il colonnello e il capitano hanno sempre negato questa circostanza: «Se avessimo visto una carta, l´avremmo consegnata a chi di dovere». Ma in tutto questo intrigo non è certo la prima volta che i due ufficiali dei Ros negano. Dopo le ultime indagini dell´estate, il colonnello e il capitano sembrano affondare sempre di più nelle sabbie mobili palermitane. Forse anche troppo. Quella sulla trattativa fra mafia e Stato è un´indagine che, da qualche mese e dopo diciassette anni, non sembra sbagliare una sola mossa o mancare un solo bersaglio. Se un difetto ce l´ha, quel difetto è che un´indagine troppo perfetta.