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 2009  ottobre 16 Venerdì calendario

LA FOTOCOPIA, LE DATE, I DUBBI


Ecco dunque, finalmente, il presunto papel­lo , seppure in fotocopia e trasmesso via fax. La «prova tangibile che la trattativa tra mafia e Sta­to non solo è esistita, ma è anche iniziata», l’ave­va definito il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia prima di vederlo. Ma ora al se­condo piano del palazzo di giustizia si respira aria di prudenza. Perché quel pezzo di carta è arrivato dopo mesi di tira e molla con chi l’ha fatto recapitare: Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso Vito, principale e con­troverso testimone nell’inchiesta sui contatti tra boss e istituzioni avviati a cavallo delle stra­gi mafiose del ”92. E perché manca ancora l’ori­ginale sul quale poter fare perizie e ulteriori ac­certamenti per provare a stabilirne la provenien­za.

Ciancimino jr dice che sopra c’è un post-it vergato dal padre in cui è scritto che fu conse­gnato «spontaneamente» all’allora colonnello dei carabinieri Mario Mori, ma un foglietto ade­sivo si può applicare e riapplicare ovunque. E, per esempio, Vito Ciancimino diede al colonnel­lo un altro documento, la bozza del libro che vo­leva pubblicare, sul quale può aver messo quel­l’appunto. Il che non significa che ci sia stata una manipolazione delle prove, ma semplice­mente che è possibile, e perciò bisogna procede­re con cautela. Come sanno bene i magistrati. Alcuni dei quali, per fare un altro esempio, sono rimasti perplessi leggendo che nel ”92 i capima­fia avessero in mente una legge sulla dissocia­zione da Cosa Nostra, sul modello di quella vara­ta per gli ex terroristi. Un’idea comparsa in alcu­ni colloqui intercettati solo molto tempo dopo, e che sarà tentata da qualche capomafia che al tempo del papello era libero, seppure latitante.

Pure Riina e Provenzano erano fuori, sembra­vano imprendibili e stavano mettendo in ginoc­chio lo Stato a suon di bombe; curioso che già immaginassero una via d’uscita da detenzioni ancora lontane. Anche la richiesta di chiudere le carceri speciali risulta un po’ strana, se scritta prima della strage di via D’Amelio, quando i boss detenuti erano ancora nelle prigioni «ordi­narie ».

In ogni caso l’oggetto misterioso inseguito per anni e promesso da mesi adesso c’è, e intor­no ad esso si potranno appuntare nuove indagi­ni. Come sui nuovi elementi acquisiti, ultime in ordine di tempo le rivelazioni sulle informazio­ni giunte a Borsellino poco prima della sua mor­te. Anche in quel caso, di fronte alle versioni contrapposte di chi conferma e chi nega, biso­gnerà appurare chi mente e perché. Con il dovu­to scrupolo e senza tralasciare nulla, perché 17 anni dopo quella stagione di sangue e di misteri non sono tollerabili altri errori.