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 2009  ottobre 15 Giovedì calendario

Il «banchiere razzista» che divide la Germania- La metà dei tedeschi è d’accordo con lui BERLINO – Raramente un ban­chiere centrale mette in confusione il proprio Paese

Il «banchiere razzista» che divide la Germania- La metà dei tedeschi è d’accordo con lui BERLINO – Raramente un ban­chiere centrale mette in confusione il proprio Paese. Thilo Sarrazin, membro del direttorio della un tem­po gloriosa Bundesbank, lo ha fatto e ha portato la Germania a dividersi e a discutere come poche volte negli ultimi anni. Non per la moneta. Per l’immigrazione. Sarrazin, un esperto di finanza socialdemocratico noto per la sua vena polemica, una decina di giorni fa aveva parlato con durez­za, sulla rivista Lettre International, della bassa qualità dell’immigrazio­ne in Germania e delle sue conse­guenze negative. Immediata reazio­ne delle comunità turche e arabe, ma anche di quella ebraica, che lo accu­savano di razzismo. Quindi, scatto politicamente corretto del presiden­te della Bundesbank, Axel Weber, che, martedì, gli riduceva le deleghe da tre a due in segno di punizione e di pacificazione con le lobby criti­che. Succede però che Sarrazin sta rac­cogliendo una valanga di solidarietà. Al punto che la banca centrale tede­sca è in enorme imbarazzo: da una parte è accusata di avere in seno uno xenofobo, dall’altra è criticata per un eccesso di zelo che va a limitare il di­ritto di espressione, sacro anche quando non tutti sono d’accordo. Nell’intervista, Sarrazin aveva so­stenuto che la Germania, soprattutto Berlino, ha attratto un’immigrazione dequalificata a causa della prevalen­te ideologia della sinistra. Il risulta­to, a suo parere, è stato che oggi c’è una parte di popolazione – il 70% dei turchi e il 90% degli arabi tede­schi – che rifiuta lo Stato, non ha «alcuna funzione produttiva se non nella vendita di frutta e verdura» e non manda nemmeno i figli a scuo­la. Secondo lui, invece, la Germania dovrebbe attrarre solo chi ha qualco­sa da dare e lasciare che gli altri vada­no altrove. Il risultato di questa situa­zione, infatti, è che in una città come Berlino il 40% dei nati viene da una «sottoclasse» emarginata che instu­pidisce la città e le impedisce di ave­re prospettive: «Berlino non sarà sal­vata dai berlinesi». Da quando ha perso gli ebrei, la capitale ha subito – spiega – prima l’ideologia del ”68 e, dopo, l’assistenzialismo e oggi è sotto una cappa politica «plebea e piccolo borghese». Le reazioni sono state fortissime: richiesta di dimissioni dalla Bunde­sbank, condanne morali, ricordi del nazismo. La deputata Spd Eva Högl vorrebbe che fosse espulso dal parti­to. Altri chiedono che ci pensi la ma­gistratura. Si è però scoperto che il 51% dei tedeschi è d’accordo con Sar­razin, sondaggio che ha cambiato le carte in tavola. Ieri, esponenti cristia­no- democratici e socialdemocratici hanno sostenuto che la decisione di punirlo nel direttorio della banca centrale è sproporzionata. «Una deci­sione non trasparente», ha detto il portavoce per la Finanza dell’Unione Cdu-Csu Otto Bernhardt. Le frasi di Sarrazin sono discutibili – ha affer­mato Peter Danckert della Spd – «ma un ridimensionamento del suo potere non è una sanzione propria». Un ex presidente della confindustria tedesca, Hans-Olaf Henkel, ha scrit­to un articolo sul quotidiano Die Welt per dire di essere d’accordo con lui. Persino nella comunità turca, al­cuni sono d’accordo con Sarrazin (avete presente gli immigrati italiani che si innamorano dell’efficienza e della solidità tedesca?). La gente – cosa non frequente in Germania – sui treni in questi gior­ni discute dei contenuti dell’ormai fa­mosa intervista: ha ragione lui, ha ra­gione ma ha usato toni eccessivi, ha PROTESTE Un dimostrante mostra un cartello con la foto di Thilo Sarrazin, davanti alla sede della Bundesbank a Francoforte. Il presidente della banca centrale, Axel Weber, ha ridotto le deleghe di Sarrazin da tre a due come punizione torto marcio. Il fatto è che, in Germa­nia come in quasi tutti i Paesi euro­pei, l’immigrazione è un problema sul quale la gente non vuole sentire frasi di solidarietà retorica: vuole analisi concrete e soluzioni. E sul fat­to che il Paese abbia attratto molti immigrati poveri e senza istruzione – un po’ per ragioni storico-politi­che un po’ per bisogno economico – non ci sono dubbi. Attorno alla «questione Sarrazin», dunque, si sono aperte una serie di discussioni interessanti. I partiti cri­stiano- democratico e liberale – che stanno tenendo colloqui per formare il nuovo governo – stanno per esempio prendendo in considerazio­ne l’idea di introdurre nella costitu­zione la frase «il tedesco è la lingua della Germania». Formulazione che porterebbe alla riduzione dei benefi­ci di assistenza sociale agli immigra­ti che si rifiutano di imparare la lin­gua del Paese. La questione è da mol­ti considerata il test chiave per distin­guere l’immigrazione che si vuole in­tegrare da quella che vuole solo ricre­are comunità etniche isolate e auto­sufficienti in terra tedesca. Dall’altra parte, le comunità turche hanno avanzato la proposta di stabilire per le scuole un giorno di vacanza nazio­nale in occasione di una festività isla­mica, valido per tutti gli studenti, non solo quelli musulmani. Sarebbe un gesto che favorisce la compren­sione e l’accettazione reciproca – di­cono. Thilo Sarrazin ha insomma aperto una breccia nel dibattito sull’immi­grazione e l’integrazione. La Bunde­sbank e l’establishment, per esem­pio, si sono improvvisamente accor­ti che il politicamente corretto, spes­so, non funziona più.