Danilo Taino, Corriere della sera 15/10/2009, 15 ottobre 2009
Il «banchiere razzista» che divide la Germania- La metà dei tedeschi è d’accordo con lui BERLINO – Raramente un banchiere centrale mette in confusione il proprio Paese
Il «banchiere razzista» che divide la Germania- La metà dei tedeschi è d’accordo con lui BERLINO – Raramente un banchiere centrale mette in confusione il proprio Paese. Thilo Sarrazin, membro del direttorio della un tempo gloriosa Bundesbank, lo ha fatto e ha portato la Germania a dividersi e a discutere come poche volte negli ultimi anni. Non per la moneta. Per l’immigrazione. Sarrazin, un esperto di finanza socialdemocratico noto per la sua vena polemica, una decina di giorni fa aveva parlato con durezza, sulla rivista Lettre International, della bassa qualità dell’immigrazione in Germania e delle sue conseguenze negative. Immediata reazione delle comunità turche e arabe, ma anche di quella ebraica, che lo accusavano di razzismo. Quindi, scatto politicamente corretto del presidente della Bundesbank, Axel Weber, che, martedì, gli riduceva le deleghe da tre a due in segno di punizione e di pacificazione con le lobby critiche. Succede però che Sarrazin sta raccogliendo una valanga di solidarietà. Al punto che la banca centrale tedesca è in enorme imbarazzo: da una parte è accusata di avere in seno uno xenofobo, dall’altra è criticata per un eccesso di zelo che va a limitare il diritto di espressione, sacro anche quando non tutti sono d’accordo. Nell’intervista, Sarrazin aveva sostenuto che la Germania, soprattutto Berlino, ha attratto un’immigrazione dequalificata a causa della prevalente ideologia della sinistra. Il risultato, a suo parere, è stato che oggi c’è una parte di popolazione – il 70% dei turchi e il 90% degli arabi tedeschi – che rifiuta lo Stato, non ha «alcuna funzione produttiva se non nella vendita di frutta e verdura» e non manda nemmeno i figli a scuola. Secondo lui, invece, la Germania dovrebbe attrarre solo chi ha qualcosa da dare e lasciare che gli altri vadano altrove. Il risultato di questa situazione, infatti, è che in una città come Berlino il 40% dei nati viene da una «sottoclasse» emarginata che instupidisce la città e le impedisce di avere prospettive: «Berlino non sarà salvata dai berlinesi». Da quando ha perso gli ebrei, la capitale ha subito – spiega – prima l’ideologia del ”68 e, dopo, l’assistenzialismo e oggi è sotto una cappa politica «plebea e piccolo borghese». Le reazioni sono state fortissime: richiesta di dimissioni dalla Bundesbank, condanne morali, ricordi del nazismo. La deputata Spd Eva Högl vorrebbe che fosse espulso dal partito. Altri chiedono che ci pensi la magistratura. Si è però scoperto che il 51% dei tedeschi è d’accordo con Sarrazin, sondaggio che ha cambiato le carte in tavola. Ieri, esponenti cristiano- democratici e socialdemocratici hanno sostenuto che la decisione di punirlo nel direttorio della banca centrale è sproporzionata. «Una decisione non trasparente», ha detto il portavoce per la Finanza dell’Unione Cdu-Csu Otto Bernhardt. Le frasi di Sarrazin sono discutibili – ha affermato Peter Danckert della Spd – «ma un ridimensionamento del suo potere non è una sanzione propria». Un ex presidente della confindustria tedesca, Hans-Olaf Henkel, ha scritto un articolo sul quotidiano Die Welt per dire di essere d’accordo con lui. Persino nella comunità turca, alcuni sono d’accordo con Sarrazin (avete presente gli immigrati italiani che si innamorano dell’efficienza e della solidità tedesca?). La gente – cosa non frequente in Germania – sui treni in questi giorni discute dei contenuti dell’ormai famosa intervista: ha ragione lui, ha ragione ma ha usato toni eccessivi, ha PROTESTE Un dimostrante mostra un cartello con la foto di Thilo Sarrazin, davanti alla sede della Bundesbank a Francoforte. Il presidente della banca centrale, Axel Weber, ha ridotto le deleghe di Sarrazin da tre a due come punizione torto marcio. Il fatto è che, in Germania come in quasi tutti i Paesi europei, l’immigrazione è un problema sul quale la gente non vuole sentire frasi di solidarietà retorica: vuole analisi concrete e soluzioni. E sul fatto che il Paese abbia attratto molti immigrati poveri e senza istruzione – un po’ per ragioni storico-politiche un po’ per bisogno economico – non ci sono dubbi. Attorno alla «questione Sarrazin», dunque, si sono aperte una serie di discussioni interessanti. I partiti cristiano- democratico e liberale – che stanno tenendo colloqui per formare il nuovo governo – stanno per esempio prendendo in considerazione l’idea di introdurre nella costituzione la frase «il tedesco è la lingua della Germania». Formulazione che porterebbe alla riduzione dei benefici di assistenza sociale agli immigrati che si rifiutano di imparare la lingua del Paese. La questione è da molti considerata il test chiave per distinguere l’immigrazione che si vuole integrare da quella che vuole solo ricreare comunità etniche isolate e autosufficienti in terra tedesca. Dall’altra parte, le comunità turche hanno avanzato la proposta di stabilire per le scuole un giorno di vacanza nazionale in occasione di una festività islamica, valido per tutti gli studenti, non solo quelli musulmani. Sarebbe un gesto che favorisce la comprensione e l’accettazione reciproca – dicono. Thilo Sarrazin ha insomma aperto una breccia nel dibattito sull’immigrazione e l’integrazione. La Bundesbank e l’establishment, per esempio, si sono improvvisamente accorti che il politicamente corretto, spesso, non funziona più.