15 ottobre 2009
Carlo D’Urzo, 15 anni. Di Torre del Greco, figlio adottivo di impiegato del Comune e di una dietologa di successo, due fratelli, tifoso del Turris, spesso andava allo stadio col padre, era iscritto ai boyscout, sognava di diventare marinaio e, «schivo e timido, ma bravo a scuola», frequentava la terza A dell’istituto Nautico Cristoforo Colombo
Carlo D’Urzo, 15 anni. Di Torre del Greco, figlio adottivo di impiegato del Comune e di una dietologa di successo, due fratelli, tifoso del Turris, spesso andava allo stadio col padre, era iscritto ai boyscout, sognava di diventare marinaio e, «schivo e timido, ma bravo a scuola», frequentava la terza A dell’istituto Nautico Cristoforo Colombo. Mercoledì 7 ottobre scrisse su Facebook «meno uno, sto arrivando all’aldilà», ma nessuno degli amici se ne preoccupò, ritenendo che quella frase alludesse a un compleanno o a un evento speciale. Il giorno dopo andò a scuola, e poi, come spesso accadeva quando i genitori erano fuori per lavoro, pranzò dalla nonna, che accompagnandolo alla porta gli disse la solita frase: «Fammi uno squillo quando arrivi». Giunto a casa lui le telefonò, poi scrisse su Facebook «addio mondo crudele», abbassò la persiana della sua cameretta, si strinse una cintura intorno al collo, e s’impiccò a una trave del soffitto. Il padre lo trovò che penzolava sopra il letto, sotto di lui la magliette del Turris e quella degli scout e un biglietto scritto a mano per genitori e amici: «Non è per voi che faccio tutto questo». Giovedì 8 ottobre in uno appartamento del quartiere Sant’Antonio a Torre del Greco, Napoli.