Pierluigi Mantini, ItaliaOggi 15/10/2009, 15 ottobre 2009
Anche le professioni sono in crisi e meritano un aiuto - Producendo il 12% del pil sono una categoria essenziale per lo sviluppo del Paese - E invece, pur con 300 mila posti a rischio, sono state dimenticate dalle misure di sostegno - L’Italia va un po’ meglio della media europea, ma la recessione non risparmia nessuno
Anche le professioni sono in crisi e meritano un aiuto - Producendo il 12% del pil sono una categoria essenziale per lo sviluppo del Paese - E invece, pur con 300 mila posti a rischio, sono state dimenticate dalle misure di sostegno - L’Italia va un po’ meglio della media europea, ma la recessione non risparmia nessuno. Anche i più quotati opinionisti della grande stampa sembrano accorgersi, sebbene solo ora dopo aver esaltato le virtù del liberismo, che la crisi del sistema economico e finanziario investe anche le professioni intellettuali e il terziario qualificato. Il forte rallentamento dell’economia ha duramente colpito il fatturato degli studi professionali, si è drasticamente ridotto il volume degli affari e le conseguenti richieste di servizi professionali, perché non dimentichiamo che se le aziende soffrono e riducono gli organici, i professionisti che le assistono ne subiscono di riflesso le drammatiche conseguenze. Dall’altro lato, si dilazionano a dismisura i pagamenti da parte della pubblica amministrazione per i servizi professionali già resi o in essere. Una miscela esplosiva che ha messo in ginocchio buona parte dei professionisti italiani. Secondo le stime del Cup Nazionale (Comitato unitario delle professioni), che rappresenta quasi 2 milioni di professionisti riuniti in ordini e collegi, si ipotizza un calo del fatturato degli studi professionali nella media del 25% in meno nel solo 2009: i più sofferenti saranno gli architetti e gli ingegneri, ricomprendo anche tutto il loro indotto, con un taglio alle entrate di circa il 30% in meno a causa della grave crisi di domanda che ha colpito il mercato immobiliare; seguono a ruota le professioni economiche con una drastica riduzione del fatturato di circa il 15% a causa del drastico calo di lavoro delle aziende. Si calcolano circa 300mila posti di lavoro a rischio, entro la fine del 2009: consulenti e collaboratori a partita Iva i cui contratti saranno cancellati dai grandi studi professionali costretti a tagliare gli organici per sopravvivere, liberi professionisti per cui non sono previsti ammortizzatori sociali o misure di tutela straordinarie. Senza contare gli oltre un milione di lavoratori dipendenti degli studi professionali che sono le prime vittime della crisi in atto. A costoro devono essere purtroppo sommati anche i piccoli professionisti, circa 800mila lavoratori intellettuali, titolari di studi propri o operanti in proprio, specialisti facenti parte di quella miriade di piccole realtà costrette a chiudere, a riconvertirsi, a sperimentare altri settori se non proprio a cambiare lavoro. In sintesi, i professionisti risultano esclusi dal novero degli aventi diritto delle seguenti misure anticrisi varate dal Governo: detassazione investimenti (decreto-legge n. 78 del 2009 Tremonti-ter); incentivi alla capitalizzazione (decreto-legge n. 78 del 2009); premio occupazione e potenziamento degli ammortizzatori sociali (decreto-legge n. 78 del 2009); moratoria sui prestiti bancari (decreto-legge n. 78 del 2009); bonus aggregazioni per conferimenti, fusioni e scissioni (articolo 1, comma 242 legge n. 296 del 2006). Questo terremoto che investe il mercato delle professioni intellettuali si sta consumando nella pressoché totale disattenzione generale visto che il governo è da tempo, nonostante le ripetute sollecitazioni, sordo alle richieste del settore. In particolare si deve notare la disparità di trattamento tra lavoratori autonomi e Pmi, nonostante le diverse affermazioni tendenti a equiparare questi soggetti. Occorre invece ben comprendere che le professioni, nella larga maggioranza, sono parte di quel ceto medio che la crisi spinge verso nuove difficoltà e soglie di povertà. Soprattutto è impensabile che, nella seria crisi finanziaria ed economica che attraversa il mondo, si continui a parlare di lavoratori e imprese e non siano neppure citate le professioni italiane, tradizionali e nuove, che esprimono oltre 4 milioni di soggetti per una quota di attività superiore al 12 % del Pil, costituiscono una risorsa essenziale del Paese per continuare a crescere nell’economia della conoscenza e dei servizi. Sono state proposte in parlamento misure ragionevoli e sostenibili per il settore: garanzie per l’accesso al credito e confidi per i professionisti, crediti di imposta per la formazione obbligatoria permanente e, con limiti, per l’acquisto di dotazioni informatiche, determinazione certa della soglia di esenzione dall’Irap, incentivi fiscali per le associazioni professionali. A ciò andrebbe aggiunta l’intera deducibilità dell’Irap per i professionisti così come richiesto dall’Unione Europea. La maggioranza di governo dichiara di tutelare professionisti e partite iva. Ma la riforma in parlamento langue e nella finanziaria 2010 non ci sono misure per le professioni in crisi. Occorrono più fatti e coerenza, più attenzione per le nuove forme del lavoro.