Roberto Miliacca, ItaliaOggi 15/10/2009, 15 ottobre 2009
L’agenda al governo la detta Fini - Il presidente della camera anticipa i temi dell’incontro con il Cav della prossima settimana sulle riforme - Gianfranco Fini supera a destra Silvio Berlusconi
L’agenda al governo la detta Fini - Il presidente della camera anticipa i temi dell’incontro con il Cav della prossima settimana sulle riforme - Gianfranco Fini supera a destra Silvio Berlusconi. Slittato di qualche giorno l’incontro con il premier per fare il punto sulle riforme da portare avanti e quelle da far attendere un giro, ieri il presidente della camera ha deciso di anticipare al capo del governo quella che secondo lui è l’agenda. Che non è esattamente quella del Cavaliere, troppo spesso legata alle sue vicende giudiziarie o alle pressioni degli alleati della Lega. Parlando da Francoforte, dove è andato per l’inaugurazione della Buchmesse, il numero due del Popolo della libertà ha voluto mettere i puntini sulle i su cosa va fatto e quando. Sulla giustizia, per esempio. Anche se ieri a far da apripista al Fini-pensiero ci aveva pensato, in un’intervista al Corriere, il presidente della commissione giustizia, Giulia Bongiorno, che aveva ribadito la necessità di una riforma condivisa anche con l’opposizione, «fatta per tutti» e non solo per uno (l’allussione alle vicende del premier era chiarissima), è stato lo stesso Fini a ribadire meglio il concetto. Innanzitutto, la terza carica dello Stato ha voluto mettere il suo veto a una riforma che porti, di fatto, alla subordinazione del pubblico ministero alle direttive del governo. «Un conto è la separazione delle carriere dei magistrati, un altro è che il pm sia sottoposto ad altri poteri se non a quello dell’ordine giudiziario», ha detto l’ex leader di Alleanza nazionale. Ricordando che in Parlamento sono pendenti diverse proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, Fini ha quindi ribadito la sua idea: «Su un tema di cui si è discusso come l’ipotesi di carriere separate per i magistrati non ho cambiato opinione sul fatto che la Costituzione va rispettata sul principio di assoluta indipendenza di tutti i magistrati». Insomma, sì alle carriere separate tra giudici e pubblici ministeri all’interno dell’ordinamento giudiziario, ma no a influenze del potere esecutivo sulla magistratura per indirizzarne l’esercizio dell’azione penale (anche se la Bongiorno era stata più tranchant, su questo punto, dicendo che l’obbligatorietà dell’azione penale, oggi, «non viene rispettata dai magistrati, un po’ per il troppo carico di lavoro, un po’, per dirla malignamente, perchè scelgono»). L’Anm ha apprezzato le parole di Fini sul voler salvaguardare l’indipendenza del magistrato, ma al tempo stesso ha ribadito che sarebbe un errore separare le carriere di giudici e pubblici ministeri. Il presidente della camera ha poi insistito sulle riforme istituzionali da fare con un’ampia maggioranza e non , come dice invece sempre il premier, senza l’opposizione. «Sulla fine del bicameralismo perfetto, sulla riduzione dei parlamentari e su nuove forme di equilibrio tra potere esecutivo e legislativo si possono fare riforme che siano approvate con una larga maggioranza quale è quella prevista dall’articolo 138 della Costituzione, indispensabile per evitare l’ipotesi non automatica ma già attivata in passato di un referendum confermativo» ha spiegato Fini, ricordando come la precedente riforma costituzionale della Pdl fece flop proprio a causa del referendum. Infine, il federalismo. Dopo giorni di attacchi alla Lega, Fini ammette: «sulla necessità di portare a compimento il processo federalista in corso, indispensabile perchè abbia un modello istituzionale che gli offra uno sbocco. Non credo che in parlamento ci sia alcuna forza politica contraria o ostile a questa riforma». Solo che il presidente della Camera pensa a un federalismo che garantisca l’unità del paese, e non a un suo sbrindellamento, come fa la Lega.