Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 15 Giovedì calendario

Così Obama condanna il dollaro al declino permanente - Se non verrà cambiata la politica economica, negli Usa il rapporto debito pubblico/pil supererà il 100% a partire dal 2011 - Spesa senza precedenti, disavanzo pubblico senza fine, accumulo di debito pubblico senza scrupoli: sono queste le tendenze in atto nella definizione del futuro finanziario degli Stati Uniti

Così Obama condanna il dollaro al declino permanente - Se non verrà cambiata la politica economica, negli Usa il rapporto debito pubblico/pil supererà il 100% a partire dal 2011 - Spesa senza precedenti, disavanzo pubblico senza fine, accumulo di debito pubblico senza scrupoli: sono queste le tendenze in atto nella definizione del futuro finanziario degli Stati Uniti. E dal momento che, almeno a prima vista, la debolezza delle politiche monetarie e del dollaro fanno parte del pacchetto, non sorprende che in tutto il mondo si stiano cercando valute alternative con cui calcolare e difendere il patrimonio. Forse è ancora troppo presto per liquidare il dollaro come una valuta ormai decaduta. La moneta statunitense è ancora la divisa maggiormente utilizzata nelle transazioni internazionali e costituisce oltre il 60% delle riserve internazionali ufficiali depositate al di fuori dei confini degli Stati Uniti. Ma al momento la sua reputazione è gravemente compromessa. Washington potrebbe dimostrare che l’America crede ancora nella possibilità di ristabilire l’integrità del dollaro e passare nuovamente alla guida dell’economia mondiale. Ma nonostante il gran parlare che si fa nell’amministrazione Obama sulla necessità di rispettare la disciplina fiscale, le cifre previste per il bilancio annunciano una situazione permanente di spesa pubblica in disavanzo e livelli assai maggiori di debito pubblico residuo. Il presidente Obama promette di riuscire a portare il deficit dall’attuale 9,9% del pil a un 4,8% medio per gli anni 2015-2019. Ma se anche il deficit riuscisse a diminuire di qualche punto percentuale sul pil, resterà comunque deficit e andrà ad aggiungersi all’importo del debito residuo del nostro paese, che corrisponde al totale cumulato degli importi annui del disavanzo di bilancio. Nel 1999 il debito pubblico statunitense corrispondeva al 61,4% del pil; nel 2008 (con l’amministrazione Bush) è salito al 70,2%; quest’anno raggiungerà il 90,4%, toccando quota 100% nel 2011, dopodiché fino al 2019 il livello previsto continuerà a essere pari o superiore alla produzione economica complessiva annua del nostro paese. Gli Stati Uniti, perciò, sono destinati a raggiungere i paesi, come Zimbabwe, Giappone, Libano, Singapore, Giamaica e Italia, con il più alto rapporto debito pubblico/pil. Nel 2008, gli Stati Uniti erano al ventitreesimo posto dell’elenco, ma superando la soglia del 100% il nostro paese balzerebbe direttamente al settimo posto. Se foste un paese straniero, vorreste aumentare i titoli di Stato Usa nel vostro portafoglio sapendo che per i prossimi dieci anni il governo statunitense non avrà intenzione di bilanciare il deficit e quindi non potrà registrare surplus? I paesi dell’Unione Europea che chiedono di adottare l’euro devono innanzitutto portare il debito pubblico al di sotto del 60% del pil, il livello di riferimento richiesto per dimostrare «la qualità e sostenibilità delle finanze pubbliche». Per i politici la prospettiva di stampare nuova moneta è fin troppo allettante (una cosa che gli europei sanno dai tempi della repubblica di Weimar) e un finanziamento eccessivo del settore pubblico costituisce una minaccia per la stabilità della moneta. Intanto, il resto del mondo cerca semplicemente di evitare di essere imbrogliato. Ecco perché in Cina e Russia i grandi investitori nel dollaro vogliono inventare una sorta di nuova valuta mondiale per denominare le attività di riserva. Ecco perché i paesi produttori di petrolio del Golfo si domandano se sia il caso di continuare a fissare il prezzo delle esportazioni di energia in dollari deprezzati. Ed ecco perché le banche centrali di tutto il mondo stanno abbandonando il dollaro a favore di valute alternative, anche se il calo della domanda globale sta esacerbando il declino del dollaro. Finché gli Stati Uniti non invieranno segnali convincenti di fiducia sulla forza del dollaro, il mondo avrà poche ragioni per conservare titoli denominati in dollari. Purtroppo, a causa della difficile situazione fiscale americana, la Federal Reserve potrebbe essere costretta ad andare contro l’interesse dell’economia nazionale, aumentando i tassi di interesse per attirare capitali esteri. Sfortunatamente questo è il prezzo da pagare per esserci già arresi a una politica fiscale e monetaria simbiotica. Assumendo un impegno serio a beneficio della crescita economica del settore privato mediante la riduzione delle tasse e al tempo stesso tagli considerevoli alla spesa pubblica futura, si potrebbe sperare di invertire la rotta. Negli anni 80, con l’amministrazione Reagan, il presidente della Fed Paul Volcker riuscì ad abbattere l’inflazione e a rafforzare il dollaro con una vigorosa stretta del credito. Fu un periodo difficile, ma alla fine l’economia tornò a prosperare.