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 2009  ottobre 13 Martedì calendario

«Fox News non è una tv, è un partito» Obama alla resa dei conti con Murdoch- WASHINGTON – La pole­mica tra la Casa Bianca di Ba­rack Obama e Fox News data sin dall’esordio della nuova Amministrazione e risale già ai tempi della campagna elet­torale

«Fox News non è una tv, è un partito» Obama alla resa dei conti con Murdoch- WASHINGTON – La pole­mica tra la Casa Bianca di Ba­rack Obama e Fox News data sin dall’esordio della nuova Amministrazione e risale già ai tempi della campagna elet­torale. Prediletto dai repubbli­cani di George W. Bush, il ca­nale d’informazione di pro­prietà di Rupert Murdoch non ha mai nascosto le sue simpa­tie politiche e non risparmia nulla al presidente democrati­co, comprese le calunnie, sia pur mascherate da informazio­ne obiettiva, come quella di dare spazio alla leggenda me­tropolitana che Obama non è nato negli Stati Uniti. La Casa Bianca ha sempre ri­sposto piccata, a volte metten­do in atto aperte rappresaglie, come quella di escludere la Fox dalle interviste presiden­ziali, limitare quelle dei fun­zionari governativi o negare le domande ai suoi giornali­sti durante i briefing. Ma da ieri, il livello dello scontro si è alza­to. E il quartier gene­rale dell’Amministra­zione ha messo l’el­metto. «Li trattere­mo come un partito d’opposizione, poi­ché stanno condu­cendo una guerra contro Barack Obama e non possiamo far fin­ta di pensare che questo sia il comportamento legittimo di un organo d’informazione», ha detto al New York Times Anita Dunn, direttore delle co­municazioni della White Hou­se. Sembra quindi fallita l’appa­rente trattativa su una tregua, tentata in settembre nel corso di un incontro a New York tra David Axelrod, principale con­sigliere di Obama e il presiden­te di Fox News , Roger Ailes. Ma la dura dichiarazione di Dunn ha avuto come primo ef­fetto di galvanizzare il network, che continua a regi­strare ottimi share ed è ormai la fonte d’informazione di rife­rimento dell’opinione pubbli­ca conservatrice. «Invece di governare – è stata la rispo­sta di Michael Clemente, uno dei vice di Ailes – la Casa Bianca si comporta come se fosse ancora in campagna elet­torale. Farebbe bene a riserva­re le sue energie ai temi che preoccupano gli elettori». In ogni caso, ha chiosato un al­tro dei dirigenti, Bill Shine, «ogni volta che ci attaccano, i nostri rating vanno su». E’ un fatto che la scorsa settimana, Fox abbia avuto una media giornaliera record di 1,2 milio­ni di spettatori, 200 mila in più dello stesso periodo nel 2008 e sopra il massimo stori­co del 2003, 1,1 milioni all’ini­zio della guerra in Iraq. Che la programmazione po­litica del network sia quanto meno di parte, ci sono pochi dubbi. Molto più della parte informativa, dalle 9 alle 16 e dalle 18 alle 20, che Fox con qualche argomento, difende come obiettiva, sono infatti i suoi opinionisti a farne la ci­fra e il successo: da Bill O’Reil­ly al nuovo fenomeno Glenn Beck, che definisce Obama un «razzista» e ha costretto alle dimissioni il consigliere per l’ambiente Van Jones, accusan­dolo di essere «un radicale anarco-comunista»; a Sean Hannity, che tratta i birthers, quelli che appunto accusano il presidente di non essere americano, come se sostenes­sero un argomento serio e non invece l’indegna bugia che è. Lo stesso Obama, in giu­gno, aveva tirato una stoccata al network, sia pur senza no­minarlo: «C’è una stazione te­levisiva interamente dedita ad attaccare la mia Amministra­zione – aveva detto ”, se la guardate per un giorno sarà difficile che troviate una sola storia positiva su di me». Scegliendo di «non legitti­mare Fox in quanto organo d’informazione», come ha spiegato Anita Dunn, la Casa Bianca ha forse fatto il calcolo di poter recuperare le simpa­tie della sua base progressista, che vede il network come lo sterco del diavolo. Ma la scel­ta di andare allo scontro mo­stra anche il fianco debo­le dell’Amministrazio­ne, confermandone l’ipersensibilità e l’os­sessione di «controlla­re » il suo messaggio, che le vengono rim­proverati dall’intero mondo dei media americani, compresi quelli liberal e più in­dulgenti verso il presi­dente democratico.