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 2009  ottobre 13 Martedì calendario

SURPLUS DI OFFERTA PER IL GAS

Evocata, descritta, minacciata, temuta o al contrario auspicata, la "bolla del gas" in Italia è stata per anni oggetto di dibattito, senza mai tradursi in realtà. Stavolta però forse ci siamo: rischia di arrivare troppo metano rispetto a quello che riusciamo a consumare. Meglio: la domanda è scesa ma le forniture no, legate a contratti rigidi di take-or-pay. Si sa che quando la domanda è assai più bassa dell’offerta, i prezzi scendono: questa disponibilità di metano farà scendere i costi per i consumatori? Con ogni probabilità qualche ribasso è prevedibile per i clienti industriali, ma le famiglie difficilmente vedranno sconti rilevanti in bolletta.
Dopo anni di forte crescita, seguiti da una fase di stabilizzazione intorno a 85 miliardi di metri cubi, nel 2009 per la prima i consumi di gas crollano: nel periodo gennaio-agosto il calo è del 12% mentre in settembre – rileva l’Anigas – l’Italia ha bruciato 5.154 milioni di metri cubi di metano, il 9,2% in meno rispetto allo stesso mese del 2008. A meno di un’improbabile,repentina inversione di tendenza, a fine anno la riduzione sarà di 8-8,5 miliardi di metri cubi. Colpa della crisi economica, che ha ridotto la domanda industriale di metano e di elettricità (al 57% prodotta bruciando metano).
Il surplus si accompagna con un irripetibile momento di grande espansione della capacità di importazione del combustibile: a giorni sarà inaugurato il nuovo rigassificatore di Rovigo (importerà via nave 8 miliardi di metri cubi di gas in più), è in servizio da mesi il potenziamento del metanodotto che viene dall’Algeria (6,5 miliardi) e sta per entrare nel vivo il potenziamento del gasdotto dalla Russia (altri 6,5 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas). In tutto, una ventina di miliardi di metri cubi in aggiunta alla capacità di importazione. Gli stoccaggi di metano, vecchi giacimenti vuoti che vengono riempiti per assecondare l’incostanza dei consumi,sono colmi all’inverosimile e il clima mite non fa pensare a una domanda extra.
Per Davide Tabarelli, direttore di Nomisma Energia, non ci sono dubbi: «Questo è un caso classico di bolla del gas. Il mercato non è più nelle mani dei venditori, ma dei compratori». Una situazione inedita, che sta provocando reazioni altrettanto inedite. Non tanto sui prezzi, purtroppo: per le famiglie le tariffe del gas sonofissate dall’Autorità per l’energia e – benché la bolletta sia più leggera dell’anno scorso – restano legate alle quotazioni petrolifere. Qualche opportunità di risparmio in più, almeno in teoria, è per le imprese, che possono rifornirsi sui mercati spot a prezzi dimezzati ma soltanto all’estero, perché in Italia il Punto di scambio virtuale non è ancora abbastanza liquido. Qualche scossone si sta verificando. Un segnale significativoè l’inversione del flusso del Tag: una parte della capacità del gasdotto, normalmente utilizzato per importare gas, è stata messa a disposizione fino a ottobre 2010 per esportare dall’Italia. «Un primo vagito dell’hub energetico – dice Tabarelli – che l’Italia aspira a diventare».
Non era mai successo nemmeno che i maggiori importatori di gas europei – Eni compresa – si ritrovassero a dover fare i conti con i take-or-pay: clausole dei contratti di fornitura a lungo termine, che impongono di pagare quasi per intero anche il gas che non viene ritirato.
Presentando le stime Eurogas – che vedono consumi in calo del 7% in Europa nel 2009, seguiti da un +1% nel 2010 – Domenico Dispenza, presidente dell’associazione ( oltre che direttore generale Gas & Power dell’Eni), ha dipinto la situazione con estrema chiarezza: «Prevediamo enormi quantitativi di gas disponibile a prezzi bassi. L’attuale eccesso di offerta potrebbe sfociare in un passaggio di massa verso un pricing che segue le punte e le valli degli indici spot e in aspre rinegoziazioni con i fornitori».
L’Eni si muove con grande riservatezza ma in una nota del 29 settembre ha comunque ammesso che in un incontro a Mosca tra l’amministratore delegato Paolo Scaroni e il presidente della Gazprom, Aleksei Miller, si era discusso anche di «forniture di gas verso l’Europa nell’attuale contesto di crisi generale del settore». «Fanno benissimo a rinegoziare – dice Tabarelli – Quello che sta succedendo è davvero straordinario. Eni è abile nelle trattative ed è in buoni rapporti con Gazprom, quindi è probabile che riesca a ottenere uno sconto. Nella peggiore delle ipotesi credo che l’Italia sarà costretta a non ritirare circa 4 miliardi di metri cubi, per un valore intorno a 800 milioni di euro. Un minimo di flessibilità è prevista anche nei take-or-pay e l’Eni non è l’unico operatore con obblighi contrattuali di questo tipo. Tutto sommato potrebbe cavarsela con 400-500 milioni».
Il problema è che i consumi industriali potrebbero restare depressi a lungo. «Bisogna capire in che misura la caduta è temporanea o se non si tratta piuttosto di una diminuzione strutturale, legata alla chiusura di alcune imprese », dice Claudio Di Macco, consigliere tecnico-scientifico dell’Autorità dell’energia. Non bisogna abbassare la guardia: nemmeno in periodi di crisi economica, infatti, il nostro sistema del gas è a prova di emergenza. «Oggi non vediamo un’abbondanza di gas – osserva Di Macco – ma soltanto di capacità, il che è ben diverso. Soprattutto, però, è un grave errore concentrarsi sulla domanda a livello annuale. Bisogna guardare alla punta massima dei consumi giornalieri: è lì che siamo molto carenti, soprattutto se i giorni più freddi dell’inverno troveranno gli stoccaggi quasi vuoti».