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 2009  luglio 28 Martedì calendario

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Troppe sagre in Italia mettono in ginocchio i ristoranti che sono già colpiti dalla crisi. La denuncia arriva da FipeConfcommercio, che sta raccogliendo i dati sul fenomeno in un libro bianco. I primi risultati dell’ indagine sono inquietanti: il dilagare delle sagre di piazza, specialmente d’estate, che sono migliaia in tutta Italia, e presentano «una ricca offerta eno-gastronomica a pochi euro», sta penalizzando l’ attività dei ristoratori che, secondo Confcommercio, «vedono dimagrire i loro incassi fino all’ 80%». Polemiche, proteste, e «guerre della salamella» tra ristoratori e associazioni che organizzano le sagre, stanno scoppiando un po’ in tutta Italia, da Firenze a Cremona a Brescia, dove solo nel 2008 si sono contate ben 1.600 sagre, fra storiche, religiose, politiche, enogastronomiche. «Confcommercio in generale ha ragione, noi ristoratori dovremmo essere aiutati anziché penalizzati - commenta il celebre chef Gianfranco Vissani - però non me la sento di dare addosso alle sagre. Solitamente hanno un pubblico diverso da quello dei ristoranti, si svolgono prevalentemente d’estate, e nelle zone dell’ interno con un intento di valorizzazione del territorio. Penso perciò che non sia giusto contrapporre sagre a ristoranti in una guerra».
Sostiene il segretario nazionale del Partito Pensionati, Carlo Fatuzzo - che L’ Italia da Nord a Sud, è il paese delle sagre, dove si festeggia di tutto, dal Santo patrono alla zucchina gigante. E ci sono sagre per tutti i gusti. Quelle della cozza e quelle del baccalà, della fragola e dell’ asparago, della porchetta e della patata, del panzerotto e della melanzana, del caciocavallo e del torrone. Ma sono proprio quelle che, secondo il direttore di FipeConfcommercio Edi Sommariva, «penalizzano gli incassi dei ristoratori in media del 25% e fino a punte dell’ 80%». «Le feste in piazza ci stanno facendo chiudere, siamo disperati - accusa Diego Franceschini, ristoratore di Travagliate, nel bresciano - gli organizzatori di queste feste fanno un sacco di soldi, non pagano le tasse e non rispettano alcuna norma igienico-sanitaria».

[..]2 Un attacco giusto contro le sagre oppure una battaglia di convenienza in tempo di crisi? E’ necessario un distinguo, così come fatto dall’assessorato all’agricoltura della provincia di Arezzo che ha "controllato" le manifestazioni enogastronomiche del suo territorio giungendo alla conclusione che solo una su tre ha le prerogative di sagra verace. Partiamo dalla storia dei territori; nel tempo la dies sagra (o sacrum) di connotazione religiosa è diventata festa della società rurale, fino la declino dovuto ai nuovi stili di vita , segnati dal "fast" e dai supermercati. Poi, all’improviso, il revival: ricerca di spazi di convivialità e corsa al "genuino", al locale, alle radici, al prodotto d’antan. Così è rinata la sagra, che spesso ha rappresentato un medium per far conoscere quei giacimenti gastronomici dimenticati dai market della grande distribuzione e qualche volta salvarli dall’estinzione e dal silenzio. Il fenomeno ha inoltre favorito la riscoperta di borghi dimenticati, musei periferici, centri storici, chiese, abbazie. Il successo di molte sagre ha fatto sì che in ogni angolo d’Italia ci fosse una proliferazione di tavolate che non hanno un’anima, NON sono espressione della cultura materiale di un territorio e, soprattutto, sono solo business per pochi pseudo oganizzatori. Non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca, occorre una regolamentazione della sagra, legata ad una prodotto del territorio e con un buon funzionamento (norme igieniche, smaltimento dei rifiuti, etc).