Paolo Colonnello, La Stampa 10/10/2009, 10 ottobre 2009
PAOLO COLONNELLO
MILANO
«La qualifica professionale dell’imputato Mills e la callidità dimostrata, non lo rendono certo meritevole di una riduzione della pena...». Si apre il processo d’appello per la corruzione in atti giudiziari di David Mills e si arriva subito al dunque: il pg Laura Bertolè Viale anticipa la richiesta di condanna dell’imputato unico, parla di «una corruzione provata» e prefigura gli scenari di un dibattimento di secondo grado che rischia di concludersi ancor prima del previsto.
Un processo lampo, visto che il collegio di secondo grado (giudici Spina, Maiga, La Pertosa), al termine di questa prima udienza detta un calendario stringatissimo: altre due date per le arringhe della difesa e una camera di consiglio prevista già il 27 ottobre, dove si deciderà se procedere subito con una sentenza oppure rinnovare parzialmente il dibattimento, magari ascoltando qualche testimone. Un’ipotesi però definita «di scuola», che al momento appare improbabile e che taglierebbe fuori una seppur remota presenza di Berlusconi come testimone («La mia richiesta in fondo era una provocazione», ammette l’avvocato di Mills, Federico Cecconi).
Dunque i giudici d’appello già il 27 ottobre potrebbero emettere una sentenza decidendo sulla base degli atti e della discussione fino ad allora svolta. Ma un verdetto di che tipo? Di condanna, per esempio. E se Mills dovesse essere condannato una seconda volta, difficilmente un altro tribunale potrebbe sconfessare questa doppia sentenza. Il destino giudiziario di Berlusconi, nel nuovo dibattimento che scatterebbe da qui a qualche mese con la disattivazione del Lodo Alfano, sarebbe «moralmente» già segnato, sebbene con una prescrizione quasi sicura.
Ma tutta questa fretta potrebbe anche nascondere un colpo di scena, con la decisione dei giudici di secondo grado di dichiarare già prescritta da tempo l’intera vicenda, rispolverando la vecchia giurisprudenza che calcola i tempi della prescrizione a partire dall’accordo corruttivo (prima del 2000) e non dal momento in cui Mills entrò nella disponibilità dei soldi versati da Berlusconi (2001). In questo modo non solo Mills potrebbe leccarsi in pace le ferite a Londra, ma per Berlusconi non inizierebbe nemmeno il nuovo processo. E anzi potrebbe avere buon gioco a rivendicare la solita «persecuzione giudiziaria» accusando la Procura di Milano di aver voluto a tutti i costi perseguire una condanna anziché dichiarare morto subito il processo. Fermo restando che la prescrizione, come ha dimostrato la vicenda del risarcimento per il Lodo Mondadori, non equivale affatto ad un’assoluzione. I cocci del terremoto costituzionale sul Lodo Alfano, verrebbero però ricomposti in qualche modo e si potrebbe svoltare pagina.
Non a caso ieri il pg Bertolè Viale, elencando i tre punti su cui si basa l’impianto accusatorio ha sottolineato innanzitutto che l’accordo corruttivo in atti giudiziari fu «susseguente» al comportamento di Mills nelle aule del processi in cui mentì, ovvero la corruzione Gdf e in quello per il sistema All Iberian; Un modo per dire che il calcolo della prescrizione non potrebbe che partire dal momento in cui Mills entrò in possesso dei soldi promessi da Berlusconi per «il disturbo» e non quando mentì. Iniziativa che Mills, nelle sue lettere-confessione ai commercialisti di fiducia, ha sempre rivendicato come «spontanea» e «personale». Ma è credibile un uomo che ha fornito almeno quattro versioni, tutte smentite, della stessa vicenda? Nelle sue tre ore di requisitoria il pg ha anche sostenuto poi che gli estremi dell’accordo vennero presi direttamente da Silvio Berlusconi che la provvista di denaro non arrivò da un conto misterioso ma venne prelevata dalla riserva di liquidi (10 miliardi di lire) che era stata data in gestione a Mills. Non alza mai la voce il pg Viale e riesce a far rimanere sullo sfondo la figura di Berlusconi, quasi fosse un qualsiasi comprimario di una storia che attende solo una fine.