Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 10 Sabato calendario

Il 14 giugno scorso Maria Rosa Albertani, 39 anni, di Cirimido in provincia di Como, operaia, nubile, riservata, scomparve di casa

Il 14 giugno scorso Maria Rosa Albertani, 39 anni, di Cirimido in provincia di Como, operaia, nubile, riservata, scomparve di casa. Lì per lì ne la madre Alma Verga, 71 anni, né il padre Luigi, 70, costruttore molto noto in zona, se ne preoccuparono più di tanto: pochi giorni prima avevano ricevuto una lettera firmata a mano da Maria Rosa, ma scritta al computer, in cui la donna confessava che due anni prima gli aveva sottratto 100 mila euro e perciò, tormentata dai rimorsi, intendeva andarsene il più lontano possibile a meditare sulle sue colpe. Il 14 luglio il suo corpo, carbonizzato, irriconoscibile, nascosto sotto un telo di plastica, fu ritrovato nel cortile sul retro di un edificio in via Toti 13, dove fino a pochi mesi prima avevano abitato i genitori, la sorella Stefania, e il fratello Silvano. Quell’edificio era disabitato da maggio, perché, essendo nel frattempo fallita l’impresa edile di famiglia, era stato pignorato e messo all’asta. Per il delitto era finita indagata la cocca di famiglia, la terzogenita Stefania, 26 anni, laureata, «intelligente, lucida, fredda, spigliata», finita in ospedale, qualche settimana dopo il ritrovamento del corpo, perché s’era imbottita di barbiturici. Maria Rosa e Stefania non andavano d’accordo perché la prima - che sin da ragazzetta s’era rifiutata di lavorare nell’impresa del padre preferendo un impiego al banco taglio di un calzaturificio di Lomazzo - aveva del denaro con cui intendeva comprare lo chalet dove viveva da anni in affitto coi cinque amatissimi gatti e due cani. L’altra pretendeva invece che con quei soldi comprasse all’asta la casa di famiglia, tanto che, fingendosi avvocato, aveva spedito numerose mail al proprietario dello chalet col solo scopo di mandare a monte l’affare della sorella. Mercoledì scorso l’Albertani Stefania, sempre per denaro, prese a litigare furiosamente con la madre, d’un tratto le saltò addosso, le strinse una cintura attorno al collo, quella cadde svenuta sul pavimento, e allora lei la cosparse di alcol, prese un accendino e diede fuoco al grembiule che indossava. Quando i carabinieri arrivarono l’appartamento era già invaso dal fumo e la vecchia, a terra, viva ma priva di sensi, la gola livida, aveva ustioni su mani, inguine e cosce. Sulla strada, poco distante da casa, i militari bloccarono la ragazza, che apparve lucida e fredda ma si chiuse in un mutismo assoluto. Verso le 13 di mercoledì 7 ottobre in un appartamento in corte in via San Martino 32 a Cirimido in provincia di Como.