Tommaso Montesano, Libero 9/10/2009, 9 ottobre 2009
IL PEDIGREE DI SINISTRA DEI NOVE GIUDICI AMMAZZA-SCUDO
C’è da chiedersi, scorrendo la lista dei quindici giudici costituzionali, da dove alcuni colonnelli del Popolo della Libertà traessero tanto ottimismo sulle sorti del ”lodo Alfano”. Bastava dare un’occhiata ai curriculum dei componenti della Corte per capire che non c’era trippa per gatti. Per superare le forche caudine del palazzo della Consulta, lo ”scudo” per le quattro più alte cariche dello Stato avrebbe dovuto incassare almeno otto voti favorevoli. Il problema, per il Cavaliere, è che sulla carta almeno otto voti apparivano già scontati, ma tutti contro il ”lodo”.
Iniziamo dal presidente della Consulta, il napoletano Francesco Amirante. Proveniente dalla Corte di Cassazione, è stato eletto giudice costituzionale nel 2001. Ebbene, dai suoi colleghi magistrati si è saputo che un tempo militava in Magistratura democratica, la corrente più a sinistra dell’Anm, il sindacato delle toghe. Secondo indizio: fu proprio Amirante, nel 2004, a stendere le motivazioni della sentenza con la quale la Consulta bocciò l’allora ”lodo Schifani”. Come primo atto dopo il suo insediamento alla presidenza, lo scorso 25 febbraio, Amirante nominò suo vice Ugo De Siervo, eletto dal Parlamento il 24 aprile 2002 su indicazione del centrosinistra e quindi, verosimilmente, contrario allo ”scudo”.
Detto di presidente e vicepresidente, per trovare gli altri, potenziali sei voti a favore dell’illegittimità del ”lodo” non c’è che l’imbarazzo della scelta. Franco Gallo, ad esempio. Romano, è stato nominato giudice della Consulta nel settembre 2004 da Carlo Azeglio Ciampi. Lo stesso Ciampi che nel 1993 lo designò ministro delle Finanze in quello che fu, a tutti gli effetti, il primo governo di centrosinistra della Seconda repubblica, visto che inizialmente prevedeva la presenza di ministri del Pds.
Ciampi nominò alla Consulta - era il novembre 2005 - anche l’ordinario di diritto amministrativo Sabino Cassese. E pure Cassese, come Gallo, vanta un’esperienza di governo - tra il 1993 e il 1994 - nell’esecutivo guidato dall’ex governatore di Bankitalia: ministro della Funzione pubblica. Non solo: assiduo editorialista di Repubblica, Cassese è stato designato Cavaliere di gran croce da Oscar Luigi Scalfaro, altro nemico giurato di Berlusconi, l’11 maggio 1994. Ma non è finita. A Ciampi si deve anche l’ingresso al palazzo della Consulta, il 9 novembre 2005, del napoletano Giuseppe Tesauro. Chi è Tesauro? «Professore ordinario di diritto internazionale», recitano le poche righe biografiche sul sito della Corte. Peccato si dimentichino di spiegare che il professore, il 16 dicembre 1997, fu scelto dai presidenti delle Camere di allora, Luciano Violante e Nicola Mancino, come presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Erano i tempi del primo governo Prodi, e le cronache raccontano di numerose bacchettate del Garante alla ”legge Gasparri” sul riassetto del sistema radio-televisivo.
Proviene dagli ermellini della Cassazione, invece, l’altro napoletano Alessandro Criscuolo, eletto il 28 ottobre 2008. Già presidente dell’Anm dal 1985 al 1989 (Unicost, di centrosinistra, la sua corrente), nel curriculum ha la difesa, davanti al Csm, dell’ex pm di Catanzaro, e attuale europarlamentare dell’Italia dei Valori, Luigi De Magistris.
Si è con ogni probabilità schierato contro la legge del governo anche Gaetano Silvestri, costituzionalista di Patti (provincia di Messina) approdato al palazzo della Consulta nel giugno 2005 grazie ai voti del centrosinistra.
Così, visto che tre giudici sono stati eletti dal Parlamento su indicazione del centrodestra (Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo e Luigi Mazzella) e che altri due sono di orientamento moderato (Alfio Finocchiaro e Alfonso Quaranta, eletti dalle varie magistrature), sul taccuino restano i nomi di Paolo Grossi, fiorentino di orientamento cattolico, ma nominato da Giorgio Napolitano; Paolo Maddalena, napoletano eletto dalla Corte dei Conti e Maria Rita Saulle, anche lei vicina alle posizioni cattoliche, ma portata alla Consulta da Ciampi. Secondo le ricostruzioni di quanto avvenuto in camera di consiglio, sarebbe stato il primo, considerato molto vicino a Napolitano, a dare la spallata decisiva. Trascinando con sé l’incerto Maddalena.
E non bastasse il colore politico, c’è un altro aspetto che fa discutere la maggioranza (la Lega soprattutto): il fatto che «ben 9 dei 15 giudici della Consulta siano campani. Dato che deve far riflettere».