Maurizio Belpietro, Libero 9/10/2009, 9 ottobre 2009
Consulta politica Parola del Migliore- «La Corte Costituzionale è una bizzarria, un organo che non si sa cosa sia e grazie alla istituzione del quale degli illustri cittadini verrebbero a essere collocati al di sopra di tutte le assemblee e di tutto il sistema della democrazia, per esserne i giudici»
Consulta politica Parola del Migliore- «La Corte Costituzionale è una bizzarria, un organo che non si sa cosa sia e grazie alla istituzione del quale degli illustri cittadini verrebbero a essere collocati al di sopra di tutte le assemblee e di tutto il sistema della democrazia, per esserne i giudici». La frase potrebbe averla pronunciata Silvio Berlusconi, fresco di bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta. Invece non è del Cavaliere, ma di Palmiro Togliatti, storico segretario del Pci. Al Migliore quei quindici magistrati cui era delegata la tutela della nostra Carta non piacevano proprio, anzi ne diffidava, pensando che avrebbero potuto difendere (...) (...) interessi corporativi e conservatori. Paradossi della storia: mentre oggi, per questioni di bottega, la sinistra si erge a paladina della Corte, difendendone l’intangibilità contro le critiche del presidente del Consiglio, ieri era la prima a non credere al ruolo di arbitro dell’illustre consesso e alimentava dubbi sulla sua reale indipendenza. Basta rileggersi gli atti dell’assemblea costituente per scoprire che i comunisti fecero una battaglia accanita contro la Consulta e fosse stato per loro l’avrebbero volentieri tolta di mezzo per lasciare tutto il potere al popolo. Umberto Terracini e Fausto Gullo, comunisti tosti e dirigenti del Pci fin dalla primissima ora, fecero interventi contrarissimi, spiegando che i tecnocrati della Consulta avevano poco a che fare con l’assetto democratico della nuova Repubblica. Terracini in particolare non voleva saperne di guardiani che impedissero di migliorare il testo costituzionale, secondo lui aggiornabile come un fascicolo della Treccani, per consentirne l’adeguamento al progresso, che, credo, nella sua mente era sinonimo di comunismo. Gullo, conosciuto come il ministro dei contadini, temeva invece che la Corte avrebbe frenato il Parlamento, sottraendogli potere e riducendo l’azione dei suoi rappresentanti. L’idea poi che la Corte Costituzionale non fosse elettiva, legittimata dalla volontà popolare, ma composta da persone nominate da altri giudici, non la digeriva. Gullo, esperto di questioni giuridiche, riteneva che la Corte dovesse essere un’istituzione squisitamente politica, tanto che alla costituente fece un discorso in tal senso, dichiarandosi contrario a che «quest’organo si intoni ad una neutralità che non è quella che noi vogliamo nel momento in cui affermiamo che la Corte costituente è e vuol essere un organo eminentemente politico». Secondo lui i giudici avrebbero dovuto essere eletti dagli italiani, proprio come gli onorevoli. Ai comunisti inoltre non garbava che fosse la Corte a risolvere i conflitti di competenza fra organi dello Stato e a esprimere giudizi sul presidente della Repubblica e sui ministri: quelli per i dirigenti del partitone rosso erano affari del Parlamento. Secondo Gullo e i suoi compagni erano le Camere a dover giudicare il governo e nessun altro e il Parlamento a sua volta ne avrebbe risposto direttamente al Paese. I comunisti in pratica volevano un lodone Alfano ante litteram, non solo per le quattro alte cariche dello Stato, ma per tutti i ministri. Fa sorridere dunque che a distanza di anni, dimentichi della loro storia, i compagni siano diventati i più accesi sostenitori della Consulta e difendano il dogma dell’infallibilità dei giudici, manco fosse quello del Papa. Conoscendo il cinismo della sinistra di casa nostra ci viene da pensare che la tutela della corte ora convenga: poiché l’ha occupata.