Francesco Grignetti, La stampa 9/10/2009, 9 ottobre 2009
GIUSTIZIA, IL GOVERNO TORNA ALL’ATTACCO
Il giorno dopo c’è sbalordimento e rabbia attorno a Berlusconi. Tra i suoi consiglieri-difensori si dà per scontato che per il caso Mills, tra un mese, subito dopo che le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale saranno pubblicate sulla Gazzetta ufficiale, si andrà al dibattimento. E saranno scintille. Gaetano Pecorella: «Interverrà e dimostrerà come queste accuse siano del tutto prive di fondamento». E Niccolò Ghedini ai giornalisti della Stampa Estera: «Con due udienze a settimane è chiaro che ci saranno problemi e spetterà a Berlusconi la decisione, se privilegiare gli impegni di governo o quelli di difesa. Ma questa volta è importante che lui al dibattimento ci sia. Ci sono cinquecento faldoni da studiare... In passato si sono arrangiati, questa volta non si può».
La decisione della Consulta ha avuto l’effetto di un elettrochoc per il premier. Il quale, abbandonata ogni cautela, vuole ora lanciare la Grande Riforma della giustizia: separazione delle carriere, scissione del Consiglio superiore della magistratura, forse un nuovo Lodo, sia pure sapendo che resterebbe una norma-manifesto e non avrebbe alcun effetto pratico, e chissà, magari anche modifiche alla composizione della Corte costituzionale.
Torneranno in agenda anche la riforma delle intercettazioni e del processo penale. Là dentro c’è un articoletto, sulla non utilizzabilità delle sentenze negli altri dibattimenti, che già qualcuno considera una norma salva-Berlusconi perché impedirebbe di utilizzare contro il premier la condanna in primo grado contro Mills. Per questo articolo, e quello che amplia le possibilità di ricusazione dei giudici, potrebbe arrivare una corsia preferenziale. Difficile se non impossibile, però, che ci siano leggine in extremis per sospendere il processo Mills. «Non è nella mia intenzione, né del premier», dice Ghedini. Ma è anche vero che si studia qualcosa sui tempi delle prescrizioni. Nel caso Mills, questo è un aspetto molto contestato.
Ben altro, comunque, si avvicina. E’ in avvicinamento un ”redde rationem” con la magistratura, come annunciato da Berlusconi stesso. «Ora si faranno le riforme sulla giustizia». E questa volta davvero il tono parla più delle parole. Ne è quasi spaventato Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, quando invoca: «C’è bisogno di rasserenare il clima e di proposte di riforma che non siano né dispettose né minatorie». Ma a palazzo Grazioli è il momento dell’ira. Pecorella annuncia: «E’ arrivato il momento di fare riforme radicali. Credo che i rapporti tra magistratura e politici vadano rivisti. La politica nel suo complesso non può più governare». A sua volta Roberto Calderoli dice: «Fini nell’incontro / ha dato molta attenzione ai decreti attuativi sul federalismo, ma anche alla necessità di affrontare le riforme costituzionali. Tanti problemi discendono da lì. E’ ora di mettere mano a pesi e contrappesi». Ma Calderoli ci tiene a precisare che le riforme costituzionali si fanno assieme all’opposizione. Come va dicendo Fini.
Pecorella spiega così l’arrabbiatura verso la Consulta, ma anche con il Quirinale: «Una ”moral suasion” del presidente della Repubblica sulla Corte costituzionale non è un fatto così straordinario. Non sarebbe la prima volta». E Ghedini, nella trasmissione Annozero: «Napolitano avrebbe potuto o forse dovuto interloquire nelle fortissime polemiche che ci sono state per riportare quella serenità che a nostro parere la Corte non ha avuto. Se il capo dello Stato avesse speso una parola, male non avrebbe fatto». Lo stesso Ghedini dice: «Io rispetto le sentenze della Corte costituzionale, ma c’è pure il diritto di critica. E’ stata una sentenza senza precedenti perché la corte ha detto cose diverse rispetto a cinque anni fa».
Mentre da Londra l’avvocato David Mills, insolitamente loquace, rivela una lapalissiana verità - «Sarebbe assurdo e illogico se uno fosse condannato e l’altro assolto: o tutti e due colpevoli o tutti e due innocenti...» -, a Milano si prepara un nuovo possibile palcoscenico per il ”teste” Silvio Berlusconi. Inizia infatti oggi alla seconda Corte d’Appello il processo di secondo grado per la vicenda del famoso ”gift”, il regalo di 600 mila dollari ricevuto da Mills per mentire in due vecchi procedimenti per corruzione e fondi neri di Berlusconi: la vicenda delle tangenti alla Gdf e quella per la galassia off shore ”All Iberian”.
Una corruzione per la quale il legale d’affari inglese, considerato il vero ”architetto” della struttura finanziaria estera dell’impero berlusconiano, è stato condannato nel febbraio scorso a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Non senza consueto strascico di polemiche, visto che nelle motivazioni della sentenza, firmata dai giudici della decima sezione penale, presidente Nicoletta Gandus, il premier venne indicato chiaramente come complice nella corruzione e venne spiegato anche il meccanismo della corruzione: non dei soldi arrivati da chissà quale conto, ma prelevati direttamente dalla ragnatela dei conti esteri riconducibili a Berlusconi gestiti da Mills.
E adesso, citato direttamente dall’avvocato Federico Cecconi, difensore di Mills, invocato dallo stesso legale londinese («Berlusconi potrebbe dire che non mi ha versato nulla di illecito...») il premier potrebbe anche decidere di anticipare una sortita giudiziaria presentandosi al processo d’appello se i giudici dovessero accogliere la richiesta di parziale rinnovazione del dibattimento. I tempi potrebbero essere brevi: le udienze previste, oltre a quella di oggi, sono per il 15 e il 19 ottobre. Utili per la discussione sulla base degli atti, ma non per un’eventuale testimonianza così ”eccellente”. Ma la presenza di Berlusconi al processo d’appello, sia pure come testimone e dunque con l’obbligo di rispondere e dire la verità, è una mossa che negli ambienti legali del Cavaliere viene considerata ”azzardata” sebbene, alla luce delle sue recenti dichiarazioni («mi recherò io stesso nelle aule del tribunale, esponendo al ridicolo i miei accusatori, dimostrerò di che pasta son fatto!»), e alla sua passione per i colpi di scena, non si possa escludere a priori.
Comunque vada a finire, visti i tempi dei due procedimenti in cui Berlusconi dovrà comparire come imputato, è ovvio che un processo come quello d’appello Mills vedrà il Cavaliere ugualmente protagonista, se non altro nella veste di convitato di pietra. A sostenere l’accusa sarà il Pg Laura Bertolè Viale.
Terminato questo appello, senza più il Lodo Alfano, Berlusconi verrà chiamato un’altra volta in aula ma sul banco degli imputati. E sempre per la vicenda Mills. Non prima di qualche mese però. Per cominciare il processo a suo carico, che dovrebbe prescriversi all’inizio del 2011, bisognerà infatti aspettare prima di tutto che lo scudo del Lodo Alfano decada ufficialmente con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza della Consulta. E poi che si formi un nuovo collegio in Tribunale.
A giudicare il presidente del Consiglio non saranno più i giudici presieduti da Nicoletta Gandus, ormai incompatibili dopo aver emesso la condanna in primo grado per Mills, ma un altro collegio che dovrà essere formato. I tempi a questo punto diventeranno un’incognita: non solo perché ovviamente verrà fatto valere il legittimo impedimento ma soprattutto perché le difese di Berlusconi annunciano battaglie procedurali e chiederanno la rinnovazione di perizie e interrogatori. Insomma, si ricomincia. Anche se già tutti sanno che il risultato più probabile dei due procedimenti in arrivo, sarà sostanzialmente nullo: prescrizione per Mills ed eventuale condono tombale per la frode fiscale dei fondi neri Mediaset.