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 2009  ottobre 09 Venerdì calendario

TRE MILIONI DI ITALIANI FANNO LA FAME


La crisi svuota il carrello della spesa, la classe operaia non va in paradiso. Tre milioni di italiani (cioè il 4,4% delle famiglie residenti in Italia) soffre la fame: disoccupati e operai non possono mai concedersi uno sfizio. Mentre in Vaticano il Sinodo dei vescovi discute di Ogm e povertà in Africa, una ricerca del Banco alimentare (presentata ieri in Campidoglio dal presidente Cei, Angelo Bagnasco) rilancia l’allarme-Italia. La causa è la mancanza di un lavoro, ma anche la malattia: sotto la soglia di povertà chi spende meno di 222 euro al mese per nutrirsi. Se la spesa per cibo e bevande è inferiore a 222,29 euro al mese scatta l’allerta-indigenza. E’ questo il limite individuato a livello nazionale dallo studio, che ha messo a punto anche indici regionali per tenere conto del differente costo della vita. Così le soglie di povertà oscillano a Nord tra i 233-252 euro, al centro tra i 207-233 euro e nel Mezzogiorno tra i 196-207 euro. Un milione e mezzo di famiglie si trova, quindi, in grave difficoltà ad acquistare quelli che sono prodotti necessari per vivere, come pane, pasta, carne. «Con la crisi va rimessa in discussione l’economia di profitto - ammonisce Bagnasco - oppure si rischia il disordine sociale. Servono coordinamento e cambiamenti radicali, ma guai a confondere benessere con felicità».
L’analisi, che si basa sui dati della rete del Banco Alimentare, una onlus ciellina che offre assistenza alimentare in tutta la penisola, traccia anche il profilo dei poveri d’Italia: meridionali, disoccupati, con un titolo di studio basso e una famiglia numerosa. La perdita del lavoro è la causa principale (60% dei casi) di un portafoglio troppo leggero per far fronte alla spesa. L’incidenza della povertà alimentare è particolarmente alta tra i disoccupati (12,4%) e assai minore tra chi un posto ce l’ha (3,4%). Dallo studio emerge, inoltre, che più spesso a impoverire gli italiani è proprio la famiglia, che più è numerosa e più si ritrova a fare economie: il 10,3% delle coppie con tre o più figli vive sotto la soglia di povertà alimentare. Mentre sono i single a poter spendere di più per mangiare e bere. Solo l’1,7% vive con meno di 222 euro al mese per nutrirsi. E sta nella media nazionale (4,5%) l’anziano che vive solo. L’analisi conferma, invece, il divario Nord-Sud: nelle Isole oltre il 10% della popolazione fa fatica a trovare i soldi per mangiare e bere; mentre in Toscana, Liguria, Veneto e Trentino Alto Adige «soffre la fame» una percentuale molto più bassa di persone, meno del 3%.
Il rapporto stila la «dieta dei poveri». Lo scontrino mensile non prevede più di 28 euro di pane e cereali, 35 di carne e salumi, 14 di frutta, 10 di pesce, 14 di frutta e 9 di bevande. «Mangiare bene è un diritto per tutti, non solo per i più abbienti», avverte il Forum europeo sulla qualità alimentare, che si è concluso ieri a Bruxelles: «Giocare la carta della qualità alimentare, rispettando le giuste regole, porta ricchezza e sviluppo, dunque nuovi posti di lavoro, nel territorio d’origine del prodotto». La qualità alimentare può essere l’antidoto alla povertà alimentare: la nuova spada di Damocle che pende su 78 milioni di cittadini europei (il 16% della popolazione) che per vivere deve consumare cibi che producono calorie di bassa qualità. Intanto il Codacons chiede al governo di raddoppiare la «social card» che ha finora aiutato un quinto di questi poveri assoluti e di estenderla anche ai nuclei che si trovano appena sopra la soglia di povertà: si tratterebbe di assegnarla a circa 4,6 milioni di famiglie e di raddoppiare l’importo da 40 a 80 euro, considerato che «con 40 euro non si riescono nemmeno a tamponare gli aumenti dei prezzi di questo ultimo anno».