Filippo Ceccarelli, la Repubblica 09/10/09, 9 ottobre 2009
Silvio, ideologo del maschilismo tra vanterie, battute e doppi sensi - La novità è che il maschilismo di Silvio Berlusconi non è più innocuo, come poteva addirittura giudicarsi con qualche indulgenza fino a ieri
Silvio, ideologo del maschilismo tra vanterie, battute e doppi sensi - La novità è che il maschilismo di Silvio Berlusconi non è più innocuo, come poteva addirittura giudicarsi con qualche indulgenza fino a ieri. Vanterie, cortesie, battutine, battutone, barzellette, doppi sensi. Ai confini di questa temperie che sa di anni cinquanta, o sessanta, che una volta ha spinto Oliviero Toscani a evocare qualche personaggio alla Carlo Dapporto, si collocava la presunta pacca sul sedere. Presunta perché rimasta anonima, nella biografia carnale del Cavaliere, la cameriera sarda che diversi anni orsono spifferò a un quotidiano locale come ogni mattina, a villa La Certosa, il padrone di casa avesse l´abitudine di distribuire un gioioso e scaramantico sculaccione al personale di servizio nella leggendaria dimora. Se non è vero, è bene inventata. La scuola-quadri delle veline, l´apparizione di Noemi, le intercettazioni del ciclo Saccà, le foto di Zappadu alle ninfe della Certosa, le testimonianze delle ragazze immagine sulle buste e le registrazioni della D´Addario hanno spostato parecchio in là i confini dell´antica galanteria berlusconiana. Frivola e patetica. Dopo tutto, tra un baciamano e un complimento a una platea congressuale, «Che belle gambe!», tra una sonatina al pianoforte, un sospiro da seduttore impenitente e un pacchetto regalo con bracciale e orecchini, ci si poteva anche rassegnare. Sennonché l´impressione è che con il tempo l´approccio del Cavaliere con le donne s´è fatto aggressivo, assillante, ideologico. Che si tratti di «scherzi» appare ormai del tutto secondario. Il presidente del Consiglio chiede il numero del telefonino alla militante giovanile e all´annunciatrice araba; protesta con il ministero degli Esteri che non gli ha dato il numero dell´ex finanzata, graziosa dermatologa. S´interroga se può palpare la volontaria d´Abruzzo. Esprime la pedagogia del conquistatore davanti a un esterrefatto Zapatero. E ancora: promette veline ai lavoratori; e «velina», parola magica e auto-assolutoria, designa la presidente della Confindustria nel suo speech all´assemblea annuale. A colloquio con il premier bulgaro, insiste con la storia delle minorenni. Da qualche tempo esporta anche all´estero la sua incontinenza verbale e di gesti, vedi la scena con Michelle Obama, quel muto abbandonarsi del premier al suo compiaciuto desiderio, quel piantarle gli occhi addosso come chi misura, soppesa, immagina. Basta questo a definire i rapporti di Berlusconi con le donne? Basta l´anagramma del suo nome e cognome sventolato al matrimonio di Galan: «L´unico boss virile». Basta la temeraria smargiassata con la premier finlandese - «ho dovuto usare tutte le mie doti da playboy» - che costò fior di richiami all´ambasciatore italiano a Helsinky? No. Perché c´è anche la polemica con il governo spagnolo, dal Cavaliere definito «troppo rosa». Così come ormai si accumulano negli archivi e un po´ anche nella memoria interpellanze, raccolte di firme, denunce alla Ue, proposte di «Oscar alla volgarità di genere» che a loro volta riepilogano florilegi berlusconiani tipo: «Sei precaria? Sposa un miliardario», «Servirebbe un militare per ogni bella donna». Fino alla più turpe delle storielle, quella su Eluana, «che ha ancora le mestruazioni». E visto che il livello è questo, sia pure di malavoglia tocca qui segnalare che nell´ultima campagna elettorale, a Torino, il Cavaliere ha trovato il modo di esaltare le «bele tuse», le belle ragazze della sua parte, mentre dall´altra, cioè con il Pd, c´era «il settore della menopausa». Ecco dunque la deriva di un´avversione inespressa, camuffata, strisciante che finisce per perdere i suoi connotati più grossolani, i più maschili paradossalmente, calandosi in una dimensione oscura, un pozzo nero di intolleranza, una gabbia concettuale. Per cui la bruttezza corrisponde al male, mentre essere fisicamente piacevoli «è un dovere verso se stessi e gli altri». In quello straordinario giacimento di berlusconismo reale che sono le dispense pubblicate da Libero la primavera scorsa si trova, a proposito di chirurgia estetica, una perla che illumina come meglio non si potrebbe il retropensiero del Cavaliere rispetto agli insulti rivolti l´altra notte a Rosi Bindi. Che dice: «Io stimo le donne che si sottopongono a queste operazioni. Sono ancora più belle perché la loro bellezza se la sono meritata». E ancora una volta, per vie misteriose, pare di cogliere una necessità sacrificale, una trascendenza dal basso, un materialismo mistico di cui lui stesso è vittima, carnefice e pontefice.