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 2009  ottobre 08 Giovedì calendario

«L’ISLAM ORA PUNTA A DOMINARE L’AFRICA»


«Uno dei miei zii è musulmano, mia madre era metodista e mio padre cattolico. Abbiamo sempre vissuto così, ma un po’ alla volta ci stiamo accorgendo che questa abitudine si indebolisce, mentre la tendenza fondamentalista avanza, e questo ci allarma». Sono parole del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast, Ghana, 61 anni, relatore generale del Sinodo dei vescovi sull’Africa. Turkson ha infatti avuto il compito di aprire la grande assise in corso in Vaticano dal 4 al 25 ottobre con una lunga e dettagliata relazione sui problemi e le speranze della Chiesa africana.
Eminenza, Benedetto XVI ha aperto il Sinodo mettendo in guardia il continente dal diffondersi dei fondametalismi religiosi e culturali. Qual è la situazione?
Con i musulmani abbiamo sempre vissuto, visto che sono arrivati in Africa sub-sahariana anche prima dei missionari, ma senza queste tendenze di fondamentalismo e intolleranza. Oggi sembra esserci un nuovo modo d’essere dell’islam che si diffonde in diversi Paesi africani e viene dall’esterno. una tendenza che dice all’islam tradizionale: « questo il vero islam». Si tratta di un islam meno tollerante che vuole essere l’elemento dominante anche nella società. Certo alcuni cristiani si sentono minacciati: nelle case, nelle famiglie, nell’esercizio delle libertà. Quando c’è una popolazione metà cristiana metà musulmana, come in Nigeria, si aprono dei conflitti. Da noi in Ghana il 18% della popolazione è musulmano, un altro 18% è cattolico, ma i cristiani sono in totale il 65%. Quindi da noi il rapporto è buono. Tuttavia siamo consapevoli del problema ma manteniamo sempre aperte le stesse strade di dialogo e collaborazione, perché viviamo insieme.
 un problema che riguarda anche le sette cristiane?
Abbiamo le stesse tendenze fra le sette cristiane che sono anche poco tolleranti che pensano anche che il cattolicesimo è sbagliato, sì, questa tendenza fondamentalista si constata anche da parte dei cristiani.
Ma non è che tutto questo nasconde un problema di "concorrenza" fra le fedi?
La concorrenza fra le religioni c’è sempre stata. L’islam è una religione missionaria, il cristianesimo è una religione missionaria, tutti cercano di diffondersi. Gli elementi della concorrenza già ci sono, ma questo può avvenire solo con tolleranza. Se l’islam riconosce che il cristianesimo è religione missionaria che può diffondersi, se da parte dei cristiani si fa la stessa cosa, se accettiamo questo principio di tolleranza, dobbiamo poi lasciare alla società di rispondere quale religione scegliere.
Resta il problema della commistione fra religione e politica
C’è la tendenza da parte dei politici di sfruttare la religione, è ciò che avviene in Nigeria. Quando si svolgono le elezioni si cerca di raccogliere i voti facendo appello oltre al messaggio politico alle lealtà delle persone: se siete musulmani vuole dire che c’è qualcosa che ci lega. Questo vale per l’islam e il cristianesimo. Quando la religione diventa un affare politico è molto pericoloso perché la religione sfida anche la ragione in qualche senso: se la fede, ciò che la gente crede più profondamente, diventa politica, ci troviamo di fronte a un vero e proprio mostro. Così si sfida la ragione e ogni tentativo di far pensare alla gente a delle alternative politiche. Io stesso presiedo in Ghana un organismo di pace fra le religioni, il mio vice è un musulmano. Ma ci chiediamo fino a quando questo sarà possibile, e se le cose cambieranno quando i musulmani diventeranno maggioranza.
Si può parlare oggi di un colonialismo culturale in Africa?
Il colonialismo culturale c’è sempre stato: il nostro stesso sistema educativo è basato su quello dell’Europa, per esempio in Ghana fino ad oggi facciamo tutto in inglese, anche alla scuola materna si usa l’inglese. Questo è già un tipo di colonialismo culturale. I nostri governi cercano di liberasi un po’ da questo retaggio introducendo le lingue e le usanze locali. Ora con la globalizzazione e i mass media, la sfida diventa più forte, non abbiamo di fronte solo l’educazione fatta con la lingua straniera ma i mezzi di comunicazione di massa che promuovono nuovi stili di vita, abitudini, modi d’essere.
Al Sinodo si è parlato molto del presidente Obama, un afroamericano alla Casa Bianca
Obama non è entrato negli Stati Uniti come schiavo, forse è per questo che gli americani lo hanno potuto scegliere come presidente. Per me la sua elezione è stato un segno di maturità della democrazia americana, se in America però c’è chi non la vede così, questo è un problema loro! Una democrazia deve essere in grado di accettare tutti, preghiamo per questo.
Il tema della diffusione dell’Aids in Africa suscita sempre polemiche, cosa ci può dire a riguardo?
Se ci sono risorse per fabbricare condom perché non investire queste risorse per i farmaci retrovirali che rimangono sempre troppo cari e non accessibili alla gente? Se abbiamo risorse per produrre condom, che è una soluzione che fa discutere, perché non investiamo allora sui retrovirali sui quali siamo tutti d’accordo?