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 2009  ottobre 08 Giovedì calendario

COMPLOTTO SULL’ORO


L’oro ha messo a segno una serie di record raggiungendo ieri sul mercato di Londra il nuovo massimo storico di 1.044,82 dollari l’oncia. Avviandosi così a totalizzare il nono anno consecutivo di quotazioni in costante crescita. La sequenza di rialzi più lunga dal 1940.

Le preoccupazioni per un ritorno di pressioni inflazionistiche e la prospettiva di un biglietto verde sempre più debole trasformano l’oro, bene rifugio per eccellenza, sempre più in un’arma puntata contro gli Usa.

La recessione ha di fatto enfatizzato il processo di ridefinizione degli equilibri mondiali rendendo più concreto lo scenario di un’uscita dal sistema-dollaro più volte prefigurato dai principali paesi emergenti. Ma soprattutto dagli ex amici, i Paesi del Golfo. Martedì assieme a Russia e Cina, Arabia Saudita e nazioni limitrofe hanno avanzato l’ipotesi di quotare il petrolio non più col dollaro, ma con un paniere al cui interno ci sarebbero euro, Yuan e Khaleeji, la moneta unica del Golfo collegata all’oro.

L’Iran dal canto suo, ha già iniziato a vendere barili in euro. In generale gli attacchi al predominio del dollaro sul mercato mondiale non sono un tema sconosciuto.

Ma sempre martedì il sottosegretario generale per gli Affari economici e sociali dell’Onu, il cinese Sha Zukang, ha chiesto una nuova valuta mondiale di riserva per eliminare i privilegi che gli Stati Uniti traggono dalla supremazia della loro moneta. Al contrario e non a caso, ieri il ministro delle Finanze giapponese, che ha 1.052 miliardi di dollari di riserve, ha dichiarato ”guerra” agli speculatori del biglietto verde.

Parallelamente i fondi sovrani arabi in sintonia con i ”cugini” di Cina, Singapore e Honk Kong stanno dismettendo asset americani per operare in Asia e in Giappone. L’obiettivo è spostare gli investimenti dall’area dollaro ad altre valute. Ma per completare il passaggio, posto che ci vorrebbero almeno dieci anni, serve un bene tangibile: l’oro.

E così l’Asia compra lingotti. Il Fondo Monetario Internazionale venderà una parte delle proprie riserve d’oro per aumentare quelle a disposizione dei paesi emergenti. Si tratta di 403 tonnellate (1/8 delle riserve auree del Fmi pari a 3.217,3 tonnellate) per un controvalore di 13 miliardi di dollari. Cina e Russia sono disposte a comprare l’intera partita. La vendita del Fmi va ad aggiungersi a quella già programmata, che prevede da parte delle Banche Centrali europee lo smaltimento di 400 tonnellate d’oro nell’arco di 5 anni (2010-2014).

La Cina che nel corso degli ultimi sei anni ha già incrementato le sue riserve auree del 76%, toccando quota 1.054 tonnellate al 30 giugno 2009, ha fatto capire di essere interessata anche a tutto il quantitativo posto in vendita. Purchè a buon prezzo.

Dato che 13 miliardi di dollari sono necessari per acquistare 400 tonnellate circa d’oro, se la Cina decidesse di voler acquistare tutto l’oro detenuto dalle 105 nazioni più l’Fmi e la Bce sarebbero necessari 922 miliardi di dollari. E 922 miliardi di dollari, con i quali il Dragone diventerebbe l’unico detentore d’oro, rappresentano appena il 43.2% di tutte le riserve valutarie accumulate dalla Cina.

Ovviamente il calcolo è una provocazione, ma appare sempre più chiaro che alla Grande Muraglia conviene cercare un modo più affidabile per conservare le proprie ricchezze. Così vende dollari in caduta e compra oro in ascesa. Tra maggio e giugno si è liberata di 25 miliardi di dollari delle sue riserve - e Mosca di venti miliardi - una parte minima rispetto alla somma totale, ma indicativa della tendenza.