Fabrizio Peronaci, Corriere della Sera - Cronaca di Roma 07/10/2009, 7 ottobre 2009
QUELLE AMICIZIE TRA «MOSTRI», NATE E CRESCIUTE IN CARCERE
Ha un che di surreale e vagamente grottesco l’incontro a Regina Coeli, nei locali doccia, tra Oltean Gavrila e Luca Bianchini. «Ma quello è il maniaco di Grotta Perfetta! Sì, lo riconosco.... stato lui a ordinarmi di stuprare quella ragazza nel parco il giorno di San Valentino...», deve essersi detto il romeno. E chi lo sa se Bianchini, l’ex irreprensibile funzionario del Pd romano, mentre nudo si dirigeva sotto lo scroscio d’acqua avrà pensato: «Quel tipo l’ho visto... ma dove? Ah sì, in tv quando si parlava degli stupratori della Caffarella!».
un faccia a faccia molto poco verosimile, quello di cui ha parlato Gavrila due giorni fa, davanti al giudice che di lì a poco lo avrebbe condannato a 11 anni. Toccherà adesso agli investigatori chiarire se questa sorta di chiamata in correità, che ha tutta l’aria di una colossale panzana, sia stata solo il disperato coup de théâtre di un imputato alle strette. Ma se è vero che gli incroci del destino riservano sempre sorprese, qui entra in gioco anche un’altra variabile che, fermi restando tutti i dubbi, potrebbe indurre la Procura a un supplemento di indagine: in carcere, davvero, accade di tutto. Nelle patrie galere i rapporti tra detenuti si deformano e plasmano a tal punto che ciò che fuori suona inimmaginabile, indegno, assurdo, qui diventa approccio, abboccamento, magari occasione di solidarietà.
Era l’autunno del ”99, giusto dieci anni fa, quando la notizia trapelò da Rebibbia e fece scalpore: Tullio Brigida, all’ergastolo per aver ucciso i suoi tre figli con il terrificante movente di punire la moglie che voleva lasciarlo, rivolse la classica «domandina» alla direzione del penitenziario per essere messo nella stessa cella di Mario Gargiulo, il rigattiere della «casa degli orrori » al Quadraro, condannato per la morte di una bambina e della nonna.
Passione dietro le sbarre
«Vi prego, fateci stare insieme», imploravano alle guardie i due detenuti, che si erano conosciuti e piaciuti nel braccio G12. «Quando Mario incontrò Tullio, lo odiava perché aveva fatto male ai bambini. Poi ha scoperto che non era il mostro dipinto dai giornali e adesso lo stima», spiegò l’avvocatessa di Gargiulo. Radio-carcere, però, la raccontava un po’ diversamente: la coppia era stata vista in atteggiamenti affettuosi e girava anche la voce che Brigida, malavitoso del Trullo abituato a cantarle chiare, si fosse difeso così: «E’ un ragazzo vizioso, l’ho accontentato». Pluri-omicidi, ma non solo. Nella galleria degli incontri impossibili in cima ai «tre scalini», più di recente ha trovato posto, sgomentando i familiari delle vittime, l’amicizia tra due famigerati pirati della strada: Friedrich Vernarelli, accusato di aver travolto e ucciso due turiste irlandesi sul lungotevere il 18 marzo 2008, e Stefano Lucidi, che poche settimane dopo «bruciando» un semaforo rosso con la sua Mercedes in via Nomentana spezzò i sogni di Alessio e Flaminia, una coppia di fidanzati in motorino. I due investitori «incredibile est dictu» , commentò un avvocato appena la cosa si venne a sapere, rimarcando con la citazione latina la sua incredulità - furono messi nella stessa cella. Insieme, giorno e notte.
«Ricordi l’incidente?»
E così, col tempo, hanno solidarizzato. Devono essersi scambiati impressioni e consigli. Forse hanno parlato dell’ebbrezza della velocità. Fatto è che lo scorso 18 giugno Vernarelli, già libero con il solo obbligo di firma, si è affacciato nell’aula di piazzale Clodio dove si teneva il processo d’appello a Lucidi. «Volevo salutarlo», ha spiegato candidamente.
La tragedia (altrui) li ha uniti, verrebbe da dire. Mentre erano amiconi già prima del fattaccio Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, gli assistenti universitari accusati dell’omicidio di Marta Russo avvenuto nel 1997. Solo che il loro è un caso al contrario: la direzione di Regina Coeli li piazzò nella stessa cella e i due chiesero di essere divisi. «Non vorrei che con la scusa di rispettare la loro amicizia vogliano piazzare microspie sotto le brande», spiegò uno dei legali.
Un altro balzo all’indietro, e affiorano scene da Grand Guignol. Con un’accoppiata, anche questa, davvero sorprendente: Joe Codino, il liutaio di Sacrofano condannato per stupri commessi negli anni ’80 e un decennio dopo ingiustamente riarrestato, nel 1996 si trovò a dividere le giornate con il massacratore di Palestrina: Angelo Bandiera, muratore in pensione, finito nella sezione «infami» di Regina Coeli per aver fatto a pezzi con una motosega e gettato in un cassonetto Cinzia De Angelis, la sua giovanissima amante. Poi, dopo essersi lavato le mani, andò a giocare a briscola al centro anziani. Dove lo arrestarono.
Il playboy e mister Kawasaki
Niente carte ma un sodalizio nato sulla comune passione per donne e motori, invece, è quello sbocciato tre anni fa tra Stefano Ricucci e Tullio Taglianozzi. L’ex «furbetto del quartierino », caduto in disgrazia quanto si vuole ma pur sempre capace di far crepare d’invidia i galeotti conosciuti nel suoi 87 giorni a Regina Coeli, si legò di amicizia vera all’ex «maranga» della banda Kawasaki, passata alla storia cittadina per la raffica di rapine a mano armata compiute negli anni ”70.
«Ste’, te vedo dimagrito, li vuoi gli spaghetti ajo e ojo coi pomodorini?», chiedeva il Taglianozzi al compagno. «Ti ringrazio, Tu’...». E lui, l’ex immobiliarista oggi tornato alla ribalta sui giornali rosa per la riconfermata fama di playboy, quando uscì di galera lo omaggiò di un regalo speciale: il suo pigiama gessato blu, con i bottoncini bianchi, griffato Battistoni.