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 2009  ottobre 08 Giovedì calendario

VOGLIO UNABANDA SPERICOLATA

nato prima il bit, o il nostro bisogno di bit? La domanda, per bizzarra che sia, non è illogica. Nell’era digitale solo appena cominciata, dove sempre nuove facce delle realtà vengono tradotte nei numeri della matematica binaria – tutti zeri e uni – è più forte il bisogno di creare i dati, oppure quello di consumar-li, inghiottirli e ovviamente immagazzinarli per i consumi futuri? la versione moderna di un’analoga domanda, quella sull’uovo e la gallina. Venticinque anni fa, un tipico hard disk conteneva 20 megabyte e costava un milione e duecentomila lire. Oggi, immagazzina 500 gigabyte (circa 25mila volte di più) e costa meno di un quarto. Eppure, quei 20 megabyte erano utili, utilissimi. Bastavano a stoccare centinaia di file di testo, disegni, database ma, ovviamente, neanche una fotografia, un film, una canzone in Mp3, semplicemente perché fotografia, cinema e musica non avevano ancora imboccato la strada digitale. In altre parole, la nostra sete di bit, di informazioni, di sogni e realtà digitali, sembra aver puntualmente rincorso, e al tempo stesso spinto, l’esponenziale crescita tecnologica, diventata tumultuosa nell’ultimo quarto di secolo.
Un’altra conferma, sta per arrivare.
Il cavo Usb ha fatto l’uovo: la versione 3.0 sta per essere commercializzata. Entro Natale, arriveranno sugli scaffali i primi hard disk con la nuova interfaccia, che promette di moltiplicare per dieci la velocità di connessione. Poi, dall’anno prossimo, la Usb 3.0 debutterà nei computer che devono trasferire archivi di bit sempre più ipertrofici. Poi, anche nella macchine fotografiche con risoluzioni sempre più elevate, nelle telecamere ad alta definizione, nei telefoni che registrano audio e video, e così via crescendo.
Quand’ecco che – sorpresa di pochi giorni fa – la Intel annuncia di esser quasi pronta a lanciare Light Peak, un marchio registrato che, già dal nome, lascia intendere la portata della sua piccola, grande rivoluzione: fotoni al posto degli elettroni. La fibra ottica al posto del rame. Attraverso un filo di vetro largo come un capello umano, possono transitare 10 gigabit, dieci miliardi di informazioni al secondo. In altre parole, tutti i testi contenuti nella Library of Congress americana, la più grande biblioteca del mondo, si potrebbero trasferire in 17 minuti. Quando poi, come già annunciato, Light Peak correrà a cento gigabit, quei minuti diventeranno poche decine di secondi.
Alla domanda: ma il mondo ha bi-sogno di questa tecnologia?
La risposta è: certo che sì.
Prima di tutto perché i satelliti del pianeta computer – telecamere, macchine fotografiche, telefoni eccetera – chiedono sempre più bit e sempre più ne otterranno. Poi perché Light Peak ha l’aspirazione a diventare uno standard universale: siccome anche i monitor sono diventati digitali (nella fattispecie il cavo si chiama Hdmi,
high definition multimedia interface), il nuovo spinotto ottico con laser incorporato concepito da Intel si candida a collegare anche loro. E infine, perché non appena la nuova tecnologia sarà entrata nelle nostre case, i costruttori di tutti i possibili gadget digitali saranno incoraggiati ad aumentare la risoluzione dei loro prodotti. Il mondodigitale cerca di tradurre la realtà analogica.
E, ça va sans dire,
più bit ha a disposizionee meglio ci riesce.
I bit fanno crescere il bisogno di bit, il quale fa crescere la disponibilità di bit. Proprio come fanno la gallina e il suo uovo.
Ma la legge dei bit non ha eguali nel pollaio: i bisogni digitali degli esseri umani, la loro sete di informazioni tradotte in numeri – le ultime notizie sul pc, una canzone nell’iPod, il video delle vacanze sul telefono – paiono un pozzo senza fondo.
Venticinque anni fa, per trasmettere un virus informatico da un computer a un altro, ci voleva un floppy disk. Oggi, per contagiare un milione di macchine possono bastare pochi secondi. I confini della connettività – dal floppy, al wireless fino alla fibra ottica – si allargano a dismisura. Secondo le stime di Cisco,sull’internet è transitato un terabyte di dati nel 1990 e 170 milioni di terabyte l’anno scorso. Nel 2013, ne circoleranno 667 milioni. quindi verosimile che, a metà del prossimo decennio, il traffico sulla rete arriverà a uno zettabyte di dati: mille miliardi di miliardi di byte.
Se l’umanità vuole continuare in quest’abbuffata senza fine di dati e d’informazioni, c’è poco da fare: c’è bisogno della luce. E che luce sia.