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 2009  ottobre 08 Giovedì calendario

IL BIONDINO FACCIA D’ANGELO CON IL DEBOLE PER LE RISSE


E così, quando l’hanno preso, in un giardino pubblico di Barriera Milano, Luca De Simone, 18 anni compiuti a febbraio, ha fatto il duro. Si era tagliato i capelli a zero, dopo aver letto sui giornali e sentito in tv che c’era un identikit preciso dell’assassino dell’ex tranviere Ercole Ferrero, ucciso a pugni nel pomeriggio di sabato scorso. Vano tentativo di cambiare fisionomia, per il biondino dalla faccia d’angelo, riconosciuto da tutti i testimoni oculari dell’aggressione, avvenuta sul bus della linea 75, tradito dalle impronte digitali lasciate sulla vecchia bicicletta poi abbandonata e definitivamente «bruciato» da un amico, un coetaneo della sua stessa compagnia, mosso - forse - da una crisi di coscienza.
 un ragazzo dal carattere difficile. Un anno fa, in un market di elettronica, aveva tentato di rubare una play station, ferendo lievemente anche una guardia giurata che lo aveva sorpreso; denunciato alla procura dei minori, scatta subito l’intervento di una Onlus, la San Donato, che si occupa del recupero e del reinserimento di minori come lui. I titolari della pasticceria Tato di corso Francia 315, accettano di assumerlo come apprendista. Ha frequentato un anno all’istituto Beccari di via Bologna, Barriera Milano. Per compagni di scuola e insegnanti, mesi segnati da momenti ad alta tensione: «Carattere litigioso, se veniva solo ripreso impazziva di rabbia, salvo poi chiedere subito scusa, tra le lacrime». L’esperienza scolastica finisce in modo misero. Alla «Tato», lo ricordano con un certo affetto: « vero, molto irascibile. Se la prendeva con i vicini di casa, se commettevano qualcosa, a suo dire, di sbagliato. Un giorno una signora ha spostato un bidone dei rifiuti verso le vetrine, lui è schizzato fuori e l’ha affrontata a male parole. Ancora un po’ e ci scappava la rissa. Con noi ha resistito qualche mese. Arrivava sempre in ritardo, con la stessa scusa: ”Il bus s’è rotto” ma era anche capace di impegnarsi seriamente. Un bel giorno è sparito e non l’abbiamo più visto, salvo riapparire a sorpresa dopo agosto». Un incontro sconcertante: «Sembrava furibondo per qualcosa, cercava a tutti i costi di litigare. Mi affrontava, sfidandomi ”Dai picchiami, eddai, perché non lo fai?”. Mi mostrava i pugni. Poi si calmò e tutto finì lì». Premonizioni. «Quando abbiamo letto la storia dell’omicidio sul bus - dicono - ci siamo guardati: ”vuoi vedere che è stato lui?”. Incredibile, ma vero».
Ieri il procuratore capo Giancarlo Caselli, il questore Aldo Faraoni, il capo della mobile, Sergio Molino e il capo della Omicidi Alberto Somma hanno ricostruito in modo asciutto le varie fasi dell’indagine. Molino: «Decisivo il contributo dei testi. Una volta individuato il gruppo di ragazzi che frequentava, siamo risaliti a lui. Tranquillo sino a quando non gli abbiamo contestato il delitto. S’è innervosito parecchio...». Abita con la famiglia in via Mongrando 32, Vanchiglietta. Il marito di sua madre, che lavora in una mensa scolastica, lo ha seguito come fosse un figlio suo. Due sorelle, Lia, una di 20 anni, l’altra più piccola. Il papà fa l’elettricista. Casa all’ultimo piano, Luca ha una cameretta tutta per sè, con i poster di Vasco Rossi e dei Tokyo Hotel. Dopo il delitto, ha trascorso la serata con gli amici.
Con qualcuno s’è confidato: «Sul bus c’è stata una rissa, un vecchietto s’è fatto male». Molti avevano capito che l’aggressore era proprio lui. A casa, ha detto la madre alla polizia «era un po’ strano, ma a noi non ha detto nulla». L’autopsia avrebbe accertato un nesso di causa tra i pugni e l’emorragia cerebrale. Luca De Simone, accusato di omicidio preterintenzionale, è in una cella d’isolamento alle Vallette. Sorvegliato 24 ore su 24. S’è avvalso della facoltà di non rispondere.

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