Marco Zatteran, La stampa 7/10/2009, 7 ottobre 2009
DAL 2000 A OGGI 175 MILIONI DALL’UE ALLA SICILIA
I soldi c’erano, c’erano eccome, e ancora ci sono. Fra quelli stanziati e quelli impegnati nel lungo arco di tempo che va da 2000 al 2013, l’Europa ha messo sul tavolo oltre 310 milioni per interventi di prevenzione dei rischi geologici in Sicilia. Dovevano servire a consolidare le zone più fragili, a curare le città e a rimodernare le infrastrutture, in modo da evitare frane, smottamenti e ridurre le conseguenze in caso di sisma. Erano i finanziamenti con cui magari si sarebbe potuta evitare la tragedia di Messina. Se non fosse che i fatti giustificano il sospetto che i denari non siano andati tutti a finire dove ci si sarebbe potuti attendere. Non sullo Stretto, perlomeno.
Nella sua politica di sostegno alle aree in difficoltà del continente, l’Europa dimostra un vero e proprio pallino per le problematiche idrogeologiche dovute al cambiamento climatico. La Sicilia non è un’eccezione e non potrebbe esserlo. In una relazione dell’agosto 2007 gli amministratori regionali affermano che i Pai, Piani di assetto idrogeologico, interessavano il 72% del territorio dell’isola. Il quale, si faceva notare, è per il 70% a componente argillosa «prevalente o significativa». Un modo per sottolineare la consapevolezza di essere minacciati da calamità improvvise.
Una seconda conferma viene dagli stanziamenti chiesti, e in gran parte ottenuti, dall’Europa. Fra il 2000 e il 2006 il Fondo Ue di sviluppo regionale ha assegnato alla Sicilia 142,6 milioni per azioni mirate a «protezione e consolidamento versanti, centri urbani e infrastrutture». Altri 40,9 milioni sono andati alla «tutela integrata delle aree costiere». Inoltre, Bruxelles ha previsto 4,75 milioni alla voce «diffusione delle competenze per gestione e salvaguardia del territorio» e altri 88,55 al «mantenimento dell’originario uso del suolo» col Fondo agricolo di orientamento e garanzia (Feoga). Fanno oltre 175 milioni in sei anni.
L’esercizio è stato ripetuto nella ripartizione delle prospettive finanziarie per il 2007-2013. Il fondo di sviluppo regionale (Fesr) ha inscritto 120,16 milioni a fianco del titolo «prevenzione dei rischi» naturali e tecnologici e 14,38 stanziati per «altri provvedimenti intesi a preservare e a prevenire i rischi». Sono circa 134 milioni. Il totale dei tredici anni arriva pertanto a 310,7.
Sono stati spesi? «Nel complesso l’Italia ha utilizzato il 90 per cento della sua dote fra il 2000 e il 2006», spiega un portavoce della Commissione. Anche questi per il territorio dovrebbero avere una percentuale di consumo non differente. E come li hanno spesi? La prassi vuole che la Regione scelga il progetto, lo realizzi e poi il governo italiano presenti il conto, un vero e proprio audit del modo in cui il finanziamento è stato esecitato. «Non risultano irregolarità», spiega una fonte comunitaria. Però, qualche tempo fa in occasione della vista della Commissione in Sicilia, gli eurodeputati Fava (Sinistra democratica) e Catania (Rifondazione) denunciavano che le risorse erano servite «prevalentemente per coprire buchi di bilancio e fare manutenzioni ordinarie».
La morale è inevitabile. «Che ci fossero i fondi per scongiurare catastrofi come quella di Messina è vero - ha detto una fonte europea all’agenzia Apcom -, ma che fossero immediatamente disponibili è tutt’altra cosa». Bruxelles promette che terrà un occhio sugli sviluppi del caso. Potrebbe servire a salvare qualche vita. O a calmare le acque fino alla prossima sciagura, purtroppo già annunciata.