Gian Antobnio Stella, Corriere della sera 7/10/2009, 7 ottobre 2009
Se la criminalità straniera supera di poco quella italiana- La Caritas: novantotto regolari su cento rigano dritto C’è chi dirà: i soliti cattolici buonisti! Ma possono i numeri essere «buonisti »? Un dossier della Caritas risponde di no: i numeri sono numeri
Se la criminalità straniera supera di poco quella italiana- La Caritas: novantotto regolari su cento rigano dritto C’è chi dirà: i soliti cattolici buonisti! Ma possono i numeri essere «buonisti »? Un dossier della Caritas risponde di no: i numeri sono numeri. E questi numeri affermano che certo, esiste una netta e allarmante sproporzione tra gli immigrati in Italia e la percentuale dei reati che commettono. Ma è inferiore a quanto teorizza chi cavalca le paure. E soprattutto non riguarda assolutamente i regolari. Basti un dato: ogni 100 stranieri in regola 98 rigano diritto. Il punto di partenza, ovvio, non può che essere quanto scrive nel suo «Immigrazione e sicurezza in Italia» (Mulino) il professor Marzio Barbagli: «I dati di cui disponiamo non lasciano dubbi sul fatto che gli stranieri presenti nel nostro paese commettono una quantità di reati sproporzionata al loro numero. Dall’1,4% della popolazione italiana nel 1990, essi sono passati al 5% nel 2007. Ma (...) nel 2007 essi costituivano, a seconda dei reati, dal 25 al 68% dei denunciati. Altrettanto certo è che a commettere questi reati sono soprattutto coloro che non hanno il permesso di soggiorno». Per anni, ha spiegato Barbagli mesi fa al Corriere , era lui stesso riluttante ad ammetterlo: «C’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto». Partiamo da qui: i dati sono dati. Ma se c’è una sproporzione tra stranieri e reati, spiega lo studio intitolato «La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi» curato dalle équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas / Migrantes e coordinato da Franco Pittau e Stefano Trasatti, c’è anche una sproporzione nella denuncia dell’allarme. Che non va sottovalutato, ci mancherebbe. Ma neppure gonfiato in modo abnorme. Per cominciare, prendiamo la tabella Eurostat col rapporto tra denunce penali e popolazione. una tabella da prendere con le pinze, perché è possibile che la fiducia nella giustizia sia qua e là così diversa che a Oslo il furto di una bicicletta venga denunciato e a Napoli no. Ma le cifre sono comunque indicative. E dicono che l’Italia, con 4,6 denunce ogni cento abitanti, sta addirittura al di sotto della media (6 ogni cento) e nettamente meglio di paesi come il Regno Unito o la Svezia. Di più: ha proporzionalmente meno omicidi di altri 16 stati e Roma, sotto questo profilo, è tra le cinque capitali più sicure del continente. Lo stesso, stando a uno studio Istat diffuso dopo il brutale omicidio di Giovanna Reggiani, che gelò il sangue agli italiani, vale per gli stupri. Che sono troppi e intollerabili ma comunque molti meno che in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna... Veniamo al punto. Scartate le denunce contro ignoti (impossibile distinguere italiani e stranieri), il dossier Caritas spiega che negli ultimi cinque anni è vero che «le denunce riguardanti gli stranieri sono aumentate del 45,9%», però «a fronte di un aumento del 100% della popolazione regolarmente residente ». Di più: «Le denunce si riferiscono anche agli stranieri presenti regolarmente e non ancora registrati in anagrafe (diverse centinaia di migliaia) e a quelli presenti in maniera irregolare (un numero consistente ma difficile da stimare, anche se attualmente si parla di circa 1 milione di persone): ciò consente di affermare che non sussiste un collegamento diretto e automatico tra aumento della popolazione e aumento della criminalità». Del resto, ricorda la Caritas, «la tesi di una corrispondenza diretta tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi viene rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia » dove è scritto che «nel periodo 1990-2003 il numero dei permessi di soggiorno si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione e si conclude che ’in linea teorica non c’è stato un aumento diretto della criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)’». I reati commessi dagli stranieri, dice lo studio si possono dividere in quattro gruppi: per il 35% sono reati contro il patrimonio (furti e così via), per quasi il 13% contro la persona (aggressioni, stupri, lesioni...), per poco meno del 22% contro le regole economiche (commercio senza licenza, spaccio di dvd e cd pirata...) e per oltre il 30% contro l’ordine pubblico e le regole dello Stato in materia di identità personale, passaporto, residenza, permesso di soggiorno, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e così via. Cioè reati legati all’immigrazione irregolare. Tolti i quali, spiega la Caritas, i tassi di criminalità «vera», delinquenziale, si abbasserebbero nettamente. vero, riflette lo studio coordinato da Pittau, «a destare maggiore allarme nell’opinione pubblica è l’incidenza degli stranieri sui cosiddetti reati predatori (scippi, furti di autovetture, rapine in pubblica via, rapine o furti in abitazione, per i quali un terzo o più del totale degli addebiti va loro riferito), nel commercio della droga e nei reati violenti, gravi come gli omicidi e odiosi come gli stupri». Ma va anche ricordato che, ad esempio, sono stranieri solo il 6% dei banditi che assaltano le poste e addirittura il 3% di quelli che attaccano le banche. Per non dire dei reati più gravi, quali l’associazione mafia, ’ndrangheta, camorra che, come ricordava mesi fa Claudio Magris, sono la vera piaga di questo paese anche se «non scuotono veramente l’opinione pubblica» e «non destano – diversamente dagli extracomunitari – alcun furore, alcuna paura nei cittadini». La parte più interessante della ricerca, però, è alla fine. Dove si dimostra che lo straniero inserito riga diritto molto di più di quanto si immagini. Per capirci: a seconda di come si calcolano i regolari, «avrebbero a che fare con la giustizia a seguito di denunce penali contro noti, 1 ogni 133 italiani e 1 ogni 71/81 stranieri. Fin qui il coinvolgimento degli immigrati sarebbe più elevato rispetto agli italiani (quasi il doppio), comunque ben lontano da un tasso di criminalità del 6% (1 denuncia ogni 16 immigrati) da altri ipotizzato». Non basta ancora: poiché sono statisticamente più portati a violare la legge quelli che vanno dai 20 ai 44 anni, mettendo a confronto le fasce paragonabili il divario tra italiani e immigrati regolari si fa ancora più sottile. Quando a quelli sopra i 45 anni, il rapporto si rovescia: sono più rispettosi della legge gli altri di noi. Prova provata che, ferma restando la durezza necessaria con i delinquenti, occorre distinguere, distinguere, distinguere. E magari, da parte degli italiani, dare il buon esempio. Stando a una ricerca che sarà presentata a dicembre ed è stata condotta per la Fondazione Ismu da Andrea Di Nicola, un criminologo dell’Università di Trento, tra le cause principali che incidono sui livelli di delinquenza degli immigrati c’è l’irregolarità di manodopera straniera di basso livello. Per capirci: più c’è lavoro nero, più cresce il tasso di criminalità. Difficile dettare regole, dal pulpito sbagliato...