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 2009  ottobre 07 Mercoledì calendario

Madeleine Albright e la diplomazia delle spille- L’ex segretaria di Stato di Clinton le usava per avvertire, minacciare, festeggiare WASHINGTON – «An unparalle­led serpent», un serpente senza eguali l’aveva definita Saddam Hus­sein

Madeleine Albright e la diplomazia delle spille- L’ex segretaria di Stato di Clinton le usava per avvertire, minacciare, festeggiare WASHINGTON – «An unparalle­led serpent», un serpente senza eguali l’aveva definita Saddam Hus­sein. Era il 1994. E il solo pensiero di quella donna, ambasciatrice de­gli Stati Uniti all’Onu, che di conti­nuo lanciava vetriolo contro il suo rifiuto di collaborare con gli ispet­tori internazionali, mandava in be­stia il raìs. Il paragone non solo lusingò Ma­deleine Albright, ma le fece anche venire un’idea: «Avevo questa spil­la d’oro, un serpente attorcigliato a un ramo. Pensai sarebbe stato di­vertente indossarla tutte le vol­te che ci occupavamo d’Iraq». Fu un successo. E l’esordio di una tradizione, che negli anni ac­quistò sempre maggiore sofistica­zione, fino a diventare una vera e propria «diplomazia della spilla». « Read my pins», leggete le mie spille, era la battuta ricorrente, lan­ciata da Albright a giornalisti e tele­camere, che l’aspettavano fuori dal­la sala del Consiglio di Sicurezza. Quando poi nel 1997, Bill Clinton la nominò segretario di Stato, pri­ma donna nella Storia a guidare la diplomazia Usa, i gioielli appuntati sul tailleur diventarono messaggi, segnali in codice sullo stato d’ani­mo dell’Amministrazione, com­menti semi-ufficiali sulle posizioni dell’interlocutore. Le spille diplomatiche dell’ex Madame Secretary sono ora espo­ste in una mostra al «New York Museum of Arts and Design», men­tre Albright ne racconta l’epopea in un libro, Read my pins: Stories from a Diplomat’s Jewel Box , appe­na pubblicato da HarperCollins. Per segnalare a Vladimir Putin cosa pensasse del suo rifiuto di ri­conoscere gli orrori commessi dai russi in Cecenia, Albright si appun­tò le tre scimmiette, non vedo-non sento-non parlo. Durante il nego­ziato Abm sui missili balistici, la scelta cadde su un mini-razzo in oro, smalto e coralli che spinse il ministro degli Esteri Ivanov a chie­derle: «Sono i vostri intercettori?». «Li facciamo molto piccoli», fu la sua risposta. E quando scoprì che le spie russe avevano messo le «ci­mici » al Dipartimento di Stato, la spilla indossata all’incontro con l’ambasciatore del Cremlino fu un coleottero d’ametista e calcedonio. Frustrata con Yasser Arafat, che poneva ostacoli alla trattativa sul Medio Oriente, Albright andò all’ appuntamento con una «broche» a forma d’ape in oro, argento, rubini e granati: «Volevo essere pungente e dura». Quando i negoziati langui­vano, lei aveva pronto un arsenale di tartarughe, gamberi e granchi. Ma non sempre erano segnali nega­tivi. Da Nelson Mandela andò con preziose zebre appuntate sulla spal­la: «Gli piacquero, erano il simbolo dell’Africa». Il progresso in una trattativa lo festeggiava con gioielli a forma di farfalle o fiori colorati. E per com­memorare le 212 vittime degli at­tentati in Tanzania e Kenya, nel 1998, Madeleine si appuntò un an­gelo d’oro.